L’incidente del Mar Nero avvenuto a largo della Crimea segna un nuovo livello dello scontro tra Regno Unito e Russia. I media e poi il governo russo hanno fornito la loro versione dei fatti: un cacciatorpediniere britannico, la Hms Defender, è passato a circa 10 miglia nautiche dalla coste di Sebastopoli, violando le acque territoriali della Crimea, quindi della Federazione Russa. A quel punto, le motovedette della guardia di confine russa hanno iniziato a tallonare la nave britannica, fino a che non sono decollati di caccia Su-24 che avrebbero “ronzato” intorno alla nave fino a lanciare almeno quattro missili vicino alla rotta del Defender. Colpi di avvertimento preliminari, aggiungono da Mosca. Diversa – in parte – la versione britannica. Londra ha prima completamente smentito le notizie trapelate dalla Russia, poi ha deciso invece di smorzare le affermazioni di Mosca parlando di una tranquilla e pacifica navigazione nelle acque internazionali vicino a un territorio appartenente all’Ucraina.

Il governo inglese ha poi categoricamente escluso che vi siano stati dei veri colpi di avvertimento, riferendo invece di una fantomatica “esercitazione” di artiglieria nel Mar Nero da parte di Mosca. “Non è corretto affermare che il cacciatorpediniere è stato preso di mira da colpi di avvertimento o che la nave si trovava in acque russe. Hms Defender si trovava sulla rotta più diretta e riconosciuta a livello internazionale tra l’Ucraina e la Georgia per delle esercitazioni di tiro vicino”, ha detto un portavoce del governo. “Come sapete, il Regno Unito non riconosce la pretesa territoriale russa sulla Crimea e continuiamo ad aderire al diritto internazionale secondo cui l’annessione della Crimea è illegale”, ha concluso.

Nel mezzo, le dichiarazioni di un giornalista della Bbc imbarcato proprio sul Defender, Jonathan Beale, che ha riferito che la nave si fosse avvicinata al limite delle 12 miglia nautiche dalla costa della Crimea e e che due imbarcazioni della guardia costiera russa hanno cercato di costringerla a cambiare rotta, fino ad avvicinarsi a una distanza di cento metri. Una volta che i russi hanno minacciato di aprire il fuoco, si sono uditi spari in lontananza ma molto lontani dalla rotta del cacciatorpediniere. A quel punto, conclude Beale, circa 20 aerei russi hanno iniziato a volare intorno al Defender prima che questo si allontanasse definitivamente dalla costa di Capo Fiolent proseguendo nella sua rotta.

Le due versioni e i due messaggi

La differenza tra le due versioni è sottile ma fondamentale. Innanzitutto perché si tratta, anche in questo caso, di un tipico episodio di “information warfare”. L’evento c’è, ma è l’interpretazione a essere del tutto o in parte diversa a seconda delle esigenze di propaganda. La Russia ovviamente ha tutto l’interesse a mostrare la propria capacità di proteggere la Crimea, specialmente in attesa delle imponenti esercitazioni Sea Breeze 21 nel Mar Nero coadiuvate dalla Sesta Flotta americana. Cinquemila uomini e navi da 32 Paesi che fanno giochi di guerra in quello specchio d’acqua vitale per Mosca non passano certo inosservati. Dall’altra parte, il governo britannico, che sembra abbia subito voluto smorzare la tensione, ha voluto fare intendere di non essere rimasto intimidito dagli avvertimenti russi, derubricando il tutto a “esercitazioni nel Mar Nero” e ribadendo che quella è una rotta libera vicino a un territorio ucraino e che quel passaggio indica che si deve proteggere la libertà di navigazione. Messaggio recapitato alla Russia perché la Cina intenda.

In ogni caso, l’episodio aiuta sia Londra che Mosca, che da questo confronto ad alta intensità nel Mar Nero ne escono con alcuni messaggi molto chiari. Il Regno Unito – sempre che la rotta sia stata quella segnalata dai radar, già denunciati nei giorni scorsi, e soprattutto sempre che non vi siano stati problemi al GPS dovuti alla bolla difensiva russa in Crimea – sapeva di poter provocare una reazione del Cremlino. Ma è stata una reazione ponderata di una potenza che non vuole una guerra per un episodio simile.

Londra ha fatto capire di avere a cuore la libertà di navigazione anche nel Mar Nero e ha soprattutto lanciato un segnale all’Ucraina nel momento in cui, proprio a bordo del Defender, sono stati conclusi importanti accordi in ambito navale. Mosca, dal canto suo, ha probabilmente esagerato nel parlare di caccia Sukhoi che hanno bombardato la rotta della nave britannica: le immagini satellitari e i video rilasciati dal ministero della Difesa russo confermano il momento di tensione, la rincorsa al Defender e il volo dei Su-24 intorno alla nave, ma di bombe lanciate in prossimità della nave non vi è traccia, se non forse qualcuna molto in lontananza che non fa credere a un momento di reale pericolo per l’imbarcazione inglese. Ad ogni modo, l’aver smentito il ministero britannico, che aveva negato all’inizio l’episodio, è un segnale di come l’informazione sia servita (eccome) per propagandare un messaggio politico nei confronti di Londra e della Nato.

La “nuova normalità”

Messaggio politico, ma anche strategico. Come riporta anche l’inviato di Repubblica Antonello Guerrera, l’episodio avvenuto davanti Capo Fiolent conferma l’esistenza di una “new normal” strategica. Essa consisterebbe in una “nuova normalità” in cui appare sempre più evidente e costante lo scontro tra Paesi che difendono la libertà di navigazione a qualunque costo e Paesi che invece tendono a “territorializzare” il mare. È dunque il mare il vero palcoscenico, insieme ad altri domini, delle nuove conflittualità tra potenze.

Il tema è particolarmente sentito tra Occidente e Oriente e riguarda non tanto il Mar Nero, quanto il Mar Cinese Meridionale. Da tempo gli Stati Uniti (tra poco si unità anche la Gran Bretagna e altre potenze europee) contestano il fatto che Pechino estenda la propria sovranità su tratti di mare del Pacifico. La Marina americana opera con regolarità nell’Indo-Pacifico in quelle che definisce “Fonop”, ovvero “freedom of navigation operation”. E questo nuovo tipo di scontro è sicuramente replicabile anche nel Mar Nero e nel Mediterraneo orientale, dove le forze Nato chiedono che si rispetti al diritto alla libertà di navigazione anche come grimaldello legale per avvicinarsi alla flotta russa e alle sue basi più importanti, ovvero Sebastopoli e Tartus. Avvicinamenti che per Mosca sono esclusivamente provocazioni, ma che rientrano in un tipico meccanismo di confronto tra Russia e blocco Nato. Le stesse forze russe spesso si avvicinano alle aree sotto il controllo della Marina e dell’Aeronautica britannica per testare le capacità di reazione di Londra. E questo accade costantemente anche nel Mar Nero su fronti opposti. Un gioco pericoloso ma che ormai da decenni caratterizza quel fronte di guerra. Diverso il caso del Mar Cinese Meridionale, dove Pechino non è ancora abituata a un confronto così serrato e in cui i canali di dialogo appaiono molto meno decodificati.