Con l’invasione russa dell’Ucraina, l’amministrazione Clinton (1993-2001) è finita sul banco degli imputati per aver promosso l’espansione a est della Nato e aver accolto nell’Alleanza gli ex Paesi satelliti dell’Unione Sovietica con la politica della “Porta aperta”. Un grave errore strategico, secondo molti studiosi e analisti “realisti”, che avrebbe minacciato gli interessi strategici fondamentali della Russia e posto le basi per l’odierna guerra in Ucraina. Fra i critici più noti e autorevoli di questa strategia c’era George Kennan, artefice della strategia di “contenimento” ed ex ambasciatore in Unione Sovietica, il quale scrisse nel 1997 che l’allargamento della Nato sarebbe stato un “errore fatale ” perché avrebbe “infiammato le tendenze nazionalistiche, anti-occidentali e militariste russe”. Kennan non era il solo: secondo Thomas Friedman, il più importante editorialista di politica estera d’America, si trattava del “progetto più mal concepito dell’era post-Guerra Fredda”, mentre John J. Mearsheimer, docente dell’Università di Chicago, ha sottolineato come “l’Occidente” abbia minacciato la Russia nei suoi “interessi strategici”. Ora è l’ex presidente Bill Clinton a replicare alle tesi dei “realisti” su The Atlantic, rivendicando – a suo modo di vedere – la bontà della sua strategica e l’operato della sua amministrazione.

Ora parla Clinton: “Ho provato ad aiutare la Russia”

Ultimamente, ha sottolineato Clinton, “l’espansione della Nato è stata criticata in alcuni ambienti per aver provocato la Russia e persino per aver gettato le basi per l’ invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin. L’espansione è stata certamente una decisione consequenziale, che continuo a ritenere corretta”. In qualità di ambasciatrice delle Nazioni Unite e poi segretario di stato, “la mia amica Madeleine Albright, recentemente scomparsa, è stata una schietta sostenitrice dell’espansione della Nato. Così come il Segretario di Stato Warren Christopher; il consigliere per la sicurezza nazionale Tony Lake; il suo successore, Sandy Berger, il presidente del Joint Chiefs of Staff John Shalikashvili, nato in Polonia da genitori georgiani e arrivato negli Stati Uniti da adolescente, e il vicesegretario di Stato Strobe Talbott, che ha tradotto e curato Nikita. Le memorie di Krusciov mentre eravamo coinquilini a Oxford nel 1969 e nel 1970″ spiega l’ex presidente.

“Ho capito che un nuovo conflitto era una possibilità. Ma dal mio punto di vista, se ciò fosse accaduto, sarebbe dipeso meno dalla Nato e più dal fatto che se la Russia sarebbe diventata o meno una democrazia e da come avrebbe definito la sua grandezza nel 21° secolo (…) Ho fatto tutto il possibile per aiutare la Russia a fare la scelta giusta e diventare una grande democrazia del 21° secolo” rivenda Bill Clinton. “Il mio primo viaggio fuori dagli Stati Uniti come presidente è stato a Vancouver per incontrare Eltsin e garantire alla Russia 1,6 miliardi di dollari in modo che potesse permettersi di portare a casa i suoi soldati dagli stati baltici e provvedere alle loro abitazioni. Nel 1994 – ricorda Bill Clinton – la Russia è diventata il primo Paese ad aderire al Partenariato per la Pace, un programma per la cooperazione bilaterale, che comprendeva esercitazioni congiunte di tra paesi europei della Nato e non”. Nello stesso anno, osserva, “gli Stati Uniti hanno firmato il Memorandum di Budapest, insieme a Russia e Regno Unito”, che garantiva “la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina” in cambio dell’accordo dell’Ucraina di “rinunciare a quello che allora era il terzo arsenale nucleare più grande del mondo”.

