Guerra /

Nella serata di ieri nel villaggio di Przewodow, in Polonia, a circa 8 chilometri dal confine con l’Ucraina, è caduto un missile che ha ucciso due persone in quella che è stata una delle giornate forse più intense per quanto riguarda i bombardamenti missilistici russi.

Mosca ha effettuato raid con vettori da crociera che hanno bersagliato le infrastrutture ucraine, molto probabilmente anche come attacco di rappresaglia per la controffensiva subita a Kherson, che ha portato al ritiro russo sulla sponda orientale del fiume Denpr, ma soprattutto per mantenere alta la pressione su Kiev per fiaccare il morale della popolazione e per continuare la disarticolazione dell’impianto logistico avversario, in modo da fiaccare i contrattacchi ucraini nella parte orientale del Paese e per cercare di diminuirne l’attività di bombardamento sulla riva sinistra del corso d’acqua che ora rappresenta la linea del fronte meridionale.

Nelle prime ore l’ipotesi più plausibile per quanto accaduto in Polonia è che si fosse trattato di un missile da crociera russo che ha subito un malfunzionamento al sistema di guida: un’eventualità per nulla rara come dimostrato in questi mesi di conflitto, dove i vettori lanciati da Mosca spesso sono andati fuori rotta, o, molto più semplicemente, hanno dimostrato le loro carenze in fatto di precisione.

La Russia, infatti, ha utilizzato anche i vecchi missili da crociera Kh-22 (As-4 “Kitchen” in codice Nato), lanciabili da bombardieri Tupolev Tu-22M, che hanno un Cep (Circular Error Probable), ovvero il raggio dal bersaglio entro cui può cadere il missile, di circa 3,1 miglia, nella versione comunemente usata per l’attacco nucleare.

La Polonia, nelle convulse ore che hanno seguito l’incidente, ha riunito il Comitato per la sicurezza nazionale e la Difesa, e ha convocato d’urgenza l’ambasciatore russo al ministero degli Affari Esteri. Si pensa che oggi l’ambasciatore polacco presso la Nato possa richiedere l’attivazione dell’articolo 4 del Trattato del Nord Atlantico, cioè indire consultazioni urgenti tra tutti i membri dell’Alleanza.

Alcuni hanno anche pensato a un attacco deliberato russo per dare un segnale a Varsavia, tra i membri della Nato più attivi nel sostegno all’Ucraina e animato dai più profondi sentimenti russofobi, spesso e volentieri giustificati. Questa ipotesi, però, la riteniamo infondata in quanto il bersaglio colpito non ha alcun tipo di valore strategico o simbolico, ed essendo a breve distanza dal confine ucraino è più probabile che si sia trattato di un errore o un malfunzionamento.

Altri hanno fatto anche notare che la località colpita ha la stessa latitudine della capitale ucraina e la stessa longitudine della città di Leopoli, pertanto potrebbero essere stati inseriti dati di lancio sbagliati.

Nelle ultime ore, però, è arrivata quella che sembra la conferma di una terza ipotesi, ovvero che si sia trattato di un missile da difesa aerea ucraino “a fine corsa”. A riferirlo è stato direttamente il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che dal G7 di Bali ha affermato di ritenere “improbabile” che il missile sia partito dalla Russia. “Questo è dovuto all’analisi della traiettoria ma non voglio dire che si sia già completata una vera indagine sull’accaduto”, ha detto il presidente Usa, aggiungendo che molto probabilmente si trattava di un missile S-300 ucraino, usato per cercare di intercettare i vettori da crociera russi. Biden ha spiegato che con gli altri leader della Nato si è deciso, all’unanimità, di procedere prima con l’indagine per capire esattamente cosa sia successo e poi decidere collettivamente come rispondere.

Dalla Nato, invece, ci arrivano altre rivelazioni: un funzionario militare dell’Alleanza ha detto che un aereo da ricognizione che volava sopra lo spazio aereo polacco ha tracciato il missile aggiungendo che “le informazioni con le tracce radar sono state fornite alla Nato e alla Polonia”. Il funzionario non ha detto chi ha lanciato il missile né da dove è stato lanciato, ma dall’inizio dell’invasione russa gli aerei della Nato effettuano una regolare sorveglianza del fronte orientale dell’Alleanza con assetti specifici in grado di “vedere” cosa succede a centinaia di chilometri di distanza, quindi è altamente probabile che Washington e gli Alleati abbiano una precisa idea di cosa sia accaduto.

Il sistema da difesa aerea S-300 utilizza diverse tipologie di missili per offrire un ombrello protettivo a raggio d’azione e quote d’ingaggio diverse: il vettore 5V55 – quello puù a lungo raggio – è entrato in servizio nel 1992 e ha una portata massima di 150 chilometri, può raggiungere un’altitudine di 27 e ha una testata composta da 133 chilogrammi di esplosivo con un sistema di guida radar semi attivo. Gli S-300 sono fabbricati in Russia sin dal 1975 e sono stati venduti a diversi Paesi dell’allora Patto di Varsavia: la Repubblica Slovacca, ad esempio, ha ceduto i suoi sistemi all’Ucraina per rafforzarne le difese aeree. Anche Kiev ha in servizio gli S-300, avendo dipeso dagli armamenti russi per lunghissimo tempo dalla sua indipendenza.

Le parole del presidente Biden sembrano quindi chiarire la vicenda, ma bisogna anche considerare che possano essere state dettate da opportunismo politico, in quanto in questa fase del conflitto Washington e Mosca stanno cercando di dialogare in maniera più attiva per cercare di arrivare a un cessate il fuoco, e pertanto è interesse statunitense che non ci siano ulteriori tensioni che potrebbero minare questo processo.

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