L’Europa e i paesi occidentali devono fare i conti con una vera e propria “diaspora di ritorno” dei foreign fighters dello Stato Islamico. Sono più di 2000 i miliziani dell’Isis che hanno già fatto ritorno in Occidente, secondo quanto reso noto da Richard Barrett – direttore del Global Strategy Network e vice presidente del The Soufan Group – in un articolo apparso sulla rivista americana Foreign Policy. Lo studioso, inoltre, ha da poco pubblicato una ricerca molto importante intitolata “Oltre il califfato: i combattenti stranieri e la minaccia dei ritorni in patria”.
“Sulla base della mia indagine, almeno 2000 ex membri dello Stato Islamico sono tornati nei paesi occidentali. Molti rimangono nell’anonimato e ignorati. Finora, solo sette sono noti per essere tornati negli Stati Uniti – e l’attentatore di Manhattan non era uno di loro – ma circa 400 sono hanno fatto ritorno in Gran Bretagna e circa 300 jihadisti sono tornati sia in Francia che in Germania”, afferma. Il flusso, secondo l’esperto d’intelligence e terrorismo, si sarebbe “rallentato fino allo scorso anno, ma con la perdita degli ultimi possedimenti territoriali del Califfato in Siria e in Iraq, un numero crescente di sostenitori dello Stato Islamico si sta chiedendo dove andare e cosa fare”.
L’Isis non finirà, nonostante la sconfitta sul piano militare
La vittoria su Daesh in Medio Oriente non rappresenta la fine della minaccia terroristica. Come osserva Alberto Negri, infatti, “la fine dell’Isis come entità territoriale non è la fine del terrorismo come fonte di ispirazione né dell’ideologia jihadista come la guerra in Afghanistan non fu la fine di Al Qaida”. Per l’Europa, dunque, fronteggiare il “jihadismo di ritorno” sarà assai complesso, così come condannare e identificare gli ex miliziani dell’Isis: “La raccolta delle prove – osserva Richard Barrett – è difficile e richiede del tempo e, anche qualora vi sia una condanna giudiziaria, le carceri sono già affollate e ospitano al loro interno persone ai margini della società potenzialmente vulnerabili alla radicalizzazione. Permettere ai membri dello Stato Islamico di reclutare queste persone sarebbe un errore”.
Le agenzie governative europee che si occupano di antiterrorismo, secondo l’esperto, non devono tenere conto solamente dei profili immediatamente riconoscibili, ma anche di quei soggetti che in passato “hanno mostrato anche il minimo interesse a perseguire gli obiettivi apocalittici dello Stato Islamico. Più tempo queste persone hanno passato con l’Isis, soprattutto durante la sua precipitosa fine degli ultimi due anni, più facilmente sono inclini ad avvicinarsi ai vecchi compagni di armi che chiedono aiuto negli attacchi terroristici”. Insomma, occorre monitorare con moltissima attenzione anche quei soggetti reputati “a basso rischio”, senza mai abbassare la guardia.
Non solo uomini: anche donne e bambini tornano in Occidente
Altra sfida difficilissima per la sicurezza nazionale degli stati europei è rappresentata dalle donne e bambini che fanno ritorno in Occidente dai territori fino a poco tempo fa occupati dallo Stato Islamico. “Si tratta di una nuova e sconvolgente sfida per la sicurezza – sottolinea Barrett -. Il loro numero è inferiore a quello degli uomini, ma rimane comunque significativo. Alcune di queste donne hanno passato probabilmente un periodo limitato sotto il Califfato. Ma anche così, hanno assorbito alcuni orrori, e forse l’ideologia anche che li ha generati. Anche se la maggior parte delle donne non si è unita allo Stato Islamico per commettere atti di violenza, hanno comunque capito in che mondo sono entrate”.
La fine dell’Isis sotto il profilo militare segna l’inizio di una nuova fase per l’Occidente, che dovrà fronteggiare una minaccia che è già riuscita a penetrare e insinuarsi tra i propri confini.