Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in una recente intervista rilasciata a La Repubblica, ha reso noto che l’Alleanza Atlantica si è già attivata per fronteggiare l’epidemia di coronavirus Covid-19 in corso e che presto implementerà i suoi sforzi per aiutare gli Stati membri nella lotta al virus.

Stoltenberg ha infatti detto che “la Nato fa la sua parte con capacità di supporto e ricerca. Può essere una piattaforma per condividere le esperienze, scambiare le informazioni. Alla prossima riunione di ministri degli Esteri, in aprile, discuteremo la crisi del Covid e il ruolo della Nato. Ma la preoccupazione fondamentale dell’Alleanza è garantire la difesa anche in piena epidemia” ed ancora ha aggiunto che “per ora dobbiamo affrontare le minacce e le sfide immediate. Abbiamo adottato misure per proteggere il personale e per garantire che la Nato funzioni, pure in piena crisi. Quando la situazione si normalizzerà, si valuterà come assorbire le lezioni. Una delle più importanti è la necessità di rafforzare la resilienza civile, dalla sanità ai trasporti, alle infrastrutture”.

Ma cosa può realmente fare la Nato in caso di epidemia? Lo Shape (Supreme Headquarters Allied Powers in Europe), l’ente dell’Alleanza responsabile delle attività di comando sulle forze impiegate in operazioni in Europa e nel resto del mondo, oltre ad aver elevato misure per il contenimento del virus tra il suo personale, misure che ricalcano quelle intraprese dai diversi singoli Stati, ha a disposizione un intero comando finalizzato alla ricerca medica e alla protezione delle truppe in caso di guerra batteriologica o epidemie: il Nato Military Medicine Centre of Exellence (abbreviato in Milmed Coe).

Il comando ha diversi rami tutti basati in Ungheria, a Budapest, ma il settore di protezione sanitaria, il Force Health Protection, ha sede a Monaco di Baviera, in Germania. Operativo dal 2006 il Fhp – già conosciuto come Dhsc, Deployment Health Surveillance Capability – ha lo scopo di contribuire al miglioramento della preparazione delle forze dell’Alleanza contro le minacce causate da malattie infettive e da attacchi terroristici con agenti biologici.

Il comando per il momento si limita a monitorare attentamente l’andamento della pandemia in Europa e nel Mondo fornendo nel contempo delle valutazioni del rischio per le aree di maggior interesse (Cina, Europa) e fornendo indicazioni per i comportamenti da seguire onde evitare il diffondersi del contagio.

L’organo, che non nasce come un dispositivo di reazione rapida per il contenimento di un’epidemia, compito che in ambito militare è deputato ai battaglioni Nbcr (Nucleare, Batteriologico, Chimico e Radiologico), è comunque l’unico dispositivo della Nato in grado di coordinare gli sforzi dei Paesi membri per quanto riguarda il settore della sanità militare. Le esercitazioni Vigorous Warrior, facenti capo al Milmed Coe, vengono svolte ogni due anni con personale sanitario che simula diverse situazioni che si possono verificare “sul campo di battaglia” quindi in un ipotetico scenario di missione in area ad alto rischio.

Nello specifico, nell’edizione del 2019 tenutasi in Romania, sono stati allestiti diversi ospedali da campo con differenti livelli di capacità, dal pronto soccorso ad una struttura con sale operatorie e diversi team chirurgici, ambulanze e mezzi di trasporto,  in un contesto multinazionale, di supporto alla condotta di operazioni interforze e attraverso la standardizzazione delle procedure di Medical Evacuation (Medevac) e Strategica di Evacuazione (Stratevac), tesa ad acquisire la necessaria expertise in ambito organizzativo.

Il Milmed Coe è infatti principalmente un ente in seno alla Nato che vuole mitigare il distacco nell’interoperabilità a livello sanitario sia all’interno dell’Alleanza sia in seno all’Unione Europea, ma potrebbe essere ricalibrato nei compiti per aiutare l’Europa a far fronte all’espandersi dell’epidemia da coronavirus.

Il suo scopo principale è, e resta, sempre quello di garantire alla Nato le capacità di operare anche in una crisi medica, come quella che stiamo vivendo in queste settimane, ma a richiesta degli Stati si può pensare che vengano forniti medici, strutture e apparecchiature per il contenimento o trattamento sanitario. Lo stesso Stoltenberg ha parlato che l’Alleanza può essere una “piattaforma per condividere esperienze” e non è affatto escluso che oltre alle esperienze possa essere condiviso anche qualcosa di più concreto qualora l’epidemia si diffonda molto di più nella popolazione rispetto a quanto stiamo osservando oggi.

Intanto da Bruxelles hanno scelto di cancellare la conferenza di pianificazione per la prossima esercitazione Vigorous Warrior, che si terrà proprio in Italia l’anno prossimo, per via della pandemia in atto, evento che si sarebbe dovuto tenere a Roma tra il 24 ed il 26 marzo.