Guerra /

Da qualche giorno girano delle foto satellitari di una base aerea in Armenia che mostrano una dozzina di Mig-29 russi ben allineati a bordo pista. L’immagine è stata rilanciata da alcuni siti per sottolineare come Mosca, a fronte del palese sostegno turco all’Azerbaigian, che ha schierato a Ganja alcuni F-16 – ma sarebbe meglio dire che non li ha fatti rientrare dopo le esercitazioni di luglio – stia intervenendo a fianco di Erevan.

In questo particolare caso, però, la notizia non è falsa, bensì non è semplicemente nulla di nuovo: la Russia, da decenni, ha in Armenia un contingente militare più o meno permanente che comprende anche alcuni cacciabombardieri come i Mig-29 “scoperti” dal satellite sull’aeroporto di Erebuni.

La base in questione, sita a sud di Erevan, ospita infatti in modo quasi permanente la 3624esima Avb (base aerea) russa sin dal 1995 col compito di fornire supporto alla difesa aerea armena insieme a circa 5mila uomini. La sua componente aeronautica è composta da MiG-29 nelle versioni S (Izdeliye 9-13 o Fulcrum C per la Nato), un singolo Izd 9-12 (o Fulcrum A), una coppia di UB per un totale di 17 velivoli a cui si aggiunge uno stormo di elicotteri Mil Mi-24P e Mi-8MTV/MTV-5. Nel 2001, la 102esima Avb è stata istituita come base di riserva presso l’aeroporto di Shirak nella regione militare di Gyumri sita nella parte occidentale del paese. Fino ad oggi, lo stormo della 102esima Avb ha solo la componente elicotteri. Prima dei Mig-29 sulla base di Erebuni sono stati visti i Mig-23MLD, e si ritiene che Mosca possa avvicendare gli attuali velivoli entro il 2021, molto probabilmente schierando velivoli più moderni come i Su-35 o molto più probabilmente i Su-30SM1.

Per questo la presenza di Mig-29 in Armenia non è affatto una novità, ma rappresenta solo la routine quotidiana dalle base aerea di Erebuni, che come abbiamo visto è sede di un distaccamento della Vks (Vozdušno-kosmičeskie Sily), l’aeronautica russa, almeno dalla metà degli anni ’90.

Saltuariamente i media, anche occidentali, riportano del “dispiegamento” di questi cacciabombardieri, ma la presenza russa in Armenia è ormai da considerarsi stabile.

La 102esima e 3624esima operano nel quadro degli accordi di difesa aerea firmati tra i membri del Comunità di Stati Indipendenti (Csi), di cui fa parte, oltre all’Armenia, anche l’Azerbaigian.

Proprio il presidente azero Ilham Aliyev ha affermato durante un’intervista a Rai 1, rispondendo in merito ai rapporti tra Baku e Ankara e alla presenza degli F-16 turchi a Ganja, che “non diciamo quanti MiG-29 e Su-30 russi ci sono sul territorio dell’Armenia. Non stiamo parlando nemmeno del fatto che 5mila militari russi si trovano nella base armena di Gyumri e, secondo i nostri dati, periodicamente da lì provengono rifornimenti alle forze armate armene, e questi sono fatti, a differenza di quanto si dice di noi. Pertanto, suggerisco a chi ci vuole accusare di occuparsi prima di se stesso e poi trarre conclusioni affrettate sulla base di false informazioni”.

Il presidente Aliyev si riferisce in particolare alle accuse rivolte recentemente da parte della Francia, che ha anche avvisato del serio pericolo che in Nagorno Karabakh possano infiltrarsi estremisti islamici col placet dell’Azerbaigian passando direttamente dalla Turchia. Anche la Russia è chiamata in causa, in quanto, unitamente a Parigi, Mosca aveva espresso la sua preoccupazione per la presenza di “combattenti stranieri” nella regione. Il presidente azero, in merito, afferma che la Francia e la Russia a quasi un mese dall’inizio delle ostilità non hanno saputo fornire alcuna prova.

Riteniamo che la presenza russa in Armenia sarà mantenuta nonostante le accuse del presidente azero: i caccia Mig-29, seppure piuttosto obsoleti, rappresentano ancora un efficace deterrente per le Forze Aeree azere ma soprattutto per gli F-16 turchi: se, infatti, i caccia di Ankara entreranno in azione in modo inequivocabile – sebbene ci sia il sospetto che siano già decollati per fornire copertura ai droni azeri – la Russia disporrà in loco di un efficace strumento per effettuare missioni di sostegno alle truppe armene, sebbene questo scenario sia, al momento, soltanto una remota possibilità, in quanto Ankara sa che perderebbe un partner commerciale e politico di rilievo (la Russia) e Mosca sa che significherebbe la destabilizzazione di un’intera regione con possibile effetto domino sulle altre repubbliche islamiche dell’Asia Centrale ex Sovietica, che non a caso guardano con sempre maggiore interesse alla Turchia e al suo ruolo di Paese leader del mondo turcomanno.

Quello che è certo è che il conflitto in Nagorno Karabakh al momento non vede soluzione e le accuse del presidente Azero rivolte alla Russia, che chiamano in causa proprio la presenza militare di Mosca in Armenia che ha destato l’interesse di alcuni media specializzati negli ultimi tempi, gettano benzina sul fuoco in un gioco al rialzo che non fa che allontanare ogni possibile accordo di pace.





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