Quando nel bel mezzo di una guerra si sente parlare di fosse comuni, vuol dire che una certa “soglia” è stata superata. Una soglia psicologica che diventa poi anche politica. Per questo le notizie arrivate nelle ultime ore dalle aree a nord di Kiev, dove sarebbero state ritrovate diverse fosse comuni, potrebbero incidere parecchio nel proseguo del conflitto in Ucraina. La cittadina di Bucha, situata nella periferia nord occidentale di Kiev, è già diventata sinonimo di atrocità di guerra, una sorta di “Sebrenica” ucraina.

Il sindaco ha parlato di almeno 300 morti nelle fosse comuni, mentre Serhii Kaplychny, capo dei soccorritori nell’area a nord di Kiev, ha riferito di almeno 57 cadaveri ritrovati in una zona della foresta poco lontana da Bucha. La procura generale di Kiev ha reso noto nel tardo pomeriggio un primo dato ufficiale: i morti ritrovati sarebbero 410, un dato ricavato sommando le vittime nelle fosse comuni e quelle ritrovate per strada.

Si scava nelle aree a nord di Kiev

Cifre a parte, si capisce che la situazione è molto grave. Si tratta di territori dove la bandiera ucraina è tornata a sventolare dopo circa un mese e mezzo. Da qui i russi erano entrati sia dalla Bielorussia e sia con operazioni aviotrasportate per dirigersi verso Kiev. Gostomel, cittadina che ospita il primo aeroporto catturato dai russi il 24 febbraio e distante pochi chilometri da Bucha e Irpin, ha preso nelle prime ore del confitto le sembianze di una testa di ponte per l’attacco alla capitale. Alle spalle la lunga carovana di almeno 60 km entrata dall’area di Chernobyl, subito dopo il confine bielorusso.

Sei settimane di intense battaglie hanno ridotto la zona in macerie. Poi la scelta di Mosca di ripiegare e riposizionarsi verso est. Così gli ucraini da circa 48 ore stanno lentamente avanzando per bonificare l’intero territorio e far tornare da queste parti l’autorità del proprio Stato.

É in questa operazione di riconquista del nord di Kiev che stanno quindi emergendo le notizie relative alle fosse comuni. I sindaci delle cittadine limitrofe alla capitale parlano al plurale. Ci sarebbe più di una fossa comune. Molte sarebbero per l’appunto a Bucha. Non sono stati forniti al momento numeri precisi. Sui social le immagini trasmesse sono parecchie e mostrano una situazione effettivamente drammatica. Oltre alle macerie, per strada a Bucha, così come a Gostomel, Irpin e Makariv si notano diversi corpi. Alcuni, sottolineano gli autori dei video, sono di civili. E molti dei cadaveri presenterebbero segni di tortura o avrebbero le mani legate come se fossero stati giustiziati dai soldati.

La confusione al momento regna sovrana. A cercare di mettere un po’ di ordine è stata la procura generale di Kiev, secondo cui al momento sono 410 i cadaveri dei civili ritrovati nelle aree a nord della capitale. Non è stato specificato se il dato riguarda solo Bucha o è ricavato sommando tutti i civili ritrovati nell’intera area in questione. Nelle ultime ore è un susseguirsi di diverse notizie e alcune hanno diverso tenore. Anche se tutte confermano un’unica cosa: a nord di Kiev i civili caduti sarebbero molti di più di quanto si potesse pensare alla vigilia del ritiro russo.

Focus sulle reazioni

La soglia psicologia diventa politica quando, subito dopo la diffusione delle prime notizie, arrivano le prime reazioni dalle cancellerie internazionali. Ursula Von Der Leyen, capo della commissione europea, ha parlato di situazione inaccettabile che deve far pensare a nuove misure contro la Russia. Da Berlino anche il ministro degli Esteri Annalena Baerbock ha fatto intendere che le immagini di Bucha avranno come conseguenza un inasprimento delle sanzioni contro Mosca. In Italia è soprattutto dall’area del Pd che arrivano frasi in linea con la posizione espressa da diversi leader europei. Il segretario Enrico Letta ha già proposto lo stop immediato delle importazioni di petrolio russo. Non ha parlato di azioni da intraprendere ma ha comunque condannato quanto trapelato da Bucha il presidente del consiglio Mario Draghi: “Sono immagini che lasciano attoniti”, ha dichiarato. In poche parole, agli occhi del Vecchio Continente quanto trapelato da Bucha è una nuova testimonianza a sfavore della Russia e che deve servire come monito per condannare ulteriormente Mosca.

Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, ha auspicato una rapida inchiesta e una ferma condanna per i responsabili delle violazioni dei diritti umani. Dagli Usa si è fatto sentire anche il segretario di Stato Anthony Blinken, secondo cui le immagini di Bucha “costituiscono un pugno nello stomaco”. Dalla capitale russa intanto sono iniziate ad arrivare reazioni ovviamente di altro genere. Il ministero della Difesa russo, ha fatto sapere il giornalista della Bbc Will Vernon, ha ufficialmente smentito la presenza di fosse comuni a nord di Kiev e ha bollato le notizie arrivate da Bucha come “fake news”.

Nel rapporto pubblicato dal ministero della Difesa russo, ha sottolineato ancora Will Vernon, il dito è stato puntato contro “la repentina comparsa su tutti i media stranieri delle immagini provenienti da Bucha”. Un modo per sottintendere una presunta campagna mediatica pianificata: “La Russia – si legge nel rapporto del ministero riportato dal giornalista della Bbc – ha lasciato la zona il 30 marzo, dove sono state tenute per 4 giorni queste immagini?”.

Mosca nelle scorse ore è tornata poi a ribadire la sua posizione. Il governo ha ufficialmente chiesto, tramite il proprio ambasciatore all’Onu, una convocazione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite proprio per discutere sui fatti di Bucha: “Qui è in atto – si legge in una fonte del governo russo citata da Ria Novosti – una provocazione ucraina”.

 

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