A quasi ventiquattro ore dal sabotaggio che ha portato alla distruzione parziale del ponte del Kerch, più di qualcosa non torna. Soprattutto perché, in un conflitto che assume sempre più le sfumature de La regola del sospetto, occorre chiedersi, ancor prima del come, a chi giova realmente l’immagine di quella struttura in fiamme. Ma soprattutto chi ha interesse che l’opinione pubblica internazionale pensi in un modo piuttosto che in un altro nel mare magnum della guerra d’informazione alla quale assistiamo da febbraio.

Kiev non rivendica

La prima zona grigia è rappresentata dall’atteggiamento ondivago di Kiev che, nell’arco di una giornata, è passato dai toni vittoriosi assimilabili ad una rivendicazione (mai giunta, tuttavia, né da Zelensky tantomeno da alcuna autorità militare) ad una sorta di presa di distanza come ha ben sottolineato Mauro Indelicato in questo pezzo. Tantomeno deve essere scambiata per una rivendicazione l’atteggiamento trionfante degli ucraini che vedono messo a segno un obiettivo simbolico, che affonda le sue radici nei fatti del 2014 in Crimea.

Zelensky si è limitato a dare seguito a questa notizia con un bollettino meteorologico comico. Durante il suo discorso video notturno su Telegram, il leader ucraino ha scherzato dicendo che le condizioni erano “nuvolose in Crimea”. Il presidente ucraino ha dichiarato: “Oggi è stata una giornata buona e per lo più soleggiata nel nostro paese. “Su gran parte del territorio c’erano circa 20 gradi Celsius e sole. “Purtroppo in Crimea era nuvoloso, anche se faceva ancora caldo. Ma comunque siano le nuvole, gli ucraini sanno cosa fare e sanno che il nostro futuro è soleggiato. “Questo è il futuro senza invasori, su tutto il nostro territorio, in particolare in Crimea”.

Il convoglio proveniva dalla parte russa

Passando agli elementi più tecnici, si è appreso nelle ore successive all’esplosione che il convoglio esploso veniva dalla parte russa. Era stato controllato? Chi lo guidava?

Un uomo russo di 25 anni è risultato essere il possessore del camion che secondo le autorità russe avrebbe fatto saltare in aria il ponte. Ma non era lui a guidare il mezzo: le forze dell’ordine russe hanno citato un certo Samir Yusubov, residente nella città russa di Krasnodar – a circa un’ora di auto dalla campata che rifornisce le truppe di Vladimir Putin nell’Ucraina meridionale – come proprietario registrato del camion marchiato International Prostar. In un video girato per Baza Media e pubblicato sui social, il giovane-apparentemente sbalordito-ha affermato che un parente più anziano, Makhir Yusubov, 52 anni, stava usando il veicolo. Nel video di appena 28 secondi il giovane giura di non avere nulla a che fare con il sabotaggio.

La causa dell’esplosione

La causa esatta dell’esplosione rimane al momento sconosciuta. Ma l’ipotesi principale è che e sia stata innescata da un camion bomba. Le telecamere a circuito chiuso del ponte mostrano la deflagrazione sulla carreggiata apparentemente incentrata attorno a un grande semirimorchio. Le riprese della telecamera dal ponte mostrano anche il camion che si ferma a un posto di blocco prima di poter passare sul ponte di Kerch. Se l’innesco è partito dal camion, questo vuol dire due cose: che a) l’autista era un kamikaze (quanto votato alla causa o meno, difficile saperlo) e che b) l’operazione è stata progettata in Russia. Ma da quale tipo di frange? Dagli ambienti vicini a Putin, desiderosi di avere materiale per screditare il nemico? O da russi dissidenti, pronti a minare un simbolo del Cremlino in Crimea?

Tony Spamer, un ex esperto dell’esercito britannico in demolizioni di ponti, ha messo in dubbio la teoria dell’autobomba sul Wall Street Journal. Ha spiegato che l’esplosione di uno strumento simile avrebbe fatto saltare la strada, ma non avrebbe innescato un collasso strutturale. “Devi attaccare l’intera larghezza del ponte. Guardandolo, sembra che sia stato attaccato da sotto. “, ha ribadito.

Altre teorie indicano una forma misteriosa che si muove sotto il ponte, catturata dalle telecamere a circuito chiuso pochi istanti prima dell’esplosione. Per molti potrebbe trattarsi di un drone carico di bombe. Alcuni esperti sostengono che si tratti invece di esplosivi sul ponte stradale e sul ponte del treno, avviati quasi simultaneamente usando un comando radio codificato. Questo significa che, qualora si tratti dei servizi segreti ucraini, il ponte blindato con dieci sistemi diversi di protezione, tanto blindato non era.

Lo scambio di accuse tra Kiev e Mosca

Ben presto è cominciato lo scambio di accuse tra Mosca e Kiev. I servizi di intelligence dell’Ucraina potrebbero essere i responsabili dell’esplosione avvenuta ieri mattina sul ponte di Kerch secondo il New York Times, che citerebbe un alto funzionario ucraino. La fonte avrebbe confermato i rapporti rilasciati dalle autorità russe, secondo cui l’Ucraina sarebbe responsabile dell’attacco. Il funzionario, parlando in condizione di anonimato a causa del divieto imposto dal governo di Kiev di discutere del sabotaggio, ha aggiunto che i servizi di intelligence ucraini avrebbero orchestrato l’esplosione utilizzando una bomba caricata su un camion, che è poi passato attraverso il ponte.

Kiev risponde. “L’esplosione del cosiddetto ponte di Putin, a nostro avviso, è un’operazione interna di uno dei servizi speciali russi”. Lo dichiara in un’intervista al Corriere della Sera Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky, che riconduce il sabotaggio al conflitto tra le due torri del Cremlino, il ministero della Difesa russo e l’Fsb. Ecco perché i servizi del ministero della Difesa lo avrebbero colpito, per far ricadere la colpa sui servizi segreti speciali. A sostegno di questa tesi, Podolyak afferma che “secondo informazioni di geolocalizzazione, il camion è arrivato da territorio russo. E lo stesso veicolo è russo. La sincronizzazione dell’esplosione con il passaggio del carico di carburante indica l’attenta pianificazione dell’operazione”. Tutte le operazioni di questo tipo — dall’omicidio della figlia di Dugin, passando per le esplosioni dei gasdotti Nord Stream e l’esplosione sul ponte di Kerch — hanno la stessa firma. Ed è russa”, ha tuonato.

A commentare maliziosamente l’accaduto, dal suo account Twitter, il politologo Francis Fukuyama che, non solo aveva previsto che il ponte sarebbe stato colpito a breve, ma lancia un dubbio legittimo: “Interessante quante foto e video di alta qualità ci sono del ponte appena prima, durante e dopo l’esplosione”. E ancora: “Perché la Russia dovrebbe pubblicizzare questa umiliazione così rapidamente?”.

A voler rigettare la regola dell’evidenza cartesiana, è fin troppo semplice vedere la firma ucraina sul ponte di Kerch. Si tratta di un obiettivo simbolico ma bisogna ricordare che in un momento così delicato e di riconquista del territorio, un’operazione del genere sarebbe complessa e destabilizzante. Come non bisogna smettere di chiedersi: Cosa guadagnerebbe Mosca-e chi in quel di Mosca- da questa moltitudine di immagini e dal dipingere Kiev come uno stato che attacca infrastrutture “civili”, sebbene in un territorio annesso illegalmente? Tantissimo.

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