Mosca ha accusato le forze di Kiev di aver sferrato un’offensiva all’indirizzo della città russa di Belgorod, situata ad una cinquantina di chilometri dal confine settentrionale ucraino. In un secondo momento è arrivata la smentita da parte di un alto funzionario della sicurezza ucraino, ma il giallo sul mandante dell’assalto rimane. Se l’Ucraina, come ha spiegato la fonte anonima, non è in alcun modo coinvolta con l’attacco, chi ha guidato l’azione?
Vladimir Putin è “stato informato” e, di certo, l’attacco aereo contro il deposito di carburante a Belgorod, in Russia, non crea “condizioni favorevoli” ai negoziati: il Cremlino, a caldo, ha confezionato il più freddo dei commenti possibili per commentare il misfatto che potrebbe vanificare gli ultimi progressi diplomatici messi sul tavolo in quel di Istanbul.
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Il bersaglio colpito era una struttura gestita da Rosneft, compagnia petrolifera di proprietà in maggioranza del governo russo, evacuata ma finita in fiamme. Si tratta della prima accusa di un raid ucraino sul suolo russo dallo scorso 24 febbraio ad oggi. Secondo quanto riferito dal governatore regionale, Vyacheslav Gladkov, l’attacco è stato sferrato da due elicotteri di Kiev, penetrati in territorio russo volando a bassa quota. Non ci sono stati morti, mentre la popolazione dell’area è stata evacuata per ovvie ragioni di sicurezza.
L’attacco di Belgorod
Alcuni video che circolano in rete mostrano due elicotteri lanciare missili sul complesso. Segue una forte esplosione, accompagnata da un incendio. Secondo quanto riportato da Ria Novosti, sono stati colpiti otto serbatoi di benzina e gasolio, mandando in fiamme duemila metri cubi. Oltre un centinaio di vigili sono stati impegnati a domare l’incendio che rischiava di allargarsi ad altri serbatoi.
Questi sono i fatti nudi e crudi. Ma da chi è partito l’ordine di colpire i depositi di Rosneft? E per quale ragione? Reuters ha scritto che il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, non è al momento in condizione di confermare o smentire le notizie sul presunto coinvolgimento dell’Ucraina nell’attacco perché non ancora in possesso delle adeguate informazioni militari. Il Ministero della Difesa ucraino e lo Stato Maggiore ucraini non hanno risposto alle richieste di commento.
Le ipotesi sul tavolo
È impossibile chiarire con certezza le ragioni di quanto avvenuto a Belgorod. Dalle poche informazioni fin qui emerse, possiamo però fare un paio di ipotesi.
La prima è che dietro all’offensiva contro i depositi Rosneft ci sia effettivamente l’esercito ucraino, autore di un attacco diretto, magari intenzionato a danneggiare energicamente Mosca. Il ministro dell’Energia Nikolai Shulginov ha affermato però che l’incidente non influirà sulle forniture di carburante della regione o sui prezzi per i consumatori, mentre il governatore della vicina regione di Kursk, Roman Starovoit, ha dichiarato che le proprie forniture di carburante sono state sufficienti per durare diverse settimane e ha invitato la popolazione a non accumulare carburante. Difficile, tuttavia, dare adito a una simile teoria visto che Kiev ha sempre fatto capire di voler raggiungere un accordo per la fine delle ostilità in terra ucraina.
Tralasciando l’auto bombardamento da parte dei russi per inscenare un eventuale ripresa delle ostilità in Ucraina (scenario a dir poco grottesco), attenzione alla pista che porta dritta a possibili falchi ucraini. Non è da escludere che l’operazione possa essere stata presa in autonomia da gruppi o fazioni di Kiev contrari a qualsiasi pace con Mosca che, ai loro occhi, assomiglierebbe ad una resa schiacciante.
La Bbc ha sottolineato che i piloti ucraini sono effettivamente dotati di molta esperienza nel volare bassi e rapidi per evitare di essere rilevati dai radar militari e dai sistemi di difesa aerea nemica. Da anni fanno esattamente questo nella regione del Donbass. Le stesse manovre che potrebbero adesso aver replicato a Belgorod.
La smentita
Un alto funzionario della sicurezza ucraino ha negato le accuse di Mosca secondo cui Kiev sarebbe responsabile dell’attacco ad un deposito petrolifero nella città russa di Belgorod. “Per qualche motivo dicono che siamo stati noi, ma secondo le nostre informazioni questo non corrisponde alla realtà”, ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza ucraino, Oleksiy Danilov alla televisione nazionale.