Con oltre mezzo milione di follower su Telegram, Maksim Fomin, aka Vladlen Tatarsky, era noto per le sue posizioni filo-Putin e per l’appoggio totale all’invasione dell’Ucraina. La morte del blogger spalanca ancora una volta le porte sul mondo dei canali social russi che, dallo scoppio del conflitto in Ucraina, sono diventati un altrove dal quale attingere informazioni e un non-luogo della Russia la cui opinione conta. Non un mondo di ragazzini smanettoni con la passione per la guerra, bensì soldati veri e propri, giovani ma non giovanissimi, che su Telegram raccontano la guerra in diretta. Una bella gatta da pelare per Vladimir Putin e i suoi generali, spesso sbugiardati da questi ultras del conflitto che denunciano errori e sofferenza sul campo. Tanto da arrivare perfino a pubblicizzare dei crowdfunding per finanziare le proprie unità a corto di equipaggiamento: un’onta per il Cremlino.

Tatarsky, ad esempio, era noto per le sue filippiche a favore della guerra. Intransigente con i comandanti militari e lo stesso presidente Putin per essere stati troppo morbidi nel loro approccio, una delle sue dichiarazioni più controverse è stata il suo sostegno agli attacchi alle infrastrutture ucraine, che riteneva avrebbero provocato più vittime civili che altro.

Tweet di Tatarsky dalla sala di San Giorgio, dentro al palazzo del Cremlino, durante la cerimonia per l’annessione delle regioni occupate dalla Russia in Ucraina: “Sconfiggeremo tutti, uccideremo tutti, saccheggeremo chiunque. Tutto sarà come noi vorremo”.

La scelta di Telegram

I professionisti militari russi non possono parlare dei loro problemi sui media, visto che la legge sul segreto di Stato è stata modificata in modo da vietare ai giornalisti di scrivere circa i problemi dell’esercito. Era stato proprio il ministro della Difesa, Sergej Shoigu, a proibire ai media di coprire la morte di ufficiali e soldati delle forze speciali, o di parlare con i parenti di quelli uccisi sul campo di battaglia. Un sistema di insabbiamento sostenibile in tempo di pace, ma che non può sopravvivere alla prima guerra “social” della storia. E il riscontro di questi canali, rispetto ai media tradizionali, mostra come gli stessi cittadini russi scelgono i blogger come fonte di informazioni sull'”operazione militare speciale”. Al di là del loro appoggio alla guerra.

Telegram è stato a lungo una delle principali fonti di notizie per il pubblico di lingua russa, proprio come Twitter per il mondo anglofono. La guerra in Ucraina ha conferito un’influenza significativa a decine di canali a favore della guerra con un vasto pubblico: in precedenza, questi erano letti solo da una ristretta cerchia di entusiasti militari e “patrioti” russi radicali. I gestori di questi profili sono già noti: tendono a essere corrispondenti di guerra di testate ed emittenti statali, attivisti di organizzazioni di destra radicale e veterani della guerra del Donbass (come Igor “Strelkov”).

I casi di WarGonzo e Rybar

Il caso più eclatante è quello di WarGonzo, canale Telegram seguito da quasi un milione e mezzo di follower dal fine apologetico, spesso smascherato nel “simulare” azioni di guerra recitate. Dietro il canale c’è Semyon Pegov, considerato uno dei blogger militari più accreditati. Lo scorso gennaio Pegov si era scagliato contro la spiegazione ufficiale di Mosca secondo cui la caserma di Makiivka, nel Donetsk, sarebbe stata attaccata a causa dell’uso diffuso di telefoni cellulari da parte dei soldati russi (contrariamente al divieto) che ha consentito all’Ucraina di rintracciarne le coordinate della posizione dei militari. Il blogger è stato personalmente insignito dell’Ordine del Coraggio da Putin al Cremlino il 20 dicembre scorso ed è stato uno dei primi a smascherare il conteggio dei soldati russi caduti in guerra. A proposito di Makiivka: era stato proprio lui a denunciare che il numero dei russi caduti fosse probabilmente di gran lunga superiore agli 89 ora ufficialmente riconosciuti dalla Russia.

Un altro canale tra i più significativi è l’anonimo Rybar con 1,1 milioni di follower. Il suo caso è più unico che raro: il canale pubblica cinque o sei rapporti dettagliati al giorno che coprono ogni teatro di combattimento, fornendo mappe altamente dettagliate e rapidamente aggiornate. I dati del canale vengono regolarmente utilizzati dalla Cnn e da Bloomberg. Sebbene Rybar sia apertamente filo-russo, lavora duramente per mantenere un tono imparziale. A differenza della maggior parte dei canali simili, non usa mai un linguaggio offensivo nei confronti degli ucraini ed è più o meno obiettivo nelle sue valutazioni della situazione militare. Difficile capire da che parte si schieri Rybar nelle dispute dell’élite russa: da un lato ha criticato il ministero della Difesa, mentre dall’altro ha difeso il comandante militare generale Alexander Lapin quando è stato attaccato da Ramzan Kadyrov.

