Le forze armate francesi blindano come una cintura l’Africa e il Medio Oriente. La Libia ha rimesso al centro della attenzioni italiani (e del mondo) il coinvolgimento di Parigi su vari palcoscenici internazionali. Ma la questione è molto più risalente nel tempo: la Francia non ha mai perso la sua vocazione imperiale. E questa vocazione, pur se ovviamente messa in parallelo con la nascita di nuove superpotenze che prevalgono (nettamente) su quella francese, non ha mai cessato di esistere. E lo dimostra la presenza delle forze francesi in vari settori del mondo.

La politica francese è chiara: dove sono gli interessi di Parigi, lì arrivano le sue forze armate. Forze speciali, consiglieri, ma anche le truppe di aria e terra o navali, la strategia parigina va di pari passo con l’estensione delle sue forze nel mondo. E in molti casi esse ricalcano la sfera di influenza francese sulla falsariga di quello che fu l’antico impero coloniale di Parigi.

L’Africa è certamente una delle aree dove le forze francesi sono maggiormente presenti. In particolare nel Sahel, dove migliaia di unità d’Oltralpe legati all’Operazione Barkhane sono presenti nei territori dei Paesi della fascia sahariana e sub-sahariana. Tra Ciad, Burkina Faso, Niger, Mali e Mauritania, più di 3500 uomini delle forze terrestri, aeronavali e delle truppe d’élite realizzano costantemente operazioni non solo legate all’antiterrorismo ma anche al mantenimento della stabilità dei diversi governi coinvolti nelle campagne militari.

Ma quello che conta, almeno per Parigi, è soprattutto mantenere la sfera d’influenza e gli accordi politici e strategici con i Paesi africani. Stati poverissimi ma ricchi di risorse, con cui Parigi intrattiene accordi economici ed energetici di importanza fondamentale.

I militari della Barkhane operano a tutto tondo. Non si tratta solo di “consiglieri militari”, come quelli che Parigi invia in diverse aree di conflitto, in particolare in quelle guerre sporche in cui la Francia, in buona sostanza, non vuole mostrare di essere coinvolta. Quelli della Barkhane combattono e ufficialmente, e muoiono, come di recente accaduto in Mali con un medico militare ucciso in uno scontro a fuoco. Per la Francia, mantenere il controllo sulle vecchie colonia è fondamentale: anche a costo del sacrifico dei suoi uomini. E più di 13 militari hanno perso la vita per seguire la pista degli interessi francesi nel Sahel, che spaziano dalla politica al petrolio, passando per il preziosissimo uranio. E nel frattempo, l’azione di Parigi continua a martellare sui ribelli: come accaduto con i suoi Mirage a inizio di febbraio non lontano dal confine con la Libia.

 

Ma il Sahel non è certamente l’unica area dove sono presenti le truppe francesi. E adesso, anche se il mondo punta gli occhi sulla Libia, c’è un’altra guerra che ha sconvolto (e continua a sconvolgere) il Mediterraneo e il Medio Oriente e in cui sono coinvolte truppe speciali della Francia: la Siria.

Lì la presenza delle truppe francesi non è meno impegnativa e radicata come quella in Sahel. E pur se in quantità inferiori, le truppe della Opération Chammal non sono affatto da sottovalutare, nei numeri ma soprattutto nell’importanza. Con l’avvento dello Stato islamico in Iraq, la Francia è stata una delle prime nazioni a intervenire nel Siraq per bombardare le postazioni del Califfato nell’ambito della Coalizione internazionale a guida americana. Ma la presenza francese non si è limitata ai soli raid dell’aviazione.Nel nord-est siriano, al confine con la Turchia e in piena area curda, le truppe d’élite del governo di Parigi continuano a essere presenti non solo a sostegno delle forze curde, ma soprattutto al fine di tutelare gli interessi francesi in Medio Oriente. Perché anche il quel caso, anche in Siria, qualcosa non tornava: ed è soprattutto nell’area di Manbij che giocano la partita più importante, lì dove quel cementificio Lafarge ha fatto sospettare una complicità di denaro tra Parigi e jihadisti.

 

Emmanuel Macron non ha mai rinunciato alla Siria. E la presenza francese nel Kurdistan siriano è solo una conferma di un rapporto consolidato in questi ani con i ribelli siriani. La presenza all’Eliseo, proprio in questi giorni, di una delegazione curda, è l’immagine più eloquente di un asse che i francesi non vogliono perdere. E quella presenza navale nel Mediterraneo orientale, dove si gioca anche la delicata partita del gas, assume un’importanza sempre maggiore. Prova ne è anche il diretto coinvolgimento delle forze della Francia nei raid contro l’esercito di Damasco. I missili francesi sono prima di tutto un’arma politica. E le centinaia di uomini impegnati nel Golfo Persico, in particolare negli Emirati Arabi Uniti, sono un’altra immagine del valore che rivestono le forze francesi nel mondo: il braccio armato della politica di Parigi nel mondo.





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