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Da quattro anni elemento chiave della coalizione araba che combatte al fianco del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi contro gli Houthi in Yemen, ora gli Emirati Arabi Uniti sembrano voler cambiare peso e ruolo della loro presenza nel Paese.

Innanzitutto, la crescente tensione tra Stati Uniti e Iran sta avendo conseguenze anche sugli Uae. Nelle scorse settimane, Abu Dhabi ha deciso di ridurre la propria presenza militare in Yemen, ritirando alcune truppe dal governatorato di Aden – situato nel sud del Paese – e dalla zona costiera, per averle “a portata di mano”, nel caso l’escalation tra Teheran e Washington raggiungesse livelli di guardia.

Gli Emirati Arabi Uniti – secondo fonti diplomatiche occidentali – avrebbero assunto questa decisione in seguito agli incidenti che si sono verificati nel Golfo Persico ai danni di alcune petroliere in transito, quattro delle quali sono state colpite proprio al largo del porto emiratino di Fujairah. Gli autori degli attacchi non sarebbero ancora noti, tuttavia Washington ne ha attribuito la responsabilità a Teheran. Anche Abu Dhabi sembra essere della stessa opinione; pur non accusando uno Stato specifico, ha dichiarato che sarebbe un attore statale a celarsi dietro l’accaduto.

Interrogato da Reuters sul ritiro delle truppe dallo Yemen, un funzionario emiratino ha confermato “alcuni movimenti di militari”, evitando tuttavia di fornire ulteriori dettagli. La fonte ha anche specificato che non si tratterebbe di un ridispiegamento delle forze dallo Yemen, dal momento che gli Uae rimangono fedeli alla coalizione araba e non sono intenzionati a “lasciare un vuoto” nel Paese.

La vera ragione del “movimento” delle truppe emiratine – stando al funzionario – sarebbe garantire il mantenimento del cessate il fuoco a Hodeidah – città cruciale nel conflitto yemenita -. Un obiettivo concordato lo scorso dicembre grazie alla mediazione delle Nazioni Unite, e dunque “un’evoluzione naturale” nel conflitto.

Spiegazione smentita da fonti occidentali, secondo le quali i progressi ottenuti a Hodeidah costituirebbero un pretesto, prontamente sfruttato dallo Stato del Golfo, per ritirare le proprie truppe dallo Yemen, con lo scopo di rafforzare la difesa nazionale.

Gli Emirati Arabi Uniti dispongono di un piccolo esercito, se confrontato con gli altri Paesi della regione, in particolare Egitto e Arabia Saudita. Stando ai dati diffusi dall’International Institute for Strategic Studies, il personale militare attivo sarebbe composto da 63 mila unità; al momento, non è chiaro il numero delle truppe stanziate in Yemen.

Scacco ad Hadi

Seppure al momento ancora incerta, la notizia del ritiro delle truppe emiratine dallo Yemen non è l’unica a segnalare un cambio di passo di Abu Dhabi nel conflitto yemenita.

Secondo funzionari locali – militari e governativi -, il Paese del Golfo starebbe finanziando e armando le milizie appartenenti al Consiglio di Transizione del Sud – un’organizzazione politica secessionista dello Yemen, che costituisce un terzo fronte nella guerra civile –, al fine di porre le aree sequestrate agli Houthi sotto il controllo dei militari emiratini.

Lo scopo sarebbe quello di danneggiare il governo di Abd Rabbo Mansour Hadi, il presidente yemenita riconosciuto dalla comunità internazionale.

Negli ultimi mesi, Abu Dhabi – che aveva già sostenuto l’istituzione del Consiglio di Transizione nel 2017 – avrebbe contribuito a formare decine di brigate e hub militari nel sud dello Yemen. Un vero e proprio esercito parallelo rispetto a quello di Hadi, composto da 25-35 brigate di stanza nel sud dello Yemen; ciascuna della quali formata da circa 1.500 unità.

Il supporto degli Emirati consisterebbe inoltre nella fornitura di centinaia di veicoli corazzati e nell’istituzione di centri di addestramento militare. Iniziative che hanno indignato il presidente Hadi, che ha tuonato contro Abu Dhabi, accusandolo del tentativo di usurpare il governo legittimo dello Yemen.

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