La Crimea è uno dei grandi epicentri della guerra in Ucraina. Perché se è vero che l’invasione russa è iniziata ufficialmente il 24 febbraio 2022 con l’annuncio della “operazione militare speciale” di Vladimir Putin, è altrettanto vero che sarebbe impossibile parlare di un conflitto iniziato esclusivamente lo scorso anno. La guerra in Ucraina dell’ultimo anno si può infatti descrivere come la più drammatica espressione di un conflitto che fino a più di un anno fa era ritenuto di “bassa intensità” e che aveva avuto, come questa volta, due grandi teatri: il Donbass e la Crimea. Con quest’ultima a essere stata annessa alla Russia da un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale ma ritenuto valido da Mosca. Stesso metodo utilizzato nei territori occupati dopo febbraio 2022.
Proprio per questo motivo, e naturalmente per la sua ben nota importanza strategica, la Crimea viene considerata una sorta di ipotetico spartiacque della guerra. Il presidente russo Vladimir Putin la ritiene forse la principale linea rossa: dal momento che quel territorio è annesso da otto anni, quello è considerato ormai parte integrante della Federazione Russa e non può essere messo in discussione. Da parte ucraina, invece, il presidente Volodymyr Zelensky ha fatto più volte capire che la penisola sul Mar Nero non può considerarsi definitivamente persa, ma anzi è messa in cima alla lista delle possibili controffensive di Kiev.
La posizione dell’Occidente sulla Crimea
Sul punto, i recenti dibattiti in sede occidentale, tra i sostenitori della causa ucraina, confermano che la Crimea, nonostante lo stallo sul fronte ucraino, non è passata affatto in secondo piano. Dagli Stati Uniti, sono arrivate indiscrezioni che certificano un grosso dibattito in seno alla Casa Bianca, al Pentagono e al dipartimento di Stato sulla possibilità ma anche sulla opportunità di dare il via libera a un attacco ucraino alla Crimea. A un certo punto, Washington sembrava essersi convinta sulla possibilità che Kiev iniziasse le operazioni per riprendersi la penisola, in particolare tagliando i collegamenti con il Donbass.
Alcuni analisti hanno tirato il freno a mano, ricordando il rischio di andare a colpire un territorio che per il Cremlino è inviolabile con conseguente pericolo di una escalation dai contorni oscuri. Altri ritengono invece che l’ingresso delle truppe ucraine nella penisola di Sebastopoli sarebbe il vero “big bang” del conflitto, un momento decisivo e rivoluzionario per le sorti della cosiddetta operazione militare speciale.
Poi, negli ultimi giorni, è apparso un articolo di Politico in cui si sottolinea che fonti della Difesa degli Stati Uniti ritengono che l’esercito ucraino non sia in grado di riconquistare la Crimea, almeno in questa fase della guerra. Il punto di vista del Pentagono sarebbe arrivato durante un’audizione riservata della commissione Servizi armati della Camera dei rappresentanti Usa. Non c’è modo di conoscere le basi di queste affermazioni, tuttavia Politico ha scritto che all’incontro avrebbero preso parte Laura Cooper, vice assistente segretaria alla Difesa per Russia, Ucraina ed Eurasia, e il tenente generale Douglas Sims, direttore delle operazioni dello Stato maggiore congiunto Usa.
Il botta e risposta tra Mosca e Kiev
In attesa degli sviluppi sul campo di battaglia, le due parti in conflitto continuano intanto a parlare della penisola e del suo destino. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ed ex presidente della Federazione, Dmitry Medvedev, ha come al solito utilizzato i suoi toni più incendiari per ribadire quanto espresso già da tempo da Mosca. “La Crimea è Russia. Attaccare la Crimea significa attaccare la Russia e un’escalation del conflitto” ha scritto l’ex delfino di Putin, dicendo che in caso di attacco sono “inevitabili ritorsioni con armi di qualsiasi tipo”.
A rispondere a Medvedev è stato il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, che con un messaggio molto netto ha scritto su Twitter: “Il diritto internazionale parla chiaro. L’Ucraina può liberare i suoi territori utilizzando qualsiasi mezzo. La Crimea è Ucraina”.
Il Cremlino ha parlato attraverso il portavoce Dmitry Peskov, che parlando del proseguimento della guerra per garantire la “sicurezza del Donbass”, ha fatto riferimento a quella della Crimea come qualcosa di “garantito”. Ribadendo quindi l’idea che per Mosca quella penisola sia ormai qualcosa di irrinunciabile.
Il nodo dell’offensiva contro la penisola
La possibilità di una nuova offensiva verso la Crimea da parte delle forze ucraine è in ogni caso reale. Se infatti le forze russe hanno cercato di rafforzare le posizioni nell’area di Kherson per blindare la penisola, è altrettanto vero che la convinzione di Zelensky e degli apparati ucraini si unisce all’invio di nuove armi e mezzi dall’Occidente a supporto di Kiev. Il nuovo pacchetto di armi Usa da 2,2 miliardi di dollari prevede anche bombe GLSDB che possono viaggiare fino a 150 chilometri, quindi potenzialmente in grado di colpire almeno il nord della Crimea.

Inoltre, da tempo la penisola è oggetto di attacchi e sabotaggi che hanno confermato le capacità dell’intelligence ucraina e delle forze speciali di penetrare oltre le linee nemiche proprio nel cuore del territorio occupato dalla Russia. Per mesi, tutto il territorio ha assistito a esplosioni, incendi, raid più o meno rivendicati, con incendi e attacchi che hanno raggiunto anche Sebastopoli. Intorno al porto della Flotta russa del Mar Nero è stato anche trovato un misterioso (e tecnologicamente avanzato) drone dalla forma di un barchino che sembrava il preludio a un possibile attacco su vasta scala dalla costa ucraina. E l’intelligence britannica, a metà gennaio, ha segnalato che diverse unità della Marina di Mosca si erano spostate da Sebastopoli verso Novorossiysk probabilmente per timore di un’operazione di Kiev.
Dall’altro lato, la Russia sembra propendere per il rafforzamento della presenza militare nella penisola e soprattutto per un rafforzamento di quello che appare come uno dei principali obiettivi strategici della guerra: la realizzazione del corridoio terrestre che unisca la Crimea alle regioni del Donbass. Molti osservatori, ma anche i servizi ucraini, sostengono che Mosca voglia blindare quei territori attraverso una nuova avanzata che, pur non essendo in grande stile, possa comunque rafforzare l’idea di un Mar d’Azov completamente in mano russa. In questo senso, le testimonianze di migliaia di nuovi soldati arrivati nella provincia di Mariupol confermerebbero la volontà di Serghei Shoigu e Valerij Gerasimov di aumentare la presenza e l’area dei territori conquistati. Mentre i più recenti attacchi a Kherson sembrerebbero certificare il desiderio russo di allontanare il più possibile l’ipotesi di una controffensiva ucraina attraverso il fiume Dnipro.