I curdi dello Ypg sono pronti ad aiutare l’esercito siriano per sconfiggere i terroristi nel sud della Siria. Lo ha dichiarato il comandate delle milizie popolari curde Sipan Hemo al giornale Shark al-Avsat. Secondo il leader militare delle Ypg, il massacro compiuto dallo Stato islamico nella città di Sweida è stato “un attacco selvaggio”.
E non c’è effettivamente altra definizione. Gli attacchi multipli perpetrati dai terroristi dell’Isis nella città siriana sono stati pura barbarie. Più di 200 i morti tra civili e soldati, 35 donne rapite dall’Isis e che adesso attendono la loro liberazione. La città di etnia drusa è stata colpita con una violenza senza precedenti, dopo essersi salvata per anni dall’orrore della guerra anche per quelle linee rosse imposte da Israele su quella specifica popolazione che vive nei pressi delle Alture del Golan.
Secondo quanto riporta l’agenzia curda Anf, “Hemo ha detto che il dolore della gente drusa è lo stesso di quello del popolo Kobane e del popolo di Afrin che ora è sotto l’occupazione dello Stato turco e dei mercenari alleati”. Una scelta di frasi non casuale, che si collega all’offerta di supporto militare proposta dallo stesso vertice delle Ypg al governo di Damasco, che continua a bombardare la regione.
I curdi non sono solo pronti a unirsi all’offensiva su Idlib contro i jihadisti asserragliati al confine turco, ma anche ad aiutare l’esercito a riprendere il controllo del Sud. Ed è un’offerta singolare per una forza militare che ha sempre combattuto esclusivamente nella parte settentrionale e nordorientale della Siria e che ha avuto importanti legami con le forze della coalizione internazionale a guida Usa.
Ma le dinamiche della guerra in Siria stanno mutando. E questo incide anche nei rapporti fra curdi e governo. Ora la vittoria di Bashar al Assad appare sempre più prossima. E anche le forze occidentali, così come Israele, hanno accettato la vittoria del presidente siriano e dei suoi alleati. Questo ha modificato i piani di tutti e adesso, tutto è rimodulato in base a questa situazione.
I curdi hanno sempre mantenuto con il governo rapporti non positivi ma neanche estremamente negativi. Durante gli anni della guerra, forze fedeli a Damasco non sono mai state attaccate dai ribelli curdi. E non è mai accaduto il contrario. Gli scontri sono stati praticamente nulli.
E adesso, il nemico comune è uno: la Turchia. Dopo l’ingresso dei soldati turchi ad Afrin e il controllo di Manbij insieme ai soldati americani, Recep Tayyip Erdogan continua ad avere una forte presa su tutto il nord della Siria. Migliaia sono i curdi costretti in esilio dalle loro città, rimpiazzati da miliziani fedeli ad Ankara e dalle famiglia di ribelli provenienti dalla Ghouta orientale e dalle altre aree tornate di nuovo sotto il controllo dei governativi.
I curdi da tempo cercano un accordo con Assad. E l’aiuto per Sweida e il sud rientra in questa politica, cercare di trovare un’intesa che permetta alla Siria di riavere il Rojava sotto il proprio controllo e ai curdi di mantenere una sostanziale autonomia che non si traduca in indipendenza. Il tutto, ovviamente, a patto che i turchi si ritirino dai territori occupati e che le milizie jihadiste siano sconfitte.
Sconfitta che Assad sta ottenendo anche a sud grazie alla convergenza d’interessi fra Siria, Russia, Israele e Giordania. E ora, i curdi offrono di dare una mano che consentirebbe all’esercito di Damasco di convogliare le sue forze verso Idlib. Ma è anche un messaggio rivolto a Israele, da sempre prezioso alleato della causa curda, e che da quell’attentato di Sweida ha iniziato a colpire Daesh nell’area dello Yarmouk. L’aiuto dell’Ypg contro chi ha colpito i drusi, può essere molto importante.