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I carri armati occidentali per l’Ucraina rappresentano il grande punto interrogativo di questo 2023 di guerra. Volodymyr Zelensky ha fatto enormi pressioni per ricevere tank da parte delle nazioni che sostengono Kiev in questo conflitto. E, come analizzato più volte su questa testata, alla fine si è giunti a un accordo che prevede l’invio di un certo numero di carri, in larga parte Leopard 1 e 2 di fabbricazione tedesca, uniti agli Abrams Usa e ai Challenger 2 britannici.

Il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, parlando specificamente dei Leopard 2, ha dichiarato che saranno 48 gli esemplari inviati dai Paesi europei, di cui 31 Leopard 2 A4 dalla Polonia, 14 Leopard dalla Germania e tre dal Portogallo e che le forniture avverranno “per gran parte tra la fine di marzo e la fine di aprile”. Per gli Abrams dagli Stati Uniti, invece, sembra ci sarà bisogno di più tempo, anche diversi mesi. E in attesa di mezzi più leggeri da altri Stati, quello che molti osservatori sottolineano da diversi mesi è che l’aiuto offerto all’Ucraina in termini di carri armati potrebbe essere inferiore alle aspettative e in ogni caso troppo lento per avere un impatto decisivo nella nuova offensiva russa di fine inverno o inizio primavera.

Addestramento e trasporto, gli unici problemi

Da un lato c’è il tema dell’addestramento dell’esercito ucraino: fondamentale per l’efficacia del supporto. Dall’altro lato c’è il punto fondamentale legato al “mix” di mezzi impiegati dagli ucraini, che potrebbero essere troppo diversi tra loro e soprattutto in quantità non sufficienti per essere impiegati in modo pienamente organizzato in singoli battaglioni. I carri sarebbero dunque pochi, con equipaggi troppo poco addestrati, ma soprattutto imporrebbero una difficile coesistenza sia con gli altri tank, sia con l’artiglieria e le tattiche impiegate, sia per tutta la catena di manutenzione e logistica.

C’è poi un altro tema che non può essere sottovalutato, ed è quello del trasporto. Quello che può apparire come un profilo secondario nel momento in cui si decidono gli aiuti è in realtà un punto interrogativo di notevole importanza per comprendere l’impegno assunto dalle forze occidentali.

In primis perché serve un coordinamento internazionale che necessita inevitabilmente di un vertice in grado di gestire le forniture a Kiev. Non una questione semplice, visto che l’impegno ufficiale di un’alleanza come la Nato, per esempio, porrebbe dei grossi quesiti di natura politica nei confronti della reazione russa. Per quanto riguarda l’invio di alcune decine di Leopard 2, come detto in precedenza, il compito di coordinamento le consegne spetta a Varsavia. Ma al momento non c’è un polo strutturato per il supporto militare all’Ucraina.

In secondo luogo, non va sottovalutato il tema delle autorizzazioni e delle procedure tecniche che servono nei singoli Paesi per attivare le manovre di trasporto e consegna di mezzi militari in teatri operativi, specialmente nei confronti di Paesi belligeranti. La macchina militare e politica si deve muovere infatti a un rispetto delle norme che spesso può essere decisivo nella velocità di una consegna, tanto più poi se queste leggi devono a loro volta essere applicate per il transito di determinati mezzi in alcuni Stati.

La corsa per mettere al sicuro le armi occidentali

Infine, un altro tema fondamentale è quello di come fisicamente quei mezzi arriveranno a destinazione. Come ha spiegato il quotidiano francese Le Monde, per i carri armati Leopard (anche per gli Abrams diretti prima in Germania) è molto probabile che il trasporto verso l’Ucraina avvenga via treno, anche se l’esercito tedesco, quando ha spostato quei mezzi, ha sempre preferito l’utilizzo delle strade. Lo scenario più plausibile, come dimostrato già in alcuni video, è che tutti i Leopard giungano su ferro attraverso convogli che partono da più direzioni e che si congiungeranno al confine ucraino. Si ipotizza che siano impiegate le ferrovie che arrivano al confine ucraino di Polonia, Slovacchia e Romania, possibilmente insieme per diversificare le rotte di approvvigionamento ed evitare che un problema su una linea renda impossibile il trasporto: tanto più se la Russia dovesse decidere di colpire la ferrovia in territorio ucraino collegata ai binari del Paese da cui giungono i rinforzi.

D’altro canto, il trasporto dei carri armati sarà una sfida enorme anche per la contraerea ucraina, che a questo punto dovrà essere sicuramente rafforzata dagli alleati occidentali prima dell’arrivo dei tank. Il timore, infatti, è che Mosca, una volta individuati i convogli, possa decidere di colpire direttamente i treni oppure fermarsi ai soli binari, rendendo impossibile in ogni caso il proseguimento del viaggio. Si parla di treni lunghi, impossibili da nascondere totalmente in un qualsiasi scenario di guerra, e soprattutto con vagoni che hanno non solo i carri ma anche tutto ciò che concerne la manutenzione e l’utilizzo di questi mezzi. Come raccontato dal New York Times, gli esperti e i funzionari a conoscenza del dossier parlano di “convogli furtivi, solitamente camuffati o nascosti nell’oscurità” per escludere qualsiasi attacco proveniente dalle forze aeree o missilistiche russe. Ma il problema sarà soprattutto usare pochi vagoni o camion per evitare di essere individuati.

Con il sistema infrastrutturale dell’Ucraina decimato dai continui raid russi che da un anno imperversano su tutto il territorio, sembra inoltre impossibile che questi treni possano raggiungere la linea del fronte, dovendo necessariamente muoversi su strada e con la necessità di mezzi adeguati al trasporto di carri armati oppure con pavimentazioni e strutture in grado di sorreggere il passaggio di questi mezzi. Ponti e strade poco asfaltate potrebbero rallentare ulteriormente il movimento di questi carri, ritardando ancora di più la consegna dei tank che per Kiev sono essenziali. E la presenza di corsi d’acqua, fango e terreni minati o sconvolti dalle esplosioni potrebbero costringere le forze ucraine a lunghi tempi di attesa.