I programmi per lo sviluppo delle portaerei delle “nuove” potenze navali sono in fase di stallo: Russia, India, e Brasile rischiano di doversi appellare a potenze estere con maggiore esperienza nel campo aeronavale e prendere in considerazione la “possibilità di ricorrere a collaudati progetti stranieri”.
Ad analizzare questa ipotesi è il portale specializzato italiano Rid che – proprio mentre il nostro Paese procedeva con il varo della nostra nuova porta elicotteri con predisposizione allo sky-jump per velivoli ad ala fissa di versione Stovl (Short Take-Off and Vertical Landing) – ha rivolto la sua attenzione a programmi già ampiamente menzionati come il programma russo che mira a trovare una sostituta a propulsione nucleare per l’obsoleta portaerei Admiral Kuznetsov, e il programma indiano vorrebbe schierare entro il 2030 la portaerei da 40mila tonnellate Ins Vikrant (basata sullo scafo russo della classe Kiev) e che mirava ha realizzare nello stesso decennio due super portaerei da 65mila tonnellate della classe Vishal.
L’india, in particolare, si starebbe interessando al programma britannico, che ha portato al varo della Hms Queen Elizabeth, che prevede a stretto giro il termine della costruzione e il varo dell’unità gemella Hms Prince of Wales.
Ai tempi della crisi mondiale, cita Rid, quando sembrava arduo che la Royal Navy potesse permettersi due portaerei da tre miliardi di sterline, al numero 10 di Downing Street si pensava di vendere la seconda unità, la Prince of Wales, all’India, bramosa di poter contare sulla proiezione di potenza mediante un vettore aeronavale, o al Brasile, altra potenza in via di sviluppo facente parte dei cosiddetti “Bric“.
Nelle settimane scorse infatti sarebbero emerse alcune indiscrezioni che riguarderebbero alcuni colloqui preliminari per portare in India i segreti del programma Queen Elizabeth e permettere a Nuova Delhi di costruire una portaerei di grandi dimensioni in grado di includere tecnologia e supporto tecnico della Bay Systems e dei cantieri di Rosyth. Non è chiaro invece che tipologia di velivoli imbarcati questa portaerei della Marina Indiana dovrebbe lanciare dal suo ponte: se gli F-35, nella versione “B” o “C” – mediate l’adozione delle nuove catapulte elettromagnetica sviluppare dagli Stati Uniti per la classe Gerald Ford – o se gli F/A-19 Super Hornet che potrebbero atterrare anche sulla Vishal.
Allo stesso modo Mosca – che desidera rimpiazzare la sua vecchia portaerei a propulsione convenzionale Kuznetsov – oggi in fase di ammodernamento ma comunque obsoleta rispetto ai vettori delle altre superpotenze, guarda alla Cina come possibile partner per sviluppare una nuova portaeromobili.
Quella stessa Cina che ha incentrato la sua potenza aeronavale sullo scafo di una vecchia portaerei di produzione sovietica, varandola come Liaoning nel 2012, ma che ha dimostrato un’impressionante accellerazione nei programmi delle nuove portaerei “autoprodotte”, che hanno permesso il varo prima del tempo della Shandong, e lo sviluppo di altre quattro super portaerei Type-003. Se tutto andasse secondo i programmi, la Repubblica popolare cinese potrebbe schierare sette portaerei già nel 2035, divenendo la seconda potenza globale per numero di questo tipo di vettore, dopo gli Stati Uniti che ne possiedono 11. Spostando le gerarchie navali mondiali, come afferma giustamente Rid. Non c’è dubbio che sarebbe uno smacco per il Cremlino rivolgersi – come indiscrezioni vorrebbero – agli ingegneri di Pechino per varare una nuova portaerei. Per ora l’agenzia russa Tass ha annunciato che la progettazione di una nuova portaerei russa inizierà nel 2023, e si tratterà di un’unità a propulsione nucleare di 70mila tonnellate di dislocamento. L’obiettivo è quello di metterla in mare per il 2030, e solo la partecipazione della Cina potrebbe rendere questo progetto “realizzabile”.
L’era delle portaerei non sembra dunque essere giunta al termine, e lo sforzo e gli investimenti delle potenze nascenti, a costo di appellarsi ad alleati e terze parti sembrerebbe dimostrarlo. Che sia la Royal Navy, la prima e più potente marina che il mondo abbia conosciuto, o la People’s Liberation Navy, la nuova potenza navale in ascesa che il mondo sta imparando a conoscere, le portaerei restano un’arma strategica che ogni superpotenza che si ritiene tale deve poter schierare. E in questo Washington ha sempre fatto scuola.