La guerra in Yemen è logorante, spesso dimenticata, nonostante una tragedia umanitaria senza precedenti per la penisola arabica. Il colera avanza e miete migliaia di vittime, e gli infettati sono già oltre le centomila unità. La fame aumenta, i profughi sono milioni, e i morti, causati dai bombardamenti internazionali. Come per la Siria, anche in Yemen si gioca una guerra per procura fra due distinte visioni del Medio Oriente, quella iraniana e quella saudita. E come in Siria, anche in Yemen il mondo occidentale vi partecipa, supportando i sauditi nella loro lotta senza tregua ai ribelli Houti. La monarchia dei Saud, per sconfiggere le milizie sciite yemenite, ha messo su un’alleanza internazionale che prende Paesi tendenzialmente di confessione sunnita e legati a doppio filo con l’economia saudita. Non tutti sono consapevoli però del fatto che tra i Paesi che contribuiscono maggiormente alla causa filosaudita in Yemen vi sono alcuni Stati africani.
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Escludendo i Paesi nordafricani, come l’Egitto e il Marocco, considerati attori già inseriti nel contesto mediorientale, gli Stati africani che contribuiscono con l’invio di uomini e mezzi alla guerra yemenita dei sauditi sono in particolare Senegal e Sudan. Migliaia di uomini di questi due Stati sono impegnate attivamente sul terreno e il Sudan, particolarmente, ha pagato con decine d morti il suo impegno nell’alleanza con Riad. Un’alleanza che vede anche altri Stati impegnati nella guerra, anche soltanto come basi logistiche per l’aviazione e la marina saudita o per i sistemi missilistici di tutta la coalizione internazionale, basti pensare a Gibuti, all’Eritrea e alla Somalia. In tutto, sono circa ottomila i soldati dell’Africa della fascia subsahariana a essere impegnati attivamente nel conflitto. Un numero non indifferente, che dimostra quanto l’Arabia Saudita stia penetrando nel continente africano negli ultimi anni.
Una penetrazione di influenze culturali, religiose, economiche e politiche che rendono Stati poverissimi, con un PIL infinitesimale rispetto a Riad, alleati e fornitori di migliaia di uomini a una guerra con cui non hanno nulla a che fare. Fa impressione osservare come il Sudan, un Paese lacerato da una guerra civile immensa e da una povertà senza via d’uscita, possa inviare migliaia di uomini in guerra mentre il Paese sopravvive grazie agli aiuti umanitari. È del tutto evidente, quindi, la forza politica e la capacità negoziale dei Saud, tanto da essere riusciti a imporsi in un mondo, come quello africano, già a suo tempo legato dalle vecchie potenze coloniali e dalla potenza della Cina, che sta assumendo un ruolo di leadership nel continente africano. I petroldollari sauditi e la sua forza culturale con l’espansione del wahabismo stanno però riuscendo nell’intento di spostare l’Africa verso l’asse di Riad e a renderlo un continente in parte legato a Riad.
In una situazione di povertà endemica e d’incapacità dell’Occidente a guidare lo sviluppo dell’Africa con programmi seri di costruzione d’infrastrutture e di aiuti in termini economici, gli Stati africani come quelli del Corno d’Africa, il Senegal, la Mauritania e il Sudan, trovano nella monarchia saudita una soluzione rapida e sicura alla loro debolezza. In cambio di uomini da inviare nella guerra in Yemen, questi Stati ricevono soldi e petrolio oltre a una serie d’investimenti infrastrutturali, stradali ed energetici. I Paesi del Corno d’Africa, in particolare Eritrea, Somalia e Gibuti, sono ormai da anni Paesi in cui le potenze del Golfo Persico stanno costruendo basi militari per il controllo del Mar Rosso e delle rotte commerciali e belliche nel Golfo di Aden.
Un’influenza, quella di Riad, che si sposta anche sul piano sociale e religioso. Come riportato dal quotidiano Le Monde, in molti hanno accusato Riad di aver messo in atto un vero e proprio ricatto nei confronti di molti Stati africani, e cioè quello di vietare l’ingresso a milioni di fedele musulmani per l’Hajj a La Mecca in caso di mancato supporto al blocco contro il Qatar. Le moschee e i centri culturali islamici finanziati da Riad in molti Paesi africani rappresentano, sotto questo profilo, uno dei mezzi con cui l’Arabia Saudita può influire nelle scelte politiche di determinati Stati, terrorizzati dall’esplosione di conflitti religiosi, assuefatti dai petroldollari e incapaci di opporsi alla leadership saudita. Un complesso intreccio d’interessi politici, economici e culturali che rende l’Arabia Saudita un vero e proprio impero e che portano migliaia di soldati del continente africano a morire nelle guerre combattute da Riad.