Case distrutte, persone innocenti uccise a sangue freddo e salme di civili torturati e abbandonate in mezzo alla strada. È passato ormai quasi un mese da quando le prime immagini di Bucha hanno fatto il giro del mondo. Lo hanno rinominato “il massacro di Bucha”, e non è difficile immaginare il motivo. L’esercito ucraino ha subito puntato il dito contro i russi. Quel massacro sarebbe opera delle forze del Cremlino, che avrebbero prima conquistato e poi, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, abbandonato Bucha in seguito al riposizionamento delle truppe ordita dal Cremlino.

Durante la ritirata – è l’accusa di Kiev – i russi avrebbero premeditato un’uccisione di massa di decine di civili, gettando i loro corpi all’interno di fosse comuni. La Russia ha smentito questa ricostruzione accusando, a sua volta, gli ucraini. Nel frattempo la guerra è andata avanti, i riflettori si sono spostati dalla capitale Kiev ai quadranti orientali e meridionali dell’Ucraina, e l’attenzione su Bucha si è andata progressivamente affievolendosi. Eppure, un po’ a sorpresa, nelle ultime ore la Russia è tornata a parlare proprio del massacro di Bucha.



“Guerra dell’informazione e bugie”

Per quale motivo il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha ritirato fuori Bucha? Prima di provare a rispondere alla domanda, è interessante analizzare le sue parole. “La cosa più spaventosa che abbiamo visto durante questa terribile guerra dell’informazione è un’inondazione di bugie, falsi, palcoscenici così terribili che la coscienza umana non può nemmeno immaginare. Mi riferisco, ad esempio, a questa brillante e sanguinosa messa in scena a Bucha, non lontano da Kiev”, ha dichiarato Peskov, citato dalla Tass. Guerra dell’informazione, bugie e falsi: ecco il trittico evocato da Mosca per accusare i suoi rivali.

Peskov è poi andato avanti nella sua invettiva, spiegando che l’Ucraina da sola “difficilmente avrebbe potuto organizzare la messa in scena di Bucha” e che il Paese è “supportato da consulenti e società di pubbliche relazioni”. “È chiaro che gli stessi specialisti ucraini difficilmente potrebbero lavorare in modo così professionale”, ha proseguito il portavoce, “un esercito di società di pubbliche relazioni, personaggi televisivi, consulenti dell’informazione, specialisti della guerra dell’informazione ci hanno lavorato”, ha dunque concluso il portavoce del Cremlino, tornando a chiedere un’indagine indipendente per accertare quanto accaduto a Bucha.

Tempistica sospetta

La tempistica del richiamo di Bucha è quanto meno sospetta. Perché lasciar passare un mese e poi citare nuovamente quell’episodio? La sensazione è che Mosca, probabilmente in difficoltà sul piano militare rispetto agli obiettivi prefissati, voglia fare pressione sull’Ucraina – ma più in generale sul blocco occidentale – facendo leva sulla guerra dell’informazione. Dal momento che sull’episodio di Bucha è stato scritto di tutto (con le due propagante attivissime: sia quella russa che quella ucraina), il Cremlino sta cercando di danneggiare l’immagine altrui e, al tempo stesso, ripulire la propria.

Anche perché, quasi in concomitanza con le affermazioni di Peskov, sta per essere completata l’evacuazione dei combattenti ucraini dall’acciaieria Azovstal di Mariupol. Quei soldati fanno parte del famigerato Battaglione Azov e, come sappiamo, sono acerrimi nemici dei russi. Eppure, a differenza di quanto non si possa pensare, e stando alle informazioni pervenute, pare che le forze del Cremlino abbiano provveduto a trasportare i feriti presso adeguate strutture ospedaliere. Peskov ha assicurato che i combattenti ucraini che si sono arresi saranno trattati “secondo gli standard internazionali”, quasi, ancora una volta, a voler pulire l’immagine russa. La guerra d’informazione è appena entrata nel vivo.

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