In un altro articolo abbiamo raccontato delle difficoltà dei veterani americani tornati dai campi di combattimento. Esistono però manuali – come Non si abbandona mai la battaglia (Mondadori) scritto da Eric Greitens, ex Navy Seal e giudicato dalla rivista Fortune come uno dei 50 leader più importanti del mondo – che aiutano non solo i veterani in difficoltà, ma anche tutti coloro che si trovano ad affrontare i problemi di ogni giorno. Un manuale per imparare a vivere meglio, insomma. Il libro è pensato sul modello delle lettere di Seneca. Un Navy Seal scrive a Eric ed Eric gli risponde. Vengono affrontati i temi di tutti i giorni, partendo dal “fronte” del quotidiano fino al più grande e difficile dei fronti da affrontare: la morte.
Il fronte
Per un militare il fronte è chiaro: è il punto in cui si incontra un nemico. Ma per un civile? Scrive Greitens: “Il tuo fronte è nella vita di ogni giorno. Lo abbiamo tutti, un luogo dove incontriamo la paura, dove arranchiamo, soffriamo e ci misuriamo con le avversità. Tutti abbiamo una battaglia da affrontare. E spesso è nella battaglia che ci sentiamo più vivi; è sul fronte della vita che impariamo il buon senso, creiamo la gioia, stringiamo amicizie, scopriamo la felicità, troviamo l’amore e compiamo gesti sensati. Se vuoi ottenere una vittoria che conti davvero qualcosa dovrai combattere”. Lezione numero 1 di Greitens: davanti alle difficoltà della vita bisogna reagire: “Se vuoi ottenere una vittoria che conti davvero qualcosa, dovrai combattere”. Già, ma come?
La resilienza
Per crescere abbiamo bisogno di difficoltà con le quali confrontarci, come scriveva Albert Einstein: “La strada che porta alla vera grandezza umana è una soltanto: la strada della sofferenza”. Ma per confrontarci con le difficoltà abbiamo bisogno della resilienza, “l’attitudine di un corpo a riprendere, dopo la deformazione, l’aspetto originale. La resilienza come elasticità. Ovviamente un uomo o una donna non possono “rimbalzare”: “La persona resiliente non rimbalza, dopo una brutta esperienza, ma trova una maniera sana di integrarla nella sua vita”.
Come scrive Greitens: “Il primo passo per costruire la resilienza è prenderti la responsabilità di ciò che sei e della vita che vivi. Se non sei disposto a farlo, non perdere tempo e leggi oltre. L’essenza della responsabilità è accettare le conseguenze positive e negative delle azioni. Non sei l’unico responsabile di quello che ti succede. Lo sei, invece, di come reagisci a quello che ti succede. Constatare che la nostra capacità di plasmare il mondo ha un limite non ci impedisce di essere padroni di noi stessi, o perlomeno di provare a esserlo. E questo basta e avanza a tenerci impegnati per una vita intera”. La resilienza è quindi una virtù.
Le abitudini
La resilienza, come tutte le virtù, si esercita a partire dalle cose più piccole fino a quelle più grandi.”Seminiamo un pensiero e raccogliamo un’azione; seminiamo un’azione e raccogliamo un’abitudine; seminiamo un’abitudine e raccogliamo un carattere; seminiamo un carattere e raccogliamo un destino”La vita è fatta di continuo cambiamento: “Per cambiare direzione alla tua vita, azzera le abitudini”.
E creane di nuove, di migliori: “Se sei crudele tutti i giorni diventerai una persona crudele. Se sei gentile tutti i giorni diventerai una persona gentile. Essere altruisti è più facile la decima volta piuttosto che la prima. Purtroppo è anche più facile essere crudeli dopo dieci volte piuttosto che una. Quando un’abitudine si radica a tal punto da tradursi in azione senza pensarci due volte, allora hai cambiato carattere. Più consapevolezza metti nei tuoi gesti abituali, più ti eserciti in ciò che vuoi diventare. E più di eserciti, più diventi chi vuoi essere”.L’esercizioPer cambiare le proprie abitudini è necessario l’esercizio. La fatica quotidiana che nessuno vede, come diceva Muhammad Ali: “L’incontro si vince o si perde lontano dai testimoni (…) in palestra, e fuori in strada, molto prima di ballare sotto i riflettori”. L’esercizio può essere fatto su qualsiasi cosa. Ci si può esercitare a parlare, a esser buon padri e buoni mariti. Oltre che ovviamente buoni soldati.
L’esercizio porta alla crescita, alla possibilità di confrontarsi con sempre nuove sfide per risolverle. Perché, davanti a un problema, si può sbagliare una volta, ma la seconda possiamo dire: “So dove ho sbagliato, questa volta farò così”.