L’ennesimo episodio di accuse diffamanti si è verificato ad Aleppo lo scorso 6 settembre: il governo è accusato, dall’opposizione siriana, dell’utilizzo di armi chimiche sulla popolazione civile ad Aleppo.Già nella prima metà di Agosto, alcuni reparti del Free Syrian Army avevano diffuso la notizia fra gli inviati della stampa occidentale, alimentando i sentimenti anti-lealisti nell’opinione pubblica. Di fronte a tali affermazioni, non ha esitato ad arrivare una pronta reazione di numerosi settori della società siriana. Hani Mourtada, ex rettore dell’Università di Damasco, durante la World Conference of University Rectors ha difeso il governo siriano dalle supposizioni dei ribelli: “Non è possibile attaccare un regime che difende il proprio Paese dai terroristi provenienti da 70 stati diversi”.L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha confermato l’inattendibilità della notizia. Allo stesso modo, l’agenzia Ap ha riportato diverse informazioni provenienti dalle fonti militari siriane, le quali hanno smentito i bombardamenti con ordigni al cloro su Aleppo, in quanto non rientrante nelle intenzioni del governo. Vi è un’ulteriore novità: nel più assoluto anonimato, un alto ufficiale governativo avrebbe teorizzato una falsificazione degli avvenimenti ad opera dell’opposizione siriana.Gli attacchi al regime di Bashar Al Assad non costituiscono un fatto nuovo: già il 21 agosto 2013 i ribelli, con la conferma dell’intelligence Usa, accusarono il presidente per aver utilizzato il gas nervino contro la propria fazione, con ricadute a livello civile (si parla di 1300 morti). Una grande smentita al riguardo partì, questa volta, non da Siria e alleati, ma dallo statunitense Mit di Boston, che non ha esitato ad affermare che uno dei missili ritrovati dagli ispettori Onu non era stato lanciato da una zona controllata dal governo, bensì dagli stessi ribelli jihadisti che osteggiano l’operato di Assad.Del resto, gli oppositori politici del governo siriano , (dai curdi dello Ypg al Free Syrian Army), hanno tutto l’interesse a scardinare gli equilibri geopolitici pre-esistenti: i ribelli hanno preso parte ai recenti colloqui di Londra, insieme alla coalizione degli Amici della Siria, composta da diversi Stati occidentali e mediorientali che sostengono (direttamente o per vie traverse) gli avversari di Damasco. Il “piano” discusso a Londra prevede un primo periodo di negoziati pari a 6 mesi, al fine di costruire un governo di transizione (seconda fase), il quale sarà guidato da rappresentanti delle più svariate fazioni anti-Assad. Al termine di durata del mandato (intorno ai 18 mesi)o subentrerebbe una terza fase, durante la quale verrebbero svolte le elezioni, “libere da ingerenze esterne” e sotto il monitoraggio dell’Onu. Quanto allo Ypg, invece, il già citato rettore, Hani Mourtada, accusa l’ala militare del Pyd di tramare contro il governo di Damasco, poiché sostenuta, nel sogno di un ipotetico Stato curdo, dalle potenze che vorrebbero la Siria divisa in tre o quattro entità statali diverse.Bashar Al Assad è ben cosciente dei molteplici interessi che si intrecciano intorno a una sua possibile caduta: è per questa ragione che l’esercito lealista non demorde, bensì continua a combattere per la propria esistenza, al fine di evitare ulteriori esodi fra i civili.
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