Il “day after” l’esplosione sta consegnando, con il passare delle ore, un quadro della situazione sempre più drammatico nelle aree attorno a Nova Kakhovka in Ucraina. Il collasso della diga ha avuto effetti devastanti su più fronti. Interi villaggi risultano allagati, diversi quartieri di Kherson sono sott’acqua e la gente sta provando a salvare il possibile prima di essere evacuata. Non va meglio lungo l’altra sponda del Dnipro, quella occupata dai russi, da dove arrivano altre immagini di località sommerse. Non ci sono però stime, dati e cifre né di danni e né di vittime. O perché è ancora presto per quantificare il disastro oppure perché, in uno stato di guerra, nessuna parte in causa ha interesse a fornire un quadro preciso della situazione.

Anche perché ovviamente a essere coinvolti non sono stati solo i civili. Attrezzature militari, trincee e mine sono state travolte dalla piena. Diversi soldati sarebbero annegati. Gli ucraini presenti sul lato di Kherson hanno segnalato infatti la presenza di vittime tra le forze di Mosca. “Tutti i reggimenti che i russi avevano su quel lato sono stati travolti”, ha dichiarato alla Cnn il capitano ucraino Andrei Pidlisnyi.

Trincee sott’acqua e mine esplose

In alcuni video rilanciati poche ore dopo il disastro, sono state notate esplosioni lungo il corso del fiume. È il segno della presenza di mine trascinate dalla corrente verso gli argini distrutti del Dnepr. Interi campi minati sono stati sommersi. Circostanza ben prevedibile: il fiume, da quando gli ucraini sono tornati a ottobre a Kherson, si è trasformato in una linea di demarcazione del fronte. Le forze di Mosca sono ben consapevoli che in caso di ulteriore avanzata ucraina, la Crimea è a pochi passi. E così hanno iniziato a fortificare la sponda da loro controllata. Ma con l’inondazione non sono andate perse soltanto le mine piazzate tra i campi a ridosso della diga.

Molte trincee adesso sono sott’acqua. A dimostrarlo anche altri video girati con i droni. Diverse postazioni russe risultano oggi sommerse. Molti soldati potrebbero essere stati colti di sorpresa. Il capitano Pidlisnyi, parlando alla Cnn, ha parlato della sua ipotesi: “Alle unità russe – è il suo sospetto – potrebbe essere stata tenuta nascosta l’azione da parte di altri reparti”. L’azione in questione sarebbe quella del sabotaggio ad opera di Mosca. Pidlisnyi, come ben prevedibile, ha infatti portato avanti la versione di Kiev secondo cui l’ordine di abbattere la diga è a firma unicamente del Cremlino.

Un campo di battaglia sommerso

Difficile fare una stima anche sul fronte ucraino. Le autorità locali hanno sì avanzato stime sul numero di località coinvolte dall’alluvione: sarebbero almeno 81, per un totale di quasi 2.000 case allagate o parzialmente distrutte. Non si parla però di vittime. Ad ogni modo, sembra che i danni maggiori abbiano riguardato la sponda controllata dai russi. E questo per via della stessa conformazione del territorio coinvolto dalle inondazioni. “La sponda sinistra è più bassa rispetto alla destra – ha commentato ancora Pidlisnyi, il quale conosce molto bene l’area – quindi viene inondata più facilmente”.

Seguendo per un attimo l’ipotesi dettata dalla versione ucraina, vien da chiedersi se i russi fossero a conoscenza dei rischi derivanti da un’eventuale azione di sabotaggio. Oppure se a Mosca si è deciso di sacrificare volutamente parte del proprio materiale presente in zona. Ad ogni sacrificio deve corrispondere un vantaggio superiore. In questo caso, è possibile quindi ipotizzare che i comandi russi abbiano valutato maggiormente vantaggioso avere lungo il Dnipro un campo di battaglia sommerso.

Con le trincee invase dall’acqua, per diverso tempo non serviranno più mezzi, uomini e mine piazzate sul campo per scongiurare l’avanzata ucraina. Kiev infatti non potrà pensare di condurre operazioni in uno scenario del genere. I mezzi russi salvati dalla piena del Dnipro adesso potrebbero quindi essere spostati altrove. A Zaporizhzhia ad esempio, dove sono in corso combattimenti, oppure sul fronte di Bakhmut. Occorre però sottolineare che quella ucraina, per ovvie ragioni, è una versione di parte. Da Mosca hanno subito replicato sostenendo come, al contrario, i vantaggi dell’alluvione sono a favore di Kiev. “Hanno sabotato l’impianto – ha dichiarato il rappresentante russo all’Onu, Vasily Nebenzya – per raggruppare le proprie forze e causare un disastro umanitario”.

“Un’azione che non giova a nessuno”

Il punto cruciale della storia riguarda il fatto che sia a Kiev che a Mosca, al fianco di ipotetici vantaggi, dal crollo della diga di Nova Kakhova devono sostenere danni importanti. Entrambe le parti in causa hanno cioè qualcosa da guadagnare, ma anche molto da perdere. Gli ucraini potrebbero aver ottenuto un vantaggio dalla distruzione delle trincee russe lungo il Dnipro, ma al prezzo di un disastro umanitario e ambientale incalcolabile. I russi dal canto loro, potrebbero aver adesso a disposizione più uomini da destinare su altri fronti, ma al prezzo della perdita di altri soldati e altri mezzi e al prezzo inoltre di possibile danni all’unico canale che rifornisce d’acqua la Crimea.

Interessante in tal senso quanto riportato dal New York Times, secondo cui molti analisti militari occidentali hanno invitato alla prudenza: “In tanti – si legge – hanno ammonito sul tentativo di attribuire rapidamente la colpa e di considerare intenzionale il crollo della diga”. Michael Kofman, studioso di strategia militare russa al centro di studi Cna della Virginia, è andato anche oltre. “Alla fine questo disastro – ha dichiarato al Nyt – non giova a nessuno”.

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