Qatar e Arabia Saudita hanno ricoperto un ruolo di primo piano nella guerra per procura siriana. Se le prime rivolte contro il governo di Bashar al-Assad risalenti al 2011 avevano, almeno in parte, un carattere endogeno e il malcontento di alcune fasce della popolazione era reale, la rivalità geo-strategica tra Qatar e Arabia Saudita ha acutizzato quello che poi è diventato un conflitto devastante: da una parte il Qatar, sostenitore della Fratellanza Musulmana, che ha visto nella Primavera Araba un’occasione unica per acquisire potere e influenza nella regione con l’instaurazione di governi “amici” (vedasi Morsi in Egitto). Dall’altra i sauditi, che hanno addestrato e finanziato a loro volta i gruppi estremisti contro Assad per frenare l’ascesa dei rivali di Doha e non lasciare loro campo libero. Perché la convinzione era che Assad cadesse, in pochissimi mesi.

Come spiega As`ad AbuKhalil in un articolo pubblicato su The Intercept gli Stati Uniti e le monarchie del Golfo stavano progettando un’operazione di cambio di regime in Siria, risalente almeno al 2006. La competizione tra Qatar e Arabia Saudita, spiega l’esperto, “è stata una dimensione cruciale della guerra – e la loro lotta e il loro coinvolgimento sono stati resi possibili solo con il pieno sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione europea”.

Qatar e Arabia Saudita: il monopolio dei media

Tanto per cominciare, sottolinea AbuKhalil, “la copertura mediatica e il dibattito sulla guerra siriana – in Oriente e in Occidente – sono stati ampiamente influenzati dagli interessi di propaganda di Doha e Riyad. Entrambi i regimi controllano – direttamente o indirettamente – quasi tutti i media del mondo arabo”. A riprova della bontà di questa tesi basti pensare ad Al-Jazeera, che ha sede in Qatar e ad Al-Arabya, che ha sede negli Emirati ma è di proprietà saudita. Due emittenti all news che si sono ferocemente schierate contro Assad. Due canali d’informazioni che rappresentano, come spiega Alessandro Orsini su Sicurezza Nazionale, “il punto di vista dei rispettivi regnanti” ma che vengono spesso ripresi anche in Occidente per raccontare le vicende del Medio Oriente.

Ma l’influenza di Qatar e Arabia Saudita non si è limitata ai media. “Entrambi i regimi – sottolinea The Intercept – sono stati in grado di controllare o influenzare le narrazioni di giornalisti ed esperti occidentali attraverso ingenti investimenti nella comunità elitaria di Washington, in particolare attraverso il finanziamento di Think tank e aziende di pubbliche relazioni”. Esempi? Il Brookings Institution, il Middle East Institute, e il Center for Strategic and International Studies, che notoriamente ricevono ingenti somme di denaro dai Paesi del Golfo, come spiega il New York Times.

Il 2011 e le Primavere arabe

Nel 2011, come sottolinea The Intercept, non appena le Primavere arabe sono scoppiate, l’alleanza a guida saudita ha lavorato (spesso insieme a Israele) per mantenere lo status quo. In risposta ai sauditi, il Qatar e la Turchia hanno cercato di sostenere (finanziariamente e attraverso i loro media) l’ascesa dei Fratelli Musulmani nella regione. L’elezione nel 2012 dell’esponente della Fratellanza musulmana Mohamed Morsi come presidente egiziano è stato il culmine di questo sforzo.

“Quando iniziarono le rivolte in Siria – osserva l’analista – sia l’Arabia Saudita che il Qatar prevedevano una rapida caduta del regime. Quando, per una serie di ragioni, ciò non si verificò, si sono affrettati a sponsorizzare e armare gruppi di combattenti all’interno della Siria che potevano controllare. I sauditi, in particolare, hanno visto l’opportunità di trasformare la Siria in un conflitto settario per i propri fini”. A quel punto, ribelli armati e gruppi di opposizione sono nati nel Paese siriano. Uno dei più noti era la coalizione nazionale siriana, un gruppo di opposizione in esilio, creato per proiettare un’immagine diversa dei ribelli siriani nel mondo. Non più “islamisti” ma “ribelli moderati”.

In realtà, come riporta il Telegraph, il Qatar ha deliberatamente armato e finanziato gruppi estremisti come Ahrar al-Sham mentre Riyad ha supportato i salafiti di Jaysh al-Islam (Army of Islam) che controllavano Douma , nonché il Fronte Islamico. Formazioni terroristiche autrici di numerosi crimini contro la popolazione, come accertato peraltro anche da Amnesty International.

Così hanno distrutto la Siria

Il governo siriano è ancora in piedi e i ribelli sostenuti da Qatar e Arabia Saudita sono praticamente stati sconfitti sul campo di battaglia. Ciò che è certo è che il benessere del popolo siriano non è mai stato una priorità di nessuna delle due petromonarchie del Golfo che volevano rovesciare il governo. A farne le spese una popolazione che dopo quasi 8 anni di guerra cerca pace e giustizia ma soprattutto vuole essere padrona del proprio futuro.

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