L’attacco a Belgorod di lunedì scorso apre nuovi scenari nel contesto del conflitto in Ucraina, ma soprattutto schiude il vaso di Pandora della galassia delle formazioni militari che operano sul confine orientale ucraino. Tanto da portare il governo degli Stati Uniti a dichiarare di stare indagando se, come sostiene il Cremlino, nell’attacco di lunedì scorso siano stati utilizzati veicoli e armamenti forniti dagli americani alle forze di Kiev. A riferirlo, il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale John Kirby, che ha ribadito la contrarietà da parte di Washington all’impiego di mezzi e armi forniti all’Ucraina per attacchi diretti contro il territorio russo: una questione, ribadisce Kirby, sulla quale si è stati molto chiari con le forze ucraine.

Le accuse di Mosca

Ad avanzare l’ipotesi di cui sopra il Ministero della Difesa russo che, nella giornata di ieri, aveva diffuso un video che mostrava alcuni mezzi militari colpiti e distrutti, tra i quali alcuni Humvee di fabbricazione americana. Secco il commento che giunge da Mosca, dove il portavoce Dimitry Peskov ha dichiarato che non sarebbe un segreto per nessuno il fatto che equipaggiamento americano giunga in abbondanza alle forze armate ucraine. Un aspetto che, da un anno a questa parte, non è affatto un segreto, considerando l’appoggio materiale che l’intero Occidente sta prestando alle forze ucraine.

Diverso, però, è un eventuale rifornimento diretto di non ben nota soldataglia appartenente al caleidoscopio dei miliziani anti-Putin con i quali la stessa Kiev ha timore di identificarsi. In tal caso, infatti, vi sarebbe da chiedersi come, quanto e quando queste forze siano state rifornite o se si tratti più semplicemente di mezzi e armi che passano di mano in mano nel garbuglio della guerra. Sta di fatto che, qualora questa ipotesi trovasse conferma, si tratterebbe di armi e mezzi made in Usa che entrano sul territorio russo nel bel mezzo di una contro-invasione, seppur di portata limitata. Al di là della volontarietà o meno, e della stessa regia dei fatti, si tratterebbe di un precedente che Mosca non intende far passare in silenzio.

Le presunte prove

Ma veniamo alle presunte prove della presenza di mezzi americani nell’area. Il video mostrato dal Ministero della Difesa russo ritrae veicoli Humvee (High Mobility Multipurpose Wheeled Vehicle) e Mrap (Mine-resistant Ambush protected) presso un posto di blocco sul confine russo, in seguito alla incursione di lunedì scorso. I primi sono automezzi da ricognizione, in dotazione alle forze Usa dalla fine degli anni Ottanta, mentre i secondi sono mezzi tattici leggeri resistenti alle mine. I veicoli, ad onore del vero, non sembrano troppo danneggiati, e giacciono lungo il bordo della strada e in un fosso. A questo si aggiunge il fatto che il Corpo dei volontari russi, responsabile per metà dell’incursione, ha pubblicato mercoledì mattina un video nel quale si mostra in possesso di Mrap, anche se non è chiaro il luogo delle immagini, tantomeno la data delle riprese.

Le immagini dei veicoli distrutti diffuse dal Ministero della Difesa russo (EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY PRESS SERVICE)

Numerosi analisti, tuttavia, sono pronti a scandagliare a fondo l’aspetto delle immagini nonché dei veicoli. Per molti si tratterebbe di mezzi non colpiti ma opportunamente distrutti e trasportati con un banale verricello: una messa in scena creata ad arte per sparigliare le carte e magari seminare zizzania nella speciale relazione tra Washington e Kiev. La guerra della disinformazione è anche questo.

Ma se, al momento, Washington prende le distanze dall’incursione nel territorio nemico, ribadendo il supporto a Kiev per ragioni meramente difensive, l’operazione dei “partigiani anti-Putin” rischia di anelare a Kiev le simpatie nonché il sostegno di numerosi Paesi occidentali. Dal canto suo, Kiev ribadisce l’estraneità rispetto all’operazione, rispedendo al mittente qualsiasi presunta paternità dell’assalto, sottolineando ancora una volta che i sabotatori erano cittadini russi. Inoltre, non si può negare che tutto questo avvenga a poche ore dall’importante incontro virtuale presso il Pentagono dei capi militari delle nazioni che stanno supportando l’Ucraina. La questione degli F-16 e i corollari relativi a forniture, addestramento e manutenzione saranno in cima all’ordine del giorno: nulla vieta di pensare che Mosca voglia creare scompiglio proprio a quel tavolo, costringendo Washington al passo indietro. Di certo non aiuta l’atteggiamento della Difesa Usa, che nell’arco di 48 ore è passata dal diniego totale, passando per lo scetticismo, all'”indagare sulla vicenda”.

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