“Espansione a est della Nato? Scelta giusta”

Quanto all’espansione a est dell’Alleanza Atlantica, per Bill Clinton non fu affatto un errore: “L’idea che abbiamo ignorato, mancato di rispetto o cercato di isolare la Russia è falsa. Sì, la Nato si è espansa nonostante le obiezioni della Russia, ma l’espansione riguardava qualcosa di più delle relazioni degli Stati Uniti con la Russia”. E aggiunge: “La possibilità di adesione all’Ue e alla Nato ha fornito i maggiori incentivi per gli stati dell’Europa centrale e orientale a investire in riforme politiche ed economiche e ad abbandonare una strategia di militarizzazione indipendente”. Secondo l’ex presidente, grande merito va a Madeleine Albright: ” Ha utilizzato ogni elemento del suo famoso kit di strumenti da diplomatico e la sua esperienza politica per aiutare a spianare la strada alla Repubblica Ceca, all’Ungheria e alla Polonia e alla loro adesione alla Nato nel 1999″.

Il risultato, spiega, “è stato più di due decenni di pace e prosperità per una porzione sempre più ampia d’Europa e un rafforzamento della nostra sicurezza collettiva. Il Pil pro capite è più che triplicato in Repubblica CecaUngheria e Polonia. Tutti e tre i Paesi hanno partecipato a una serie di missioni Nato da quando si sono uniti, inclusa la forza di mantenimento della pace in Kosovo. Ad oggi, nessuno stato membro della nostra alleanza difensiva è stato invaso”. Ora, afferma l’ex presidente, “l’invasione non provocata e ingiustificata dell’Ucraina da parte della Russia, lungi dal mettere in dubbio la saggezza dell’espansione della Nato, dimostra che questa politica era necessaria”.



L’espansione a est della Nato: il dibattito

Nel dicembre 1991, fu promossa la creazione del Nacc (North Atlantic cooperation council), che ai 16 Paesi Nato associò gli Stati ex membri del Patto di Varsavia. Veniva inoltre rafforzata la presenza militare statunitense in Europa. Nel luglio del ’97, durante il vertice di Madrid, il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, e i rappresentanti dei governi degli allora sedici membri della Nato, decisero di invitare ad aderire all’Alleanza Atlantica Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, ingresso che poi venne formalizzato nel 1999. Le fasi successive portarono all’adesione di nuovi alleati come Romania, Bulgaria, Slovacchia, Slovenia, Lettonia, Estonia e Lituania nel 2004, Croazia e Albania nel 2009, Montenegro nel 2017 e Macedonia del Nord nel 2020. Oggi i Paesi della Nato sono 30.

Dopo le parole di Bill Clinton in relazione alla guerra in Ucraina, il dibattito sull’espansione a est della Nato rimane più vivo che mai. Secondo Joshua Shifrinson, studioso di relazioni internazionali alla Boston University citato da Vox, allargare la Nato ai Paesi ex sovietici era “un modo per incentivare la liberalizzazione nei Paesi che erano stati nel blocco comunista, dimostrando che gli Stati Uniti avevano ancora una missione in Europa e un modo per proiettare potere e controllare sistemi alternativi come l’Unione Europea”. “La politica della porta aperta è quella che massimizza l’attrito con la Russia, che è culminato nella crisi che abbiamo ora”, osserva Mary Sarotte, storica delle relazioni internazionali alla Johns Hopkins University. “Non credo che Vladimir Putin sia principalmente interessato all’accuratezza storica, ma credo che sia sinceramente addolorato dal modo in cui l’ordine del dopo Guerra Fredda non include alcuna partecipazione per la Russia”. Secondo Christopher Layne, professore di affari internazionali presso la Bush School of Government and Public Service alla Texas A&M University, intervistato da InsideOver nelle scorse settimane, “i funzionari dell’amministrazione Clinton che hanno architettato l’espansione della Nato erano intossicati dalla vittoria americana nella Guerra Fredda e pieni di arroganza. Dissero alla Russia che l’espansione della Nato non era mirata a loro. Ma ovviamente si trattava della Russia. L’espansione della Nato ha trasformato un’alleanza militare anti-sovietica della Guerra Fredda in un’alleanza anti-Russia post-Guerra Fredda. Era ingenuo credere che Mosca non avrebbe considerato l’espansione verso est della Nato come una minaccia militare”.





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