Lo scorso 16 marzo un incendio è divampato all’interno della sede dell’Fsb di Rostov. L’Fsb, è bene ricordarlo, è il servizio segreto russo. L’erede del Kgb dell’era sovietica, nonché l’ente da cui è partita di fatto nel 1998 la carriera politica del presidente Vladimir Putin. Per questo l’episodio non è passato inosservato. Non solo ad andare a fuoco è stata una sede dell’Fsb, per giunta il rogo è accaduto in una città importante a livello strategico in questa fase così delicata: Rostov è a pochi passi dal confine internazionalmente riconosciuto con l’Ucraina, la stessa Mariupol visitata da Putin sabato dista non più di 180 km.

Nell’incendio sono morte almeno quattro persone. Le autorità locali hanno parlato di fiamme sviluppatesi in un deposito di carburante. Non è stato specificato se si sia trattato o meno di attentato. Di certo, sia l’ipotesi dell’incidente che del sabotaggio appaiono entrambe piuttosto gravi. Nelle scorse ore, è arrivata una rivendicazione da parte di un sedicente gruppo anti Putin attivo all’interno della Russia. La sigla non è nuova: è quella di Chyorny Most, in russo “Ponte Nero”. In un comunicato diffuso su Telegram, il movimento si è assunto la paternità dell’attacco, parlando di possibili altre azioni contro il potere del Cremlino.

La rivendicazione di Chyorny Most

Dopo l’incendio, i principali sospetti per un possibile sabotaggio sono stati indirizzati sull’Ucraina. Mettere fuori uso una sede dell’Fsb e mostrare importanti lacune di Mosca sulla sicurezza, poteva rientrare in effetti in una strategia mediatica favorevole alla propaganda ucraina. Da Kiev però hanno negato ogni coinvolgimento.

Martedì mattina una svolta si è avuta con la diffusione di una nota a firma dei rappresentanti di Chyorny Most. Nelle frasi a risaltare in primo luogo è la rivendicazione del sabotaggio di Rostov. I membri del gruppo si definiscono “co-autori del gesto”. Dunque, non avrebbero agito da soli. Tuttavia, non sono stati indicati i nomi dei possibili fiancheggiatori.

In secondo luogo, i membri di Chyorny Most hanno rivelato parte della dinamica dell’attentato. Alcuni di loro infatti sarebbero riusciti a piazzare delle cariche esplosive all’interno di un deposito di carburante attiguo alla sede dell’Fsb. Da qui l’esplosione e il successivo incendio.

C’è poi un altro passaggio importante nella nota di rivendicazione. Il gruppo infatti ha spiegato i motivi del gesto. “Sono i dipendenti di questa struttura – si legge nel testo riportato da Radio Free Europe – che fabbricano procedimenti penali contro persone discutibili, spremono affari da imprenditori, organizzano sabotaggi contro civili, torturano oppositori ed eliminano fisicamente i concorrenti”. Dunque, si sarebbe trattato di un attacco mirato contro un ente considerato vitale per il contestato apparato di potere putiniano.

Nel messaggio, spazio anche a un incitamento per possibili nuove azioni del genere. “Facciamo appello a tutti coloro che non sono indifferenti – si legge ancora – coloro che sono pronti a resistere al regime con metodi radicali e lo stanno già facendo, passare a obiettivi più seri. Non aver paura. Lascia che l’azione commessa a Rostov-sul-Don, ti serva da esempio e ti motivi a nuove conquiste, anche più su larga scala”.

Cosa si sa del gruppo anti Putin

Non è la prima volta che si parla di Chyorny Most . Un appello attribuito a questo gruppo è apparso ad esempio dopo il lancio a settembre della mobilitazione parziale da parte di Vladimir Putin. “Il Cremlino – è il messaggio diffuso anche quella volta su Telegram – ha scelto una morte rapida attraverso l’agonia”.

Chiaro quindi come il movimento si ponga su posizioni antagoniste rispetto all’attuale potere di Mosca. E nel farlo, sono gli stessi membri del gruppo a parlare di una “resistenza violenta”. “Per ‘lotta’ – è il proclama scritto sempre sui propri canali social – non intendiamo riunioni, scioperi o altre politiche di strada pacifiche e legali a cui sei abituato e consideri forme efficaci di politica. Qui non funziona. Veniamo arrestati e torturati solo per aver detto ‘no alla guerra.’ Quindi, per “combattimento” intendiamo combattere”.

La critica verso il Cremlino non si limita unicamente ai risvolti della guerra in Ucraina. A essere presa di mira è la gestione attuale dello Stato russo. “Le élite russe – è scritto su uno dei più recenti post su Telegram – costituiscono uno spreco disgustoso, il peggior tipo di persone che puoi trovare nel Paese. Tutti i loro sforzi durante il periodo di Putin sono dedicati a organizzare i loro rifugi sicuri, comodi ritiri e atterraggi di riserva in Occidente. ‘Uomo d’affari’, ‘politico’ o ‘artista’: non c’è differenza”.

Fin qui dunque i proclami e le intenzioni di Chyorny Most. Ma sulla composizione, sull’attività e sul numero di possibili aderenti al momento si sa molto poco. La sigla è apparsa dopo lo scoppio del conflitto contro Kiev, possibile quindi che il gruppo abbia pescato simpatizzanti tra chi nei primi giorni delle azioni militari ha protestato contro la guerra. Per poi in seguito allargarsi a una platea più ampia, legata dal malcontento contro il Cremlino.

Difficile però comprendere la reale consistenza del gruppo. Se cioè si tratta di una sigla diffusa impegnata maggiormente sui social oppure se, come rivendicato dai principali rappresentanti, già in grado di colpire obiettivi sensibili della sicurezza russa.

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