L’11 novembre 2022 l’esercito di Kiev è rientrato a Kherson per la prima volta dall’inizio della cosiddetta operazione militare speciale russa. Da quando, cioè, l’intero, omonimo, oblast’ meridionale ucraino era finito sotto il controllo di Mosca.
Le forze del Cremlino avevano appena proclamato la città, situata nel sud dell’Ucraina, capitale amministrativa della regione, facendo seguito all’annessione unilaterale di Zaporizhzhia, Lugansk, Donetsk e Kherson. Dopo un’occupazione andata avanti otto mesi, la Federazione russa ha invece annunciato di aver completato il ritiro da Kherson dei suoi uomini.
Il centro urbano, che prima dello scoppio della guerra contava poco meno di 300 mila abitanti, ha continuato a esser colpito da ingenti quantità di bombe e missili (80, ad esempio, nelle 24 ore intercorse tra il 2 e il 3 gennaio 2023).
La decisione russa di ritirarsi in posizioni difensive sulla riva sinistra del fiume Dnipro è stata guidata da una solida logica militare, visto che il controllo della città poteva essere mantenuto solo a fronte di un carissimo prezzo da pagare in termini di truppe e materiale bellico. Se da un punto di vista operativo, dunque, il ritiro dovrebbe aver aiutato i russi a stabilizzare le loro posizioni difensive durante l’inverno, strategicamente parlando ha avuto la stessa valenza di una sconfitta.
Ovviamente l’allontanamento del Cremlino da Kherson non è figlio del caso o della fortuna. Dall’estate, infatti, gli ucraini hanno alzato la pressione, lanciando addirittura una controffensiva alla fine di agosto. Gli uomini di Volodymyr Zelensky sapevano di non essere in grado di prendere d’assalto la città, eppure gli attacchi sferrati sui ponti, sul Dnipro, hanno limitato considerevolmente le capacità nemiche di rifornire le loro truppe con attrezzature pesanti. Allo stesso tempo, il fiume ha protetto le forze di Kiev dalla replica militare russa.
In definitiva, questa favorevole geometria del campo di battaglia ha consentito all’Ucraina di creare una zona d’azione all’interno della quale la sua artiglieria riusciva ad infliggere pesanti perdite alle unità più motivate e competenti della Russia.
La ritirata russa è un’enorme battuta d’arresto per il sogno di Mosca di impadronirsi del porto di Odessa e isolare l’Ucraina dal Mar Nero.
Dalla conquista russa alla riconquista ucraina
Kherson è stata conquistata poco dopo lo scoppio della guerra, avvenuto il 24 febbraio 2022. È stata l’unica capitale provinciale ucraina a cadere sotto il controllo di Mosca. Unità dell’esercito, con supporto aereo, sono entrate nella regione dal territorio della Crimea e, quasi senza resistenza, sono avanzate di 100 chilometri a nord e nord-ovest.
Nella notte tra il 28 febbraio e il 1 marzo, i russi hanno circondato la città, oltre ad aver occupato i villaggi circostanti e l’aeroporto di Cornobaivka. Il 3 marzo hanno fatto il loro ingresso in città incontrando poca resistenza. Il 4 marzo Kherson è passata sotto il controllo russo. Ci sarebbe rimasta, come detto, fino al novembre 2022.

Procedendo con ordine, il Cremlino ha annesso unilateralmente l’intero oblast di Kherson e altre tre regioni alla fine di settembre, dichiarando che sarebbero rimaste russe per sempre. Le cose non sono fin qui però andate secondo i piani di Putin. L’esercito ucraino, equipaggiato con artiglieria e razzi occidentali, ha infatti trascorso mesi a martellare le posizioni nemiche e demolire ponti sull’ampio fiume Dnipro, rendendo sempre più difficile per i russi rifornire i militari sulla sponda occidentale del fiume.
Il ritiro russo da Kherson è arrivato dopo un’altra fuga, molto più precipitosa, riguardante la regione di Kharkiv, avvenuta due mesi prima.
Il futuro di Kherson
La perdita di Kherson ha di fatto lasciato la Russia con pochi guadagni territoriali dall’offensiva del 24 febbraio. Per l’Ucraina la liberazione della città meridionale è una vittoria importante. Ha permesso a Kiev di concentrare le sue forze nel nord-est e ha dimostrato agli alleati occidentali che combattere astutamente può portare alla liberazione del territorio, senza la necessità di assaltare deliberatamente ogni città occupata dai russi.
Allo stesso tempo, il ritiro della Russia pone l’Ucraina di fronte ad alcune sfide. Come ha sottolineato il Guardian, la Russia ora ha un fronte più ristretto da difendere, mentre l’Ucraina non ha più l’opportunità di uccidere un gran numero di nemici dotati di una capacità limitata di contrattaccare. Anche se combattere attraverso le nuove linee di difesa russe rischia di esaurire le unità ucraine, per Zelensky è fondamentale che le truppe russe non abbiano la possibilità di riprendersi durante l’inverno.
La riconquista ucraina di Kherson è inoltre fondamentale per almeno tre ragioni. Dal punto di vista strategico, Kiev intende fare leva sulla presunta fragilità del controllo russo sulle aree occupate da Mosca. Dopo di che, l’Ucraina intende rimettere in discussione il controllo della Russia sulla Crimea e blindare la sponda occidentale del Dnper. Così da recuperare energie in vista di possibili, nuove offensive.
Nel frattempo l’esercito russo si è ritirato attraverso il citato fiume Dnper, prendendo di mira Kherson con i suoi cannoni pesanti. Per oltre due mesi, il Cremlino ha bombardato la città con l’artiglieria. L’amministrazione locale ha spiegato che più di 1.700 razzi sono stati lanciati contro Kherson negli ultimi due mesi, causando 74 morti e 207 feriti. Sono stati colpiti appartamenti, case, scuole, ospedali ed edifici governativi. Un chiaro segnale di come il pericolo non è ancora passato.