È inevitabilmente a Idlib che si combatte l’ultimo stralcio della guerra siriana, un conflitto oramai entrato nel suo ottavo anno di vita e che vede in questa provincia nord occidentale il teatro degli scontri che potrebbero segnarne la definitiva fine. Del resto è proprio questa provincia che ancora resistono quei gruppi jihadisti che, a partire dal 2012, indirizzano l’opposizione siriana ad Assad verso un integralismo islamico che in Siria segna un periodo nero di stragi e terrorismo.

L’attuale situazione militare

Sul campo le forze fedeli al governo di Damasco in questi giorni mettono piede in zone fuori dal proprio controllo dal 2012: quella che a marzo sembra più che altro un’offensiva aerea supportata dai russi per rispondere ai continui attacchi dei droni contro la base di Latakia, la più importante di Mosca nel paese, adesso appare come una vera e propria escalation in cui Assad prova a guadagnare terreno anche nell’ultima provincia in mano islamista. La svolta arriva con la presa della località di Kafr Naboudah nei giorni scorsi: bastione dei gruppi fondamentalisti, la conquista ad opera dell’esercito siriano di fatto spalanca le porte nella parte meridionale della provincia di Idlib.

L’azione di terra è successiva a quella dell’aviazione, che da circa tre mesi bombarda le postazioni nemiche indebolendo il potere militare e politico degli islamisti in questa parte della Siria nord occidentale. Nelle ultime ore, come riferisce il portale Al Marsad, l’esercito fedele al presidente Assad riesce a conquistare anche alcune alture attorno Kafr Naboudah, allargando il raggio di protezione attorno alle località riprese negli ultimi giorni.

Nel frattempo anche in queste ore proseguono e continuano i bombardamenti, sia dell’aviazione siriana che russa. Ancora una volta è la zona meridionale della provincia di Idlib a risultare quella più colpita, segno che le forze di terra potrebbero provare ulteriori sortite. Un’eventualità in realtà difficile, considerando l’equipaggiamento e la dotazione di armi dei gruppi islamisti della zona, al cui interno figurano migliaia di miliziani “veterani” oramai dopo otto anni di conflitto ed addestrati in passato dalla vicina Turchia. Le milizie legate all’ex fronte Al Nusra, oggi chiamato “Tahrir Al Sham“, controllano gran parte della provincia di Idlib e nel corso degli ultimi anni riescono a sovrastare anche i gruppi definiti “più moderati” legati all’ex Fsa (Free Syrian Army). Gli islamisti, per vendetta di fronte alle ultime sconfitte sul campo, negli ultimi giorni rivendicano l’uccisione a sangue freddo dei soldati siriani catturati in battaglia e di alcune presunte spie filo russe.

Mosca ad Ankara: “Basta sostenere gruppi ad Idlib”

La questione intanto è anche di natura politica. La provincia di Idlib vive un periodo di relativa quiete grazie alla mediazione di Russia e Turchia. I due governi la scorsa estate si mettono d’accordo per una zona di “de escalation” in questa parte della Siria, con Ankara garante della tregua e con Mosca che piazza attorno ad Idlib alcune postazioni di guardia. Per tal motivo, nei giorni scorsi il presidente Erdogan in un colloquio telefonico con Putin rimarca l’opportunità di perseguire in Siria l’obiettivo di una soluzione politica. A riportarlo è il TheMoscowTimes: un modo per il presidente turco di condannare di fatto l’azione militare russo – siriana.

Ma da Mosca il presidente Putin rimarca invece l’opportunità da parte turca di evitare di continuare a sostenere i gruppi presenti nella provincia nord occidentale della Siria. In particolare, il Cremlino punta il dito contro i continui attacchi islamisiti contro la base di Latakia, effettuati con i droni. Il sospetto molto forte, è che in questi mesi la Turchia continua ad armare i gruppi che controllano Idlib o comunque li metta nelle condizioni di continuare nella loro azione di disturbo della tregua a nord di Latakia. Per questo motivo, lo stesso Cremlino conferma di aver rispedito al mittente le richieste di cessate il fuoco da parte della Turchia.

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