La tanto attesa controffensiva ucraina si è finalmente palesata, ma non dove ampiamente pubblicizzato da Kiev: il fronte, infatti, ha ceduto tra Kharkiv e Balakliya, nel settore orientale, pertanto ora abbiamo la certezza che l’attacco su Kherson sia stata solamente una diversione.
Nei giorni scorsi avevamo ipotizzato che potesse essere così: la “controffensiva” nel meridione ucraino era in qualche modo “strana” per una serie di motivi, tra cui alcuni legati alla catena di comando che ha diffuso le informazioni sulle operazioni. Possiamo quindi dire che l’intera manovra sul fronte meridionale sia stata effettuata per logorare la testa di ponte russa a ovest del fiume Dnepr e per mettere in crisi il sistema logistico russo, già provato da mesi di guerra e da problematiche strutturali che abbiamo evidenziato in precedenza. Lo scopo è stato anche quello di confondere i russi e metterli sulla difensiva, cosa che sembra sia puntualmente accaduta guardando al fronte orientale.
L’ammassamento di mezzi, ma soprattutto di uomini, da parte di Kiev nella regione di Kherson ha fatto cadere in un tranello lo Stato maggiore russo, che ha inviato rinforzi esclusivamente in quel settore mantenendosi sulla difensiva altrove. Come abbiamo già detto, con l’attacco a sud l’iniziativa tattica è passata nelle mani ucraine: l’esercito russo è stato colto di sorpresa – ma potrebbero esserci altre motivazioni – non sapendo in quale punto esatto della lunghissima linea del fronte si sarebbe concentrata la controffensiva vera e propria. È ragionevole supporre che a Mosca fossero a conoscenza del fatto che l’attacco su Kherson non fosse quello principale, ma la Russia ha dovuto forzatamente inviare rinforzi per contenere l’impeto iniziale dell’avanzata ucraina, che comunque non è stata travolgente come quella che si sta delineando in queste ore a oriente.
In dettaglio la controffensiva russa è giunta sino alla città di Kupyansk, creando un profondo saliente nelle linee russe, e si osserva che l’esercito ucraino stia puntando verso Oskil, ovvero sta cercando di tagliare fuori la città di Izyum. Risulta che i russi si stiano ritirando, a volte anche disordinatamente, da quel settore per cercare di non restare intrappolati in una sacca: le prossime 24/48 ore saranno decisive da questo punto di vista, e tasteranno il polso della controffensiva ucraina misurandone la reale inerzia.
Occorre, come sempre, essere prudenti per quanto riguarda l’esito finale della controffensiva, ma risulta ormai evidente che l’attacco ucraino ha sconvolto le linee degli occupanti: fonti non ufficiali russe parlano apertamente di “disastro militare” e che la ritirata è l’unica soluzione per evitare di restare intrappolati, aggiungendo che per ribaltare le sorti della battaglia – e del conflitto – l’unica soluzione per Mosca sia la dichiarazione di guerra in modo da permettere la mobilitazione generale. In effetti, come abbiamo analizzato nelle scorse settimane, l’Ucraina ha un vantaggio rispetto alla Russia: il governo di Kiev ha potuto indire una mobilitazione di tutto il personale a disposizione per l’esercito, mentre Mosca, avendo definito il conflitto una “operazione militare speciale”, non è nella possibilità di farlo.
L’esercito russo è infatti a corto di personale per il conflitto, stante il quadro giuridico della coscrizione nel Paese: è probabile che alcuni dei coscritti dell’autunno 2021 stiano prestando servizio in unità che combattono in Ucraina, mentre è ormai assodato che in quella guerra abbia combattuto (o stia combattendo) personale di leva, dato che a marzo 2022 il ministero della Difesa russo ha riconosciuto che coscritti stavano prendendo parte al conflitto affermando che alcuni di loro, in servizio nelle unità di rifornimento, erano stati fatti prigionieri dall’esercito ucraino.
Quasi immediatamente dopo il Cremlino ha affermato di aver ritirato tutto il personale di questo tipo, ma sappiamo che i reparti impiegati in guerra non sono al completo e che quasi tutti utilizzano personale di leva, sebbene la percentuale sia diminuita dall’inizio del conflitto. La legislazione russa vieta infatti ai coscritti con meno di quattro mesi di addestramento di essere schierati in combattimento, tuttavia la legge marziale o la mobilitazione generale – possibili solo in caso di dichiarazione di guerra – potrebbero sostituire l’attuale ordinamento, consentendo l’impiego immediato di nuove leve o riservisti mobilitati.
Dal punto di vista tattico, l’afflusso di uomini e mezzi per bloccare gli attacchi ucraini su Kherson, ha imbottigliato in quella regione un numero consistente di forze, in quanto l’esercito di Kiev ha colpito ripetutamente i ponti sul fiume Dnepr. Questo potrebbe avere un peso fondamentale per l’esito della controffensiva a oriente, ma, come accennato, le prossime 48 ore saranno decisive per capire la effettiva capacità dell’esercito russo di tamponare la falla che si è creata. Riteniamo che sia molto probabile che Mosca possa rispondere massicciamente con l’aeronautica e i quei sistemi missilistici di teatro di cui ancor dispone – dopo l’emorragia provocata da mesi di bombardamenti – per cercare di colpire le retrovie ucraine e far perdere inerzia all’attacco ucraino, quindi ancora una volta, l’arma aerea diventerà fondamentale per l’esito di una battaglia, anche considerando che è l’unica forza che Mosca può mobilitare nella sua interezza. Parallelamente, se l’attacco ucraino proseguirà con lo stesso vigore, avremo la prova che il sistema logistico di Kiev è stato accuratamente preparato, con ogni probabilità anche grazie agli aiuti occidentali senza i quali – possiamo dirlo con un notevole livello di certezza – l’attuale controffensiva non sarebbe stata possibile: munizionamento, veicoli, ed equipaggiamento personale sono più importanti di una dozzina di Mlrs (Multiple Launch Rocket System) tipo Himars per poter organizzare una controffensiva.