Nell’attesa che si palesi la controffensiva ucraina, per il momento solo annunciata da Kiev, il fronte di guerra nei giorni scorsi ha visto alcuni eventi che hanno catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica. Sicuramente i due centrali sono stati la presa della cittadina di Bakhmut da parte dei miliziani del Gruppo Wagner e il raid delle forze ucraine in territorio della Federazione russa.
Bakhmut è situata nel Donbass settentrionale, e qui i combattimenti per la sua conquista si sono protratti sin dallo scorso autunno: l’esercito di Mosca, ma soprattutto i contractor della Pmc (Private Military Company) del magnate russo Evgenij Prigozhin, hanno impegnato l’esercito ucraino in combattimenti casa per casa che hanno dissanguato entrambe le parti. La presa di Bakhmut possiamo tranquillamente definirla una vittoria di Pirro, perchĂ© la cittadina (prima del conflitto faceva contare circa 77mila abitanti) non è un obiettivo strategico, ma a livello tattico e soprattutto dal punto di vista simbolico – per via dell’intenso consumo di uomini e mezzi da parte dei due belligeranti – è importante: da Bakhmut infatti parte una linea ferroviaria diretta verso la ben piĂą strategica Kramatorsk, importante centro cittadino (di circa 150mila abitanti) sede di uno snodo ferroviario principale e di un aeroporto, l’unico di quella regione del Donbass.
La perdita di Bakhmut è stata un duro colpo per l’immagine di Kiev, e questo ci porta direttamente al blitz delle forze ucraine in territorio russo, avvenuto a cavallo tra il 22 e il 23 maggio. Da quanto sappiamo le unitĂ coinvolte hanno compreso elementi di volontari russi allineati a Kiev, inquadrati in un reparto paramilitare denominato “Legione per la LibertĂ della Russia”, che hanno lanciato un’improvvisa offensiva negli oblast russi di Belgorod, Kursk e Bryansk, penetrando per alcuni chilometri e conquistando le cittadine di Kozinka, Gora-Podol e Glotovo. L’incursione, durata circa 48 ore e poi respinta dall’esercito russo, ha messo in grave imbarazzo lo Stato maggiore di Mosca e ha aumentato la tensione nella popolazione civile. Lo scopo di questa operazione è stato molteplice: allontanare l’attenzione mediatica dalla sconfitta ucraina di Bakhmut, testare il dispositivo difensivo russo, costringere Mosca a stornare alcune truppe dalla linea del fronte e mandare un messaggio politico al Cremlino.
Quest’azione ci permette di soffermarci su una caratteristica del fronte ucraino, ovvero l’essere ormai diventato una lunga linea di trincee che lo percorrono in tutta la sua lunghezza. A ben vedere le fortificazioni vanno anche oltre il fronte di guerra attivo, per sforare in Bielorussia, da dove è partita una direttrice di invasione nei primi giorni di guerra.

Queste installazioni difensive non sono omogenee e sono piĂą estese nella parte meridionale, tra gli oblast di Kherson, Zaporizhzhia e Donetsk, dove Mosca si attende la direttrice principale della controffensiva ucraina, in quanto l’obiettivo strategico sarebbe quello di interrompere la continuitĂ territoriale tra la Crimea e la Federazione Russa, magari puntando verso la cittĂ di Melitopol. Qui le fortificazioni sono piĂą strutturate, con almeno tre linee di ostacoli e trincee che si estendono per alcuni chilometri alle spalle della prima linea, in modo che, secondo una tattica ben rodata dai russi, le punte nemiche avanzanti vengano consumate prima di arrivare a scontrarsi con le ultime difese, presidiate dalle unitĂ migliori dell’esercito russo – mezzi corazzati compresi.
Una tattica cinica se vogliamo, ma efficace: le prime trincee sono occupate da personale meno esperto, con campi minati, denti di drago, reticolati e cavalli di Frisia, in modo da consumare i reparti di punta avversari e diminuirne il potenziale bellico prima di scontrarsi con la terza e ultima serie di fortificazioni che, nei piani del Cremlino, serve ad annientarli forti della presenze delle truppe migliori, piĂą esperte e meglio equipaggiate.
Da questo punto di vista possiamo ipotizzare che il recupero dei carri armati piĂą obsoleti (T-54, 55 e 62) dagli immensi depositi ereditati dall’Unione Sovietica, sia stato fatto per utilizzarli come “artiglieria semovente” a basso costo, magari anche “seppellendo” il carro in buche nel terreno o nascondendolo dietro terrapieni in modo che ne sporga solo la torretta, come è stato giĂ visto durante la Prima Guerra del Golfo, quando i carri iracheni hanno usato questa tattica per cercare di bloccare le truppe avanzati della Coalizione internazionale mobilitatasi per liberare il Kuwait. Allora non funzionò per via dello strapotere aereo alleato, oggi è difficile che abbia successo se gli ucraini sapranno utilizzare al meglio Himars e Glsdb.
Trincee costruite e trincee violate. L’incursione ucraina in Russia ha mostrato come le fortificazioni possano essere superate – ed è stato proprio questo a creare imbarazzo a Mosca – ma bisogna comunque considerare che qui il loro spessore è diverso rispetto al fronte meridionale.
Sullo sfondo, la decisione di inviare gli F-16 all’Ucraina, ma anche al Pentagono restano cauti in merito al loro effetto sugli eventi bellici futuri (molto futuri), col capo di Stato maggiore della Difesa generale Mark Milley che afferma che non si tratta di “armi miracolose”.
Quando avrĂ luogo la controffensiva ucraina tanto propagandata da Kiev nei mesi scorsi? Difficile dirlo: la questione principale è legata alla formazione delle nuove Brigate corazzate/meccanizzate, anche coi carri armati di fabbricazione occidentale che per ora sono soltanto Leopard 2 e Challenger 2, dato che per vedere gli statunitensi Abrams in Ucraina dovremo aspettare l’arrivo del prossimo autunno.