Dalla continua escalation verbale, condita da minacce e insulti, al tentativo di abbassare i toni. Joe Biden dà la sensazione di voler ricalibrare la strategia degli Stati Uniti contro la Russia. Se, fino a qualche mese fa, il presidente statunitense lanciava invettive contro il suo omologo russo Vladimir Putin, ora definendolo “macellaio”, ora dittatore dai giorni contati, adesso l’inquilino della Casa Bianca si è probabilmente reso conto che continuare su questa strada potrebbe essere controproducente.

E non solo a causa dei futuri imbarazzi che emergeranno in sede negoziale, quando Washington si troverà, comunque vada a finire la guerra in Ucraina, a trattare con un leader denigrato e insultato a più riprese. Ma soprattutto per via dell’esito del citato conflitto, ormai destinato, nella migliore delle ipotesi, a continuare ancora a lungo.

I toni trionfalistici sbandierati negli ultimi mesi non sono più coerenti con la realtà, ed è per questo che Biden starebbe iniziando a perdere le staffe con i suoi più stretti collaboratori. Che, come se niente fosse, continuano a parlare di vittorie, se non improbabili, molto difficili da ottenere sul campo di battaglia (almeno alle attuali condizioni).



Il richiamo di Biden

Biden, in particolare, si sarebbe adirato con il segretario di stato Antony Blinken e pure con il segretario alla Difesa Lloyd Austin. A svelare la vicenda è stata l’emittente Nbc, secondo cui già lo scorso aprile il presidente Usa avrebbe detto al capo del Pentagono e a Blinken di moderare la loro retorica nel sostenere l’Ucraina nella sua guerra contro la Russia, nel timore che aumentasse il rischio di un conflitto diretto con Mosca.

Il richiamo sarebbe arrivato dopo che i due ministri avevano evocato come obiettivi la vittoria dell’Ucraina e un indebolimento della Russia fino al punto da impedirle nuovi attacchi del genere. “Biden non fu contento quando Blinken e Austin parlarono di vittoria dell’Ucraina, non fu contento di questa retorica”, ha raccontato una delle fonti.

Alla paura è seguito il realismo. Anche Biden si sarebbe reso conto che la situazione sul quadrante orientale dell’Ucraina è più complicata del previsto, nonché diversa dalle aspettative. La Russia si sarà pur allontana da Kiev ma ha ormai messo le sue radici nel Donbass e, ogni giorno che passa, continua a conquistare porzioni di territorio (in attesa di capire che cosa avrà intenzione di fare Putin: fermarsi o continuare in direzione Odessa?).

Realismo al comando

Il Pentagono sarebbe in realtà preoccupato per la piega che ha preso il conflitto. Da un punto di vista propagandistico continua ad avere senso incoraggiare l’esercito ucraino alla vittoria ma, realisticamente parlando, Kiev difficilmente potrà riconquistare tutti i territori perduti, non senza andare incontro ad una guerra lunga e sanguinosa e dall’esito incerto.

Allo stesso tempo, gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di premere su Volodymyr Zelensky affinché il presidente ucraino conceda qualcosa alla Russia. Washington è consapevole di due fatti: il conflitto sarà ancora lungo e i negoziati non sono ancora apparsi all’orizzonte. Attenzione però, perché quando parliamo di “conflitto lungo” non necessariamente intendiamo il conflitto militare. La battaglia sul campo potrebbe anche concludersi nel giro di qualche settimana. Dopo, in ogni caso, il testa a testa con tra blocco occidentale e Russia continuerà, quasi sicuramente, per tanti anni a venire.

Nel frattempo Biden continuerà a fornire armi a Zelensky cercando di capire quanto ancora potranno resistere gli ucraini e, soprattutto, quanto le notizie dal fronte (come la cattura di alcuni combattenti Usa da parte delle forze russe) comprometteranno le imminenti elezioni americane di Midterm. Per Biden, mai come adesso il silenzio vale oro.