Gli investigatori del sito The Bell sono riusciti a risalire ai suoi creatori: il secondo al comando del canale è un programmatore di computer di 44 anni di Mosca chiamato Denis Shchukin. È nato in Russia ma ha trascorso la sua infanzia nella regione ucraina di Donetsk e vive a Mosca almeno dal 2002. Il fondatore è un traduttore militare di 31 anni, Mikhail Zvinchuk. È un ex impiegato del servizio stampa del ministero della Difesa. Nato a Vladivostok, ha studiato in un’università militare di Mosca, specializzandosi in arabo. Nel 2020 e nel 2021, Rybar ha tenuto una rubrica regolare per un media di proprietà di Prigozhin che pare essersi offerto di finanziare il canale alcuni anni fa.

Semyon Pegov, a.k.a. WarGonzo.

Anatoly Dremov e Starshe Eddy: due star di guerra

Anatoly Dremov è un vero influencer di guerra. Prima dello scoppio del conflitto le sue foto lo ritraevano come il tradizionale giovane hipster pietroburghese. Poi, la missione in Luhansk e Donetsk per combattere. La copertura della guerra di Dremov su Telegram è iniziata il 6 marzo 2022: molti dei suoi video terminano con “С нами Бог!!” (Dio è con noi) mentre, in quei giorni, le truppe russe stavano cercando di circondare le città di Kiev, Kharkiv e Mykolaiv. Dremov mangia, cucina e beve tè con i suoi compagni negli appartamenti di estranei saccheggiati: il suo è un diario di guerra che racconta successi e reposta i canali Telegram dei suoi compagni. Si presta spesso a live su Telegram, dove non è raro sentire la voce degli ucraini che lo insultano e il proliferare di cuori rossi dei suoi supporter.

Per il bene della sua famiglia che vuole al sicuro sotto un “cielo russo” si dichiara pronto a “uccidere un centinaio di questi bambini ucraini e le loro madri. Ne vale la pena”. Prende ordini per raccogliere “trofei“: per non screditare l’esercito russo, chiede che le liste dei desideri vengano inviate a sua sorella Victoria Novikova. Allo stesso tempo, chiede ai suoi seguaci donazioni per medicine e attrezzature delle quali pubblica le ricevute. Ed è sempre Dremov ad essere protagonista di un giallo. Nella tarda primavera scorsa ha diradato pian piano i suoi interventi sul canale, fino quasi a scomparire. Morto? Catturato? Nessuno lo sa. Sul canale si susseguono le smentite: nel dicembre scorso il suo diviene un profilo “official” e viene annunciata la sua ricomparsa: si sarebbe messo in contatto con i suoi social media manager. Dall’inizio del 2023 però il canale langue e i post si focalizzano sulle smentite circa la sua cattura. Nel frattempo, i suoi quasi 50mila follower ne attendono il ritorno.

Starshe Eddy è uno di quelli che dà a Cesare ciò che è di Cesare. Circa sei mesi fa ammetteva candidamente: “Va detto che a Balakliia le forze armate ucraine hanno completamente superato il nostro commando”. Il pubblico di Starshe Eddy su Telegram, come quello di altri blogger di guerra, è cresciuto a dismisura dall’inizio dell’invasione, da circa 28mila a più di 600mila. Si tratta del milblogger che per primo aveva denunciato la pericolosità degli Himars assieme all’ufficiale delle forze armate russe Aleksey Suronkin, invitando l’esercito russo ad adattarsi alle nuove minacce e a colpire le forze ucraine prima che il massiccio utilizzo di queste nuove armi potesse mettere a serio repentaglio la capacità di rifornimento di armi delle forze russe impegnate al fronte.

Perché il Cremlino lascia fare?

L’atteggiamento del Cremlino nei confronti di critica l’operato di Putin è singolare. Più volte è stata infatti sottolineata l'”impunità” di cui godono personaggi come Ramzan Kadyrov e Yevgeny Prigozhin. A loro sembra essere concesso tutto: critiche, sberleffi, suggerimenti non richiesti e un margine di autonomia del quale nessuno a Mosca gode. Anche loro sono potentissimi blogger, sebbene comunichino da posizioni di forza che li rendono fra i più seguiti su Telegram.

La tolleranza del Cremlino nei confronti dei commenti dei milblogger è notevole, soprattutto viste le leggi in base alle quali le critiche alla guerra possono essere punite con fino a 15 anni di carcere. Pavel Luzhin, un esperto militare russo indipendente, ritiene che i blogger non siano stati toccati perché forniscono uno sbocco a una parte della popolazione russa per sfogare la propria rabbia per i fallimenti in Ucraina. “Il Cremlino è troppo spaventato per ignorare semplicemente la parte nazionalista della popolazione”, sostiene Luzhin, aggiungendo che alcuni blogger agiscono probabilmente con la tacita approvazione dei servizi di sicurezza: come nel caso di Intel Slava Z, potentissimo canale Telegram che pubblica news sul conflitto e c he pare essere l’alter ego social del Cremlino, finanziato (pare) da Putin, ministero della Difesa russo, Fsb, Gru e Svr.

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