L’attentato allo scrittore russo Zakhar Prilepin, il terzo in poco più di otto mesi, fa ripiombare in Russia lo spettro dei nemici interni. Prilepin, uno degli intellettuali a sostegno dell’invasione dell’Ucraina, è sopravvissuto all’attentato che però non ha risparmiato la sua guardia del corpo. Immediatamente dopo l’accaduto, gli inquirenti hanno annunciato che un uomo di nome Alexander Permyakov avrebbe confessato di essere l’autore materiale dell’attentato, realizzato con un ordigno piazzato sulla strada che lo scrittore avrebbe dovuto percorrere, a circa 400 km da Mosca.
Dalla Russia l’accusa arriva diretta nei confronti di Kiev che restituisce la ricostruzione al mittente. Da oltre confine il consigliere Mykhailo Podolyak getta nuovamente ombre sul Cremlino, accusando Mosca di essere dietro l’attentato ad un altro uomo del “clan di Putin“, al fine di reprimere il dissenso fra i più accesi sostenitori dell’invasione.
Atesh, partigiani di Crimea
Un copione quasi abituale, ormai, che riporta la memoria ai recentissimi eventi che hanno visto prima la morte di Darya Dugina e poi quella di Vladen Tatarsky. Modalità simili, indagini efficienti, colpevole immediatamente trovato, lo scambio di accuse tra Kiev e Mosca. Anche questa volta, però, la consueta sceneggiatura è stata “bucata” da una rivendicazione: l’agenzia Ria Novosti ha infatti riportato notizia di un sedicente gruppo partigiano della Crimea, Atesh, che si sarebbe assunto la responsabilità dell’attentato. L’organizzazione afferma di essersi messa sulle tracce dello scrittore all’inizio di quest’anno, ovvero quando si è diffusa la notizia del suo arruolamento nella Guardia nazionale. Il gruppo, come spesso è accaduto, ha fatto dei social uno strumento potente: Atesh è presente su Telegram, infatti, con più di 36mila iscritti.
Sulla nota app di messaggistica si descrive come un “movimento militare di ucraini e tartari in Crimea”. Il canale è stato creato lo scorso 25 settembre in riferimento alla mobilitazione di migliaia di cittadini della Crimea: “I nostri fratelli non sono riusciti a sfuggire alla mobilitazione violenta”, si legge nel primo post del gruppo, che dichiara di agire al fine di proteggere l’Ucraina e gli ucraini. Sulle prima battute il movimento sembra abbia scelto il tradizionale metodo dei sabotaggi, inizialmente rivolto ai magazzini di stoccaggio di armi e rifornimenti nemici. Accanto a questo, l’incitamento all’arruolamento: nei primi post, infatti, si possono notare numerose foto provenienti da sedicenti arruolati che mostrano il proprio passaporto e dei biglietti recanti l’hashtag “atesh” in cirillico. Gli adepti prestano anche un giuramento rituale che reca le parole” Giuro sul mio sangue e sulla mia anima di essere fedele alle idee e agli ideali del movimento Ates, di combattere per lo stato ucraino, contro tutti i nemici…”. Negli stessi post sono poi ritratti alcuni semplici strumenti di propaganda come QRcode e bigliettini sparsi qui e lì per fare proseliti: le città individuate sarebbero Simferopoli e Feodosia, entrambe in Crimea.

Dai sabotaggi agli attentati
Stando ai social, il gruppo avrebbe messo a segno numerosi obiettivi. Nel novembre del 2022 avrebbero ucciso 30 soldati russi nell’ospedale di Sinferopoli; un mese più tardi il gruppo avrebbe rivendicato l’incendio appiccato all’accampamento russo in quel di Sovietske, villaggio nella municipalità di Yalta. E ancora, nel gennaio scorso, alcuni membri di Atesh avrebbero ucci due membri della Guardia nazionale russa. Dallo scorso febbraio, le operazioni di sabotaggio si sarebbero trasformate in veri e propri attentati: il 10 febbraio scorso Atesh avrebbe rivendicato l’autobomba che avrebbe ucciso due soldati russi e feritone altri due nella zona occupata di Nova Kakhovka, nell’oblast di Kherson. Un mese più tardi, nella stessa area il gruppo ha attribuito a sè l’attentato che ha provocato la morte del vicecapo della locale amministrazione militare. Lo scorso mese, mentre, l’attentato a Prilepin prendeva presumibilmente forma, il gruppo si è attribuito l’uccisione di due occupanti nel villaggio di Velyky Kopani, sempre nell’oblast di Kherson, e quello ad un posto di blocco della Guardia nazionale russa vicino Oleshky, una delle città più antiche dell’Ucraina, sempre situata nell’oblast di Kherson.
Le modalità del gruppo rimandano a quelle dei Rospartizan, meglio noti come Esercito nazionale repubblicano responsabili dell’attentato Dugin e presumibilmente di quello a Tatarsky, dettaglio che scagionò Darya Trepova la presunta attentatrice. Autobombe, sabotaggi, attacchi dinamitardi di vario genere: stessi modi e stesso tipo di comunicazione. Questi gruppi ormai, vanno a costituire una pedina ulteriore all’interno di tutte le componenti sul teatro di guerra: al di là del loro grado di autonomia o meno da eventuali patron è abbastanza chiaro il loro obiettivo: non una semplice eliminazione simbolica del partito della guerra e dei suoi ideologi, ma la rimozione del cordone sanitario giustificazionista che tiene ancora in piedi (e presumibilmente, in vita) Putin e la sua cerchia.