Stati Uniti, Russia, Cina. La corsa agli armamenti prosegue più spedita che mai, a maggior ragione adesso che le tensioni internazionali sono aumentate in seguito alla pandemia di Covid-19. Gli strascichi di quella che gli esperti hanno definito “Seconda guerra Fredda”, hanno spinto diversi attori internazionali a prendere adeguate contromisure per evitare di restare fermi al palo.
Già, perché i campi di battaglia in cui si gioca la sfida del secolo sono vari e molteplici: si va dal lato economico, in cui è importante far apparire il proprio Paese più forte degli altri (nonostante l’impatto del virus), all’aspetto tecnologico (emblematico, da questo punto di vista, il lancio dello SpaceX americano). In mezzo ai due estremi troviamo, ovviamente, il settore militare. Avere armi più sviluppate dei rivali consente di dormire sogni più tranquilli; allo stesso tempo serve a lanciare un chiaro messaggio al mondo intero.
I primi segnali che lasciavano presagire imminenti cambiamenti in ambito militare risalgono più o meno a un anno fa, precisamente alla fine del Trattato Inf sui missili balistici a raggio intermedio. La mossa di Trump, cioè uscire dal Trattato sul disarmo nucleare, ha di fatto ha sdoganato una nuova corsa agli armamenti da parte del trio Usa-Cina-Russia.
Lo scramjet cinese
La Cina è pronta ad approfittare dell’avventata mossa americana. Negli ultimi mesi il Dragone ha sfornato armi e tecnologie capaci, almeno sulla carta, di insediare Washington da molto vicino. Lo scorso ottobre, nella corso della cerimonia organizzata per celebrare la Giornata Nazionale, a Pechino, hanno sfilato gli ultimi gioielli di famiglia, tra cui il Dr-8, un drone strategico da ricognizione, lo Sharp Sword, un altro drone ma d’attacco, capace di trasportare missili e bombe di vario tipo, il bombardiere strategico H-6N e due missili degni di nota. Il primo è il Df-17, un modello che può cambiare obiettivi in volo; il secondo il Df-41, un missile balistico intercontinentale che può trasportare fino a un massimo di 10 testate nucleari e colpire obiettivi situati sulla terraferma americana.
A proposito di nuove tecnologie, il quotidiano cinese Global Times ha annunciato un’”eccezionale scoperta” scientifica che consentirà al Paese di sviluppare un programma scramjet capace di gestire il volo dei missili ipersonici senza l’uso di alcun vettore. Il merito? Tutto del team guidato da Fan Xuejun presso l’Istituto di Meccanica dell’Accademia cinese delle scienze.
I missili ipersonici
Uno scramjet è un motore a reazione fondamentale per consentire ai missili da crociera ipersonici di raggiungere la velocità ipersonica. Sviluppare uno strumento del genere è tuttavia molto complesso e impegnativo, tanto per i materiali (pochi resistono al calore) quanto per il raffreddamento dello stesso motore. A quanto pare il signor Fan sarebbe riuscito a superare entrambi gli ostacoli.
Per capire l’importanza del progetto, bisogna per forza sottolineare l’importanza delle armi ipersoniche, note non solo per essere velocissime, ma anche per le loro traiettorie imprevedibili che ridicolizzano la maggior parte dei sistemi di difesa aerea usati contro di loro. In poche parole, lo scramjet serve per conferire al missile una portata più lunga e una traiettoria ancora più imprevedibile. Dulcis in fundo, secondo quanto riferito dal portale Eastday.com, il Df-17, uno dei due missili mostrati durante la parata di ottobre, grazie al supporto dello scramjet potrebbe estendere la propria portata di almeno cinque volte. Un’eventualità del genere non potrà certo far piacere agli Stati Uniti.