L’attacco al Cremlino, i droni sulla Crimea e gli annunci fatti dal presidente e dal molti alti funzionari ucraini indicano che la controffensiva potrebbe iniziare a breve. Attesa tanto dal fronte di Kiev quanto dagli apparati di Mosca, la manovra dell’esercito di Volodymyr Zelensky non viene però descritta, specialmente negli ultimi tempi, come una possibile soluzione al conflitto.

Da alcune settimane, infatti, e in particolare con l’avvicinamento della finestra temporale in cui si ritiene possa scattare l’assalto di Kiev, sono in molti tra Ucraina e alleati a frenare riguardo alla sua efficacia. Secondo molti osservatori – sottolinea il Corriere della Sera – una scelta che può essere parte di una tattica: evitare che la Russia abbia certezze, anche minime, su come colpiranno le forze ucraine sperando in una sottovalutazione del rischio. Ma secondo altri, invece, l’accortezza denota soprattutto realismo: il tributo di sangue e di mezzi dell’Ucraina è stato elevato, anche se impossibile da verificare, l’Ucraina teme il dispendio di mezzi, soprattutto per la difesa aerea, e se la controffensiva viene ammantata di eccessive aspettative, un mancato raggiungimento del successo potrebbe comportare un pericoloso contraccolpo psicologico e anche strategico.

A confermare questo problema è stato lo stesso ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, che al Washington Post ha messo in guardia su questo assalto alle linee russe. Per Reznikov, gli aiuti occidentali e il sostegno a Kiev dipendono dalla buona riuscita della controffensiva che, in caso di fallimento, potrebbe aprire la strada a una negoziato per il governo ucraino avrebbe il sapore della resa. Ma i russi, in questi mesi, oltre a tentare di sfondare nel “tritacarne” di Bakhmut, hanno soprattutto fortificato i territori occupati, con il rischio che paventare un’avanzata inarrestabile delle truppe ucraine possa essere estremamente aleatorio e, appunto, controproducente. Non sarà, questo il pensiero espresso nell’intervista, un’operazione come fu quella verso Karkhiv o verso Kherson: le condizioni tattiche e geografiche sono sensibilmente diverse, e i russi, questa volta, attendono l’attacco. Il timore di Reznikov è che quelle controffensive siano considerate, a livello di opinione pubblica, come dei precedenti replicabili.

Dello stesso avviso è stato il presidente della Repubblica Ceca, l’ex generale Petr Pavel. Al Guardian, il capo di Stato ha espresso lo stesso concetto di Reznikov: “Sarà estremamente dannoso per l’Ucraina se questa controffensiva fallirà, perché non avrà un’altra possibilità, almeno non quest’anno”. E il timore del presidente ceco è che Zelensky e i suoi comandanti non siano al momento estremamente sicuri della buona riuscita di questa operazione bellica. Pavel inoltre ha messo in guardia anche dalla possibile sottovalutazione dei russi: “Non sono così incapaci in termini di difesa. E, naturalmente, essere in difesa rende loro le cose più facili, perché l’Ucraina avrà subito terribili perdite, anche se ben preparata”.  “Attaccare un nemico come la Russia sarà difficile e i russi non saranno colti di sorpresa per la seconda volta” ha spiegato il generale. Ed è una frase che non viene certamente pronunciata da una personalità sospettata di affinità con Mosca.

I sospetti su questa controffensiva sono stati poi certificati anche da uno degli uomini più importanti nello scacchiere strategico della guerra in Ucraina, il capo dello Stato maggiore congiunto delle Forze armate degli Stati Uniti, il generale Mark Milley. Da sempre fautore di un estremo pragmatismo in relazione al conflitto, il vertice delle forze Usa in una conversazione con Foreign Affairs ha ribadito che in questo momento la buona riuscita dell’operazione ucraina è impossibile da prevedere, dal momento che essa può risultare completamente vittoriosa come fallimentare. Milley ha confermato che Mosca non ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissata, che gli ucraini sono ora ben equipaggiati e addestrati e in grado di colpire i nemici in modo molto più deciso. Tuttavia, il capo di Stato maggiore congiunto di Washington ha anche inviato un messaggio molto chiaro: “Penso che la probabilità che entrambe le parti raggiungano i propri obiettivi politici – la guerra riguarda la politica attraverso il solo uso di mezzi militari – sarà molto difficile, molto impegnativa. E francamente, non credo che ciò sia probabile quest’anno”. Un avvertimento che non significa sfiducia nei confronti di Kiev, quanto realismo sulle possibilità che la controffensiva possa annientare la resistenza russa.

Uno scenario, questo, che conferma la linea di molti vertici militari e analisti per cui il vero obiettivo di questa campagna ucraina, più che sbaragliare le truppe russe, sia quello di porsi in una posizione di vantaggio rispetto a qualsiasi ipotetica apertura di un negoziato, ottenendo risultati più facilmente raggiungibili ma sufficienti a rafforzare Kiev. In questo senso, è possibile che la riconquista della Crimea sia solo un diversivo a fronte di un risultato strategicamente altrettanto rilevante: spezzare il legame terrestre tra la penisola e il Donbass colpendo l’area di Mariupol e Melitopol.

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