“La liberazione della città di Bakhmut è stata completata” riferisce il ministero della Difesa russo. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, risponde laconico dal G7 di Hiroshima: “Ormai Bakhmut è solo nei nostri cuori”. Uno scambio di dichiarazioni che sembra confermare – almeno temporaneamente – la fine di una battaglia che da dieci mesi insanguina l’Ucraina orientale. A Bakhmut, i russi, tra Wagner e forze regolari, hanno ormai una posizione predominante. E uno dei “tritacarne” ucraini sembrerebbe terminato.
Il condizionale in questo caso è d’obbligo, perché la situazione sul campo non riesce a essere definita. Gli ucraini dichiarano di avere ancora delle aree della città ,per quanto molto ridotte, ma sono presenti ormai soprattutto all’esterno del centro abitato. I russi hanno dichiarato la conquista, ma è un equilibrio estremamente precario dove è difficile capire quanto gli occupanti siano in grado di stabilizzare la vittoria. E anche su quello che accadrà nei prossimi giorni, settimane o mesi restano enormi punti interrogativi.
L’importanza strategica di Bakhmut
Dal punto di vista strategico, va detto che Bakhmut non ha un’importanza tale da essere considerata decisiva per le sorti del conflitto. La città, che i russi continuano a chiamare Artemivsk, si trova vicino a grandi snodi stradali e soprattutto ferroviari. Ma questi snodi sono soprattutto a Kramatorsk, più a nordovest, vero centro nevralgico in grado di ampliare notevolmente le capacità logistiche dell’esercito russo. È qui che le truppe del Cremlino potrebbero infliggere effettivamente un duro colpo alle forze del Paese invaso sul medio e lungo termine.

Bakhmut si trova sulla strada per Kramatorsk, dunque questa conquista rende più facile puntare verso l’altro centro del Paese. Tuttavia, l’enorme tributo di sangue versato dalle forze occupanti potrebbe anche fare credere che Mosca non abbia i numeri né l’energia né i rifornimenti necessari per riprendere un’eventuale avanzata verso ovest dove gli ucraini sono trincerati. Il think tank Isw sottolinea a questo proposito che questa vittoria “non fornisce alle forze russe un territorio operativamente significativo per continuare le operazioni offensive o alcuna posizione particolarmente forte da cui difendersi da possibili contrattacchi ucraini”.
Insomma, se da un lato la conquista da parte russa dà più chance all’Armata di avanzare verso altri obiettivi, dall’altro lato rischia anche di innescare un possibile contrattacco ucraino: motivo per cui Putin e i suoi generali potrebbero anche scegliere di non fare ulteriori passi in avanti. A maggior ragione ora che è previsto l’arrivo di copiose piogge su tutta la regione in grado di arrestare qualsiasi mossa campale e con la presenza ai fianchi di unità ucraine che costringerebbero comunque i russi a una nuova battaglia per raggiungere le città più vicine.
Il valore simbolico di una vittoria
Proprio per questo motivo, Bakhmut è una battaglia che, più che strategicamente necessaria, ha un grande valore simbolico ed è il motivo per cui entrambe hanno speso moltissimo sotto il profilo umano e materiale. Per entrambe le parti ha assunto un significato fondamentale dal punto di vista mediatico, visto che per Kiev si è trasformata nella battaglia della resistenza a oltranza contro l’invasore, mentre per Mosca è stata la rappresentazione dell’inerzia, della volontà di conquista a prescindere dal numero di caduti. E non è un caso, a tal proposito, che proprio prima dell’annuncio della conquista, Yevgeny Prigozhin avesse annunciato il ritiro dalla città per lasciarla ai miliziani del leader ceceno Kadyrov. Le perdite, specialmente tra i mercenari della Wagner, sono state sicuramente molto pesanti.
Annunciare la conquista serviva (e serve) a Vladimir Putin per dare alla propria opinione pubblica una vittoria mediaticamente importante che mancava da quasi un anno, soprattutto dopo l’ultima controffensiva ucraina. Mentre per Zelensky si certifica una sconfitta che rischia di avere un contraccolpo psicologico notevole anche all’interno del governo.
Diverso è però il valore strategico che può avere una vittoria (e corrispettiva sconfitta) dopo 10 mesi. In questa lunga fase attendista di entrambe le parti, con Kiev che aspetta di far partire la controffensiva in attesa di ricevere armi e sistemi adeguati e con Mosca che non è avanzata in modo sensibile, Bakhmut può essere il consolidamento di uno status quo ormai accertato che può anche non portare a una svolta nel conflitto. La battaglia decisiva potrebbe dunque non essere più tale dopo dieci mesi dal suo inizio, ma solo un ennesimo e terribile tassello di sangue in una lunga guerra di logoramento.