La recente visita del Ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif al G7 dietro invito francese ha riacceso una fievole speranza di pace per Teheran.
Non è ancora chiaro se la mossa di Emmanuel Macron sia stata presa unilateralmente oppure se rappresenti il risultato di una comune riflessione occidentale per tentare un’ultima via diplomatica con la Repubblica Islamica d’Iran. In ogni caso la strada del dialogo sembra tutt’altro che semplice, in particolare dopo gli ultimi mesi di alta tensione tra Washington e Teheran.
Gli Stati Uniti al bivio tra guerra e diplomazia
La scelta americana di ritirarsi unilateralmente dall’accordo sul nucleare raggiunto sotto la presidenza Obama si è aggiunta al programma di sanzioni secondarie volto a mettere in ginocchio l’economia iraniana. I primi effetti di questa strada sono già visibili e, come testimoniato dal Sole24Ore, il Pil iraniano è sceso di ben nove punti percentuali nell’ultimo mese.
Non sembra tuttavia ancora chiaro l’obiettivo finale dell’amministrazione americana che, a dispetto dell’immagine mediatica, finora ha assunto una condotta internazionale volta al disimpegno militare. Il destino dell’Iran dipenderà forse quindi dal rapporto di forza tra un deep state americano ben disposto verso la soluzione militare contro Teheran e una presidenza che non vede di buon occhio un dispendioso impegno oltrefrontiera.
Propaganda americana rispolverata per l’occasione
Certo è che da un punto di vista propagandistico il cosiddetto deep state sembra lavorare a tempo pieno, martellando l’opinione pubblica sul pericolo che il regime degli ayatollah rappresenterebbe per il mondo occidentale. Il fatto però sorprendente è che i messaggi utilizzati per delegittimare l’Iran sono perfettamente sovrapponibili con quelli utilizzato contro l’Iraq di Sadd Hussein prima dell’intervento americano del 2003. Secondo il giornale investigativo The Intercept la propaganda anti Iran degli Stati Uniti si baserebbe in particolare su cinque assunti, in realtà facilmente smentibili. Cinque accuse che dovrebbero essere ben note all’opinione pubblica occidentale, visto che sono state già usate contro l’Iraq baathista.
Partiamo dalla prima: secondo l’amministrazione americana “l’Iran sta costruendo armi nucleari”. Come riporta The Intercept è stato lo stesso George W. Bush nel 2007 ad affermare con certezza che l’Iran avesse arrestato il suo programma militare nucleare, tesi confermata anche lo scorso gennaio dal Direttore dell’Intelligence americana. Sovrapponendo l’attuale scenario con quanto successo in precedenza, non dovrebbe essere difficile ricordarsi come tra il 2002 e il 2003 l’amministrazione Bush avesse più volte affermato con certezza la presenza di armi di distruzione di massa in Iraq, mentre nel 2016 un rapporto britannico faceva luce sulla completa inesistenza di prove che dimostrassero l’esistenza di un simile arsenale.
Le accuse contro l’Iran e quelle contro Saddam
Come seconda accusa contro l’Iran, gli Stati Uniti sostengono che abbia violato più volte l’accordo sul nucleare sottoscritto nel 2015. Anche in questo caso, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), massima autorità internazionale nell’ambito, ha smentito l’amministrazione americana. Più di dodici rapporti pubblicati dall’AIEA confermerebbero invece che Teheran ha sempre rispettato tutti i termini dell’accordo. È sorprendente in questo caso ricordare come tra il 2002 e il 2003 Saddam Hussein avesse accettato l’arrivo degli ispettori internazionali dell’Onu per la verifica della presenza di armi di distruzione di massa. Ispezioni che, inutile dirlo, non hanno prodotto alcun risultato concreto.
Come terza e quarta accusa, gli Stati Uniti affermano che l’Iran è il principale sponsor del terrorismo internazionale, nonché Paese ospite dei campi di addestramento di Al Qaeda. Tra i principali gruppi terroristici del mondo, ovvero Isis, Boko Haram, Al Qaeda e Al Shabab, non si può ravvisare alcuna connessione con la Repubblica Islamica d’Iran. Al Qaeda in particolare è addirittura considerata un grande antagonista del regime degli ayatollah, come confermato da un rapporto del Centro di Lotta al terrorismo del 2012.
La guerra contro l’Iran sarebbe terribile
Anche per quest’accusa possiamo trovare l’esatto parallelo nella seconda guerra del Golfo, quando Saddam Hussein venne accusato di ospitare campi di addestramento di Al Qaeda nel proprio territorio. Le accuse rimasero, ma le prove non furono mai trovate. Infine l’ultima sentenza americana riguarda l’eventuale conflitto con l’Iran: secondo il senatore Tom Cotton la guerra sarebbe brevissima e facile.
Una versione che si scontra con quanto affermato da Larry Wilkerson, ex capo dello staff di Colin Powell, secondo cui il conflitto con l’Iran sarebbe invece “terribile”, costerebbe più di 2 trilioni di dollari e richiederebbe l’utilizzo di mezzo milione di truppe. Difficile dimenticare come l’amministrazione Bush avesse promesso una guerra lampo, rapida e indolore anche in Iraq. L’attuale presenza di militari americani nel territorio iracheno a distanza di sedici anni dall’inizio di quella guerra testimonia ancora la consistenza dell’errore americano.