La linea affusolata dell’NH90 si avvicina al suolo. Dal portellone l’operatore di bordo cala il verricello che recupera quattro militari a terra. Sembrerebbe un’operazione di routine, una evacuazione o un’attività Sar. No, non è così: l’aeromobile riprende il volo, il door gunner punta il suolo dal mirino ottico del fucile di precisione, un’arma in dotazione solo ad alcune unità altamente specializzate. E in effetti, a bordo dell’NH90 non ci sono soldati “normali”, semmai gente un po’ speciale e mica solo perché ha il Barrett (fucile di precisione anti materiale).

Il portellone si apre completamente, il gunner si ritira e si prepara: davanti a lui, i membri del suo team si posizionano. “Pronti?” grida il capo team. 

La voce è coperta dai motori dell’elicottero, il frastuono è insopportabile ma un pollice alzato è sufficiente per fare capire che è tutto a posto. Via! Il salto fuori, il militare che diventa un puntino finché una grande vela si apre sulla sua testa. 

Chi si aspettava il lancio vincolato, con salto fuori dal C-130, deve ricredersi: si va giù in caduta libera, per un lancio di precisione come viene chiamato in gergo. Si arriva infatti a terra manovrando l’atterraggio. 

Sì, sono paracadutisti ma di un tipo particolare: appartengono al Comfose (Comando forze speciali esercito) gli uomini del 185° Reggimento ricognizione acquisizione obiettivi (Rrao), insieme ad altre pochissime e scelte unità dell’Esercito: il 4° Alpini paracadutisti (ranger), il 28° “Pavia” (comunicazione operativa) e gli incursori del IX Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin”. La specialità del Rrao tuttavia è l’acquisizione degli obiettivi. Da qui, il termine acquisitori. 

Dura selezione necessaria per accedervi: un anno e mezzo di preparazione laddove preparazione sta anche per selezione continua. 

A terra, dove gli acquisitori ripiegano le grandi vele che li hanno portati, con precisione chirurgica, sul punto d’atterraggio prestabilito, l’istruttore che ci accompagna approfitta di un attimo di break per dare un’idea dell’addestramento. 

“Ciò che ha visto fa parte delle skills essenziali alla formazione per l’ottenimento della qualifica di acquisitore, ruolo dall’elevata connotazione intelligence. La Ricognizione speciale, infatti, prevede di essere preparati a condurre operazioni di raccolta informativa in ogni ambiente e a prescindere dal livello della minaccia affrontata”. 

Operatori all terrain, insomma, capaci di muoversi in ogni situazione e con qualunque mezzo. Terza dimensione, in primis: il rapporto fra gli acquisitori ed il cielo è infatti molto stretto. E mica solo perché eredi del 1° Reggimento paracadutisti (1941). Con gli elicotteri, in particolare, il legame è molto, molto stretto. 

E se l’NH90 li ha mostrati capaci di lanciarsi, con equipaggiamento, dal piccolo spazio offerto dell’aeromobile, sul Chinook la partita è ben diversa. 

La scena che si apre ai nostri occhi è degna di un film di guerra. Gli acquisitori sono in mare, stipati su un gommone che viaggia a tutta velocità. Il sole è calato e muoversi fra i flutti con poca luce è difficile oltreché rischioso se di fronte a sé si abbassano i 15 metri di fusoliera del CH47. I rotori sollevano schizzi d’acqua, il rumore è assordante e sei investito da una colonna d’aria che farebbe passare la Bora triestina per un venticello estivo. 

La pancia dell’elicottero, appena appoggiata sulla superficie del mare, si apre con il portellone che tocca l’acqua. Il gommone prende velocità, fa una virata stretta, punta alla rampa d’accesso e vi entra senza esitazione. Il portellone si richiude, collettivo tirato, il muso del Chinook punta al cielo e si solleva. Fosse stata una missione reale sarebbe stata portata a termine con successo: ecco cosa vuol dire acquisitore, essere capace di penetrare il territorio avversario, muoversi e soprattutto sopravvivere privi della più minima forma di logistica, contando sulle proprie forze, sull’equipaggiamento e sull’addestramento ricevuto. 

“L’addestramento di base prevede, dopo una dura selezione psico fisica una fase di formazione della durata di 12 settimane comune ai reparti di Forze speciali dell’Esercito. Il corso, denominato “Obos” (Operatore Basico per Operazioni Speciali), si svolge presso il Centro di Addestramento per le Operazioni Speciali di Pisa. Il corso Obos prepara al combattimento individuale e di squadra con procedure di Forze speciali, con particolare riferimento al movimento di pattuglia in territorio controllato dal nemico” spiega il comandante del 185°, colonnello Carmine Vizzuso.

Che, in altri termini, può essere descritto come essere in grado di percorrere cento chilometri in meno di una settimana privi di tutto, anche del minimo indispensabile. 

Inizia un altro giorno: ciò a cui abbiamo assistito è già storia. Un tassello di 72 settimane di training che portano al limite l’individuo: paracadutismo, sci, roccia, sopravvivenza, evasione, resistenza e fuga, combat medic. 

Ecco l’acquisitore: una specialità unica dell’Esercito che, nonostante sia sulla scena da appena 20 anni, rappresenta l’elite delle Special Forces non solo nell’ambito della Forza armata ma dell’Alleanza tutta. 





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