Guerra /

L’alleanza tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti non ha ripercussioni solo sulla Cina. Pechino è indubbiamente il principale obiettivo del patto tripartito del Pacifico, ma in quell’enorme specchio d’acqua che divide l’Asia dall’America c’è un’altra potenza interessata alla riorganizzazione delle alleanze Usa: la Russia.

Mosca osserva le mosse di Washington con sentimenti contrastanti. Uno scontro tra le due maggiori potenze pacifiche, Cina e Usa, può certamente indebolire entrambe le pretendenti limitando le rispettive ambizioni di supremazia. Ma dall’altro lato è indubbio che la scelta della Cina di blindare il Pacifico e quella degli Stati Uniti di rinforzare la propria presenza e la capacità bellica degli alleati (Australia docet) pone un problema anche per la Federazione Russa. Perché quell’oceano non può essere un problema “bilaterale” tra Pechino e Washington e con una corsa al riarmo da parte di tutti gli Stati.

La corsa al riarmo del Pacifico – o meglio, dell’Indo-Pacifico – e la svolta rappresenta da Aukus sono così diventate di stretta attualità anche per il Cremlino, che ha da tempo deciso di rinforzare la sua strategia pacifica. Uno schema che congiunge l’Artico fino al Sud-est asiatico e che implica per Mosca la necessità di rinforzare le sue difese e migliorare i rapporti strategici con i Paesi dell’area, anche per la vendita dei propri sistemi.

Due notizie riportate in queste ore dall’agenzia russa Tass aiutano a comprendere le prime scelte da parte di Mosca. La prima riguarda la possibile creazione di una flotta artica. L’indiscrezione è stata data all’agenzia russa da una fonte anonima della Marina che ha detto che la nuova struttura “è in fase di studio” e che “la sua responsabilità sarà quella di garantire la sicurezza della rotta del Mare del Nord e della costa artica nell’area di responsabilità delle flotte del Nord del Pacifico”. L’obiettivo, in base a quello che ha rivelato la fonte anonima – e che non ha ricevuto conferme né smentite ufficiali da parte della Difesa russa – sarebbe quello di costruire una struttura sempre più autonoma, progressivamente, dalle due flotte, in modo da far concentrare quella del Nord e del Pacifico su missioni di combattimento nelle loro aree evitando di interessarsi anche al controllo delle rotte artiche. Una maggiore responsabilità di una flotta che indica anche la volontà di rafforzare gli obiettivi primari sia di quella del Nord che di quella del Pacifico.

A proposito di quest’ultima flotta, la seconda notizia, data sempre dai media ufficiali russi a non confermata in via istituzionale, è che un gruppo di navi e sottomarini guidato dalla corvetta Gremyashchiy ha attraversato lo stretto di Bab el Mandeb e fa rotta nell’Oceano Indiano. I due sottomarini dovrebbero essere il Petropavlovsk-Kamchatskiy e il Volchov, entrambi sommergibili diesel-elettrici armati di missili Kalibr. La scelta di rinforzare la flotta del Pacifico è da tempo parte dei piani di Mosca, che è perfettamente consapevole sia dell’importanza di quella regione e dell’aumento di tensioni che è destinato a interessarla a causa della rivalità tra Washington e Pechino e il rafforzamento delle potenze regionali. Ma il segnale lanciato dal Cremlino è anche frutto di una scelta di evitare di rimanere escluso dalla partita che si sta svolgendo in quel settore del mondo, anche solo per ricordare che pure la Russia può essere considerata a tutti gli effetti un giocatore imprescindibile con cui bisogna dialogare e che bisogna al limite anche temere.

La questione diventa particolarmente importante alla luce dell’alleanza Aukus e che riguarda in particolare l’ok degli Stati Uniti per far avere sottomarini a propulsione nucleare all’Australia. Per alcuni esperti, la decisione americana di allargare le maglie della tecnologia atomica ad altre flotte del Pacifico comporta un momento di svolta. Le tre superpotenze, insieme a pochi altri partecipanti al club nucleare, avevano sempre mantenuto circoscritto il numero di Paesi in grado di possedere queste tecnologie. Una volta concesso a Canberra il rafforzamento della flotta sottomarina – anche in chiave di schermo protettivo degli Stati Uniti nel Pacifico – il rischio è che Mosca si adegui alla novità rinforzando le partnership con altre marine ai limiti della propria sfera di influenza. Alcuni osservatori segnalano ad esempio che il Vietnam potrebbe essere interessato a ricevere know-how russo. Altri suggeriscono Paesi più lontani come l’Algeria, che da sempre intrattiene eccellenti rapporti con Mosca nel campo della Difesa. E in questi giorni si è anche parlato della Turchia, dal momento che lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan, di ritorno dal vertice con Putin a Sochi, ha tirato in ballo la possibilità di accordi anche nel settore dei sommergibili. Per adesso si rimane nel campo delle ipotesi, ma se Aukus verrà letta come una nuova Nato a est della Russia, è possibile che Mosca inizi a muovere i fili anche del rafforzamento dei suoi storici partner per creare spine nel fianco nell’Alleanza atlantica e nel nuovo gruppo di partner Usa nell’Indo-Pacifico.





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