Secondo quanto riporta il quotidiano greco Estia, gli Stati Uniti potrebbero vendere 20 cacciabombardieri di quinta generazione F-35 alla Grecia. La possibilità sarebbe stata discussa durante il recente viaggio del segretario di Stato Mike Pompeo ad Atene e farebbe parte del programma di armamento per le forze armate elleniche che prevede anche l’acquisto di droni da Israele e la costruzione di quattro nuove fregate e due sottomarini Type 214 dalla Germania.
Quello che è particolarmente rilevante nella proposta è che sei dei 20 F-35 sono i velivoli originariamente previsti per la Turchia, che come sappiamo è stata esclusa dal programma Jsf per via dell’acquisto del sistema da difesa aerea di fabbricazione russa S-400, che è stato recentemente testato, anche col lancio di almeno un missile, nel nord del Paese, sulle coste del Mar Nero.
La Turchia, infatti, è stata partner del programma per il nuovo caccia sin dal suo esordio e ha partecipato con le proprie industrie alla costruzione del velivolo: erano coinvolte la Alp Aviation, Ayesaş, Kale Aerospace, Kale Pratt & Whitney and Tai (Turkish Aerospace Industry).
Ankara aveva un’opzione per 100 velivoli complessivi del tipo F-35A a decollo e atterraggio convenzionali, ed aveva già firmato l’accordo per la prima tranche di 30 macchine.
Il primo dei sei F-35A con la mezzaluna in campo rosso era stato consegnato all’Aeronautica turca il 30 giugno 2018 e avrebbe dovuto essere incorporato nella Türk Hava Kuvvetleri dopo un anno circa, una volta completato il ciclo di addestramento dei piloti presso la Luke Afb, dove ha sede il Pilot Training Center per la flotta di Lightning II.
Il primo volo di un F-35A con un pilota turco ai comandi era avvenuto ad agosto del 2018, ma pochi mesi dopo la situazione diplomatica è precipitata e la Turchia è stata estromessa dal programma.
Se si raggiungerà l’accordo tra Atene e Washington per la vendita degli F-35, di cui al momento sul sito della Defense Security Cooperation Agency non v’è traccia, avremo modo di vedere un cambiamento importante nel sistema di “amicizie” e in quello dei contrappeso all’interno della Nato.
Innanzitutto gli Stati Uniti dimostreranno, una volta per tutte, il proprio appoggio diplomatico alla Grecia nella diatriba sui confini marittimi che la vede contrapposta alla Turchia: oltre Atlantico si sta già pensando di abbandonare la base di Incirlik e una delle candidate favorite per ospitare i militari americani è la base di Suda, a Creta, che è diventata già porto di stanza di una unità statunitense di supporto per le operazioni anfibie.
Secondariamente la Casa Bianca allontanerà lo spettro delle ingerenze russe: Mosca, infatti, ha preso a cuore la questione schierandosi col governo greco riaffermando il diritto internazionale secondo cui ogni Stato ha solo il diritto di rivendicare le acque entro le 12 miglia dalla costa, senza dimenticare di riaffermare la posizione del Cremlino per quanto riguarda Santa Sofia, tornata a essere luogo di culto per i musulmani, sottolineando ancora una volta come la cattedrale sia di estrema importanza per il mondo cristiano ortodosso.
Da ultimo, ma non meno importante, gli Stati Uniti con la vendita di 20 caccia F-35, diventeranno il partner militare più importante della Grecia scalzando il ruolo di Parigi, che negli ultimi mesi ha stipulato stretti legami con Atene anche di carattere militare: lo scorso 12 settembre il primo ministro ellenico Kyriakos Mitsotakis ha annunciato l’acquisto di un lotto di 18 cacciabombardieri Rafale di fabbricazione francese. L’Eliseo, infatti, si sta opponendo alla politica di Ankara nel Mediterraneo Orientale e in Libia in modo diretto per ridimensionare la presenza della Turchia in Medio Oriente: la politica del presidente turco Recep Tayyip Erdogan è infatti volta a estendere l’influenza turca non solo nel mondo turcomanno (quindi verso il Caucaso e l’Asia Centrale ex Sovietica), ma anche nel Levante e in Africa. Eventualità che Parigi non può permettere in quanto andrebbe a cozzare con la sfera di influenza francese in alcuni settori, proprio come quello mediorientale o nordafricano.
Se l’affare andrà in porto sarà interessante vedere la risposta della Turchia. Ankara ha almeno due opzioni sul tavolo. La prima è quella di dare impulso al suo programma autoctono per un caccia di quinta generazione: la Tai sta sviluppando il TF-X, un velivolo che ricorda molto nelle linee proprio i ben noti caccia americani (F-35 ed F-22), per sostituire le linee di cacciabombardieri in forza all’aeronautica militare turca che ancora schiera i vetusti F-16 ed ancor più datati F-4.
Una strada non semplice, anche se le industrie aeronautiche turche hanno acquisito una certa esperienza nel campo dei caccia di quinta generazione proprio grazie al partenariato per il programma Jsf, e che ha un grosso svantaggio: il tempo. Il caccia TF-X avrà una gestazione lunga, probabilmente decennale, mentre gli F-35 potrebbero arrivare, almeno i primi velivoli, in breve tempo.
La seconda opzione che ha Ankara è quella di guardare all’estero, ed in particolare alla Russia (improbabile che si affidai alla Cina e al J-20). La Turchia aveva già espresso interesse per il caccia russo Su-57 durante l’ultimo Maks, il salone internazionale dell’aerospazio che si tiene a Mosca, ma successivamente il tutto era sfumato, probabilmente per non adirare ulteriormente gli Stati Uniti, dopo la questione S-400, ed evitare che le paventate sanzioni in forza del Caatsa, il provvedimento statunitense che colpisce quei Paesi che acquistano armamenti da una lista neri di Paesi tra cui c’è la Russia, diventassero una certezza.
Se Washington dovesse procedere con la vendita degli F-35 ad Atene, Ankara potrebbe rompere gli indugi, a fronte di questa palese presa di posizione dell’esecutivo americano contro gli interessi turchi, e affidarsi a Mosca. Certamente questo implicherebbe una seria rivalutazione del ruolo della Turchia nella Nato, con la possibilità che si arrivi alla sua estromissione dall’Alleanza, ovviamente dopo il trasferimento di uomini e mezzi statunitensi da Incirlik e dall’altra base, meno nota, di Kürecik, dove c’è il sistema radar di allarme missilistico precoce che utilizza l’AN/TPY-2 del Thaad.