Washington vuole accelerare la messa in campo delle carte a disposizione per amplificare il sostegno all’Ucraina in una fase in cui negli Stati Uniti da più parti si comincia a dubitare delle prospettive strategiche dell’attacco contro gli invasori russi nell’Est del Paese e delle tecniche utilizzate dall’esercito di Kiev contro le forze di Mosca.
In quest’ottica le mosse che tra Casa Bianca e Pentagono si stanno valutando per accelerare l’appoggio all’Ucraina hanno al centro le armi del desiderio per eccellenza delle forze armate di Volodymyr Zelensky: i versatili carri armati Abrams e i caccia F-16. Che nessuno ritiene possano essere le wunderwaffen capaci di spezzare la consolidata difesa russa nei territori occupati, ma senza i quali gli Usa sono certi Kiev abbia poche o nulle possibilità di consolidare i suoi risultati in un’operazione militare che si fa sempre più macchinosa.
Sono dunque da leggere in forma convergente le recenti notizie sull’accelerazione del processo di fornitura degli Abrams e di avvio del programma di addestramento dei piloti ucraini sugli F-16 americani. Il capo delle acquisizioni dell’esercito, Doug Bush, ha di recente confermato che Washington fornirà i primi 31 carri armati Abrams M1-A1 all’Ucraina entro l’inizio dell’autunno. Bush, parlando con i giornalisti il 7 agosto scorso, ha sottolineato che la natura macchinosa del processo di consegna dei carri all’Ucraina, di cui si parla dallo scorso gennaio, è legato alla complessità delle procedure autorizzative da un lato e alla difficile logistica che il passaggio degli Abrams sul campo di battaglia comporta: i carri, ha dichiarato, “devono arrivare in Europa e poi in Ucraina insieme a tutte le cose che li accompagnano: munizioni, pezzi di ricambio, attrezzature per il carburante, strutture di riparazione”. Un complesso di risorse che associa ai carri “il pacchetto completo che li accompagna” perché siano pienamente operativi.
Dopo averli forniti a un Paese alleato come la Polonia perché rinforzi il suo esercito come deterrente, gli Usa daranno dunque anche i carri a Kiev prima del previsto timing inizialmente fissato a inizio 2024. Il Pentagono guidato dal generale Lloyd Austin ha accelerato il processo di autorizzazione alla spedizione dei carri, mentre al contempo Joe Biden ha ratificato, nella giornata del 9 agosto, il programma a guida europea per addestrare i piloti da caccia ucraini sugli aerei F-16 di costruzione americana. Come avevamo spiegato in precedenza, Danimarca e Paesi Bassi da diverse settimane si sono offerti come Paesi di riferimento per il piano di addestramento degli aviatori ucraini sui versatili aerei multiruolo di matrice Usa, preparandosi inoltre a aprire un discorso sulla cessione dei caccia stessi a Kiev per poter aprire all’ottenimento degli F-35 per le loro aeronautiche.
Il semaforo verde annunciato a luglio a tale piano è stato ratificato ufficialmente dagli Usa a agosto: la notizia ha suscitato entusiasmo in Ucraina. Il Kyiv Independent ha scritto che “otto piloti ucraini fluenti in inglese sono pronti per iniziare l’addestramento sui jet da combattimento”, mentre “altri venti piloti con competenze minime in inglese sono disponibili per iniziare l’istruzione linguistica nel Regno Unito entro la fine del mese” e poter comunicare nel migliore dei modi con gli istruttori.
Washington sta dunque tendendo al massimo delle sue possibilità il sostegno a Kiev per contrapporre una forza militare decisa alle armate russe. Ma il timing delle consegne dei carri e dell’addestramento dei piloti appare tale da rendere difficile pensare che prima dell’esaurimento dell’attuale controffensiva i mezzi a stelle e strisce possano ottenere risultati decisivi sul terreno. Prima dell’autunno inoltrato, infatti, non sarà possibile vedere in linea carristi e aviatori addestrati con mezzi americani a disposizione in quantità massiccia e, inoltre, i numeri delle consegne sono comunque ridotti rispetto alle necessità di Kiev. Più prosaicamente i mezzi potranno servire all’Ucraina a interdire future mosse russe. E trattandosi del non plus ultra del sostegno americano garantito a Kiev, è difficile pensare che da qui in avanti possano essere le consegne di armi occidentali a far pendere nel senso dell’Ucraina, in senso decisivo, la bilancia del conflitto.