Niente bombe e niente attentati. La raccomandazione è stata chiara: “Oggi, a tutti i combattenti talebani è stato ordinato di astenersi da qualsiasi tipo di attacco, per il bene della nazione”. A dirlo, alla Reuters, è stato Zabiullah Mujahid, un portavoce del gruppo fondamentalista islamico. Perché il 29 febbraio 2020, per l’Afghanistan, non è un giorno uguale agli altri, ma la data che sancisce la fine di 19 anni di guerra con l’America. “La cosa più grande è che speriamo che gli Stati Uniti restino impegnati nelle loro promesse durante i negoziati e l’accordo di pace”, avrebbe aggiunto Mujahid, definendo “irritanti e provocatori” gli aerei stranieri sui cieli afghani.

La giornata più importante

Oggi, infatti, una delegazione di 31 talebani è arrivata a Doha, in Qatar, per firmare il trattato di pace con gli Stati Uniti di Donald Trump. Che, infatti, è stato siglato. L’accordo mette fine al conflitto che da quasi vent’anni insanguina il Paese, costato la vita a migliaia di persone (tra civili, miliziani e militari). Il trattato arriva dopo mesi di trattative molto delicati, ma soprattutto dopo una settimana di “riduzione della violenza” concordata con Washington. Il ministro della Difesa del Qatar, Khalid bin Muhammad al Attyah, che il 26 febbraio 2020 aveva annunciato la firma dello storico accordo tra le due parti, ha evidenziato il ruolo pionieristico giocato dal suo Paese nella mediazione di dispute internazionali. Contemporaneamente, a Kabul, dovrebbero arrivare il segretario alla Difesa americano, Mark Esper, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, per fornire garanzie ad Ashraf Ghani (che teme di essere assassinato dai talebani, come capitò al presidente Mohammad Najibullah negli anni Novanta).

Il trattato con l’America

L’accordo è stato firmato in un hotel a cinque stelle di Doha, dove gli Stati Uniti sono stati rappresentati ufficialmente dal segretario di Stato, Mike Pompeo, che ha chiesto ai talebani di “rispettare la promessa di tagliare i legami con al Qaeda”. La firma dovrebbe sancisce il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan e avvierà, di fatto, anche i negoziati di pace tra le milizie e il governo di Kabul. Il testo del trattato, negoziato per un anno e mezzo in Qatar, dovrebbe essere siglato dal capo negoziatore di Washington, Zalmay Khalilzad, e dal capo politico dei talebani, Abdul Ghani Baradar. L’intesa, che non è un vero e proprio accordo di pace anche se da parte di tutto il mondo è percepito così, è però per le parti in causa un passo molto importante, perché determina la fine della guerra più lunga degli Stati Uniti, iniziata subito dopo gli attacchi di al Qaeda al World Trade Center, l’11 settembre del 2001.

Che cosa prevede l’accordo

Secondo quanto riportato da La Stampa, l’accordo prevede l’estensione del periodo di “riduzione della violenza”, fino a trasformarlo in un cessate il fuoco permanente, che includerà anche le forze di sicurezza afghane. È previsto, poi, un calendario per il ritiro delle truppe statunitensi dal Paese (previsto, comunque, nell’arco di 14 mesi), anche se gli americani lasceranno nel Paese dai 2mila ai 4mila soldati. Dovrebbero restare sul territorio le forze speciali americane, impegnate nel contrasto ai gruppi jihadisti internazionali come al Qaeda e lo Stato islamico. Ma i talebani dovranno impegnarsi, a loro volta, a dare il loro contribuito concreto nella lotta al terrorismo. Dopo la ratifica di questo atto, seguiranno altre trattative tra i talebani e il governo di Kabul, per arrivare anche a un compromesso politico: l’obiettivo, in questo caso, è quello di evitare l’assalto alla capitale e un’altra guerra civile, come accadde negli anni Novanta. L’intesa sarà il frutto della mediazione dell’inviato speciale Khalilzad, attore politico determinante con doppia cittadinanza, afghana e americana. Alla cerimonia dovrebbe essere presente anche al ministro degli Esteri del Pakistan, Shah Mehmood Qureshi. E la sua partecipazione non è casuale.

Le connessioni (storiche) tra Pakistan e Afghanistan

Islamabad (capitale dello Stato dal 1967) è da sempre stata ritenuta un attore fondamentale nella nascita e nella creazione del gruppo fondamentalista islamico afghano. Si attribuisce, infatti, ai servizi di intelligence pachistani, il contributo alla “causa talebana” per contrastare l’invasione dell’Unione sovietica, cominciata nel dicembre del 1979 e durata dieci anni. La guerriglia dei mujaheddin del Nord e talebani pashtun del Sud costrinse i russi alla ritirata, mentre nel frattempo, nei territori, arrivavano migliaia di jihadisti arabi (che poi avrebbero formato la prima cellula di al Qaeda).

La conquista di Kabul dei talebani

Nel 1996, infatti, i talebani conquistarono Kabul, uccidendo il presidente Mohammad Najibullah, con l’appoggio di Osama bin Laden. L’attacco a New York del 2001 portò all’intervento americano in Afghanistan. L’occupazione militare per trovare il capo delle pericolosa cellula terroristica, osteggiata per molto tempo anche da gran parte dell’opinione pubblica mondiale e dai pacifisti, venne giustificata (soprattutto) per allontanare il gruppo islamista dalla capitale. Che, però, di fatto, non se ne andò mai, rendendosi responsabile di migliaia di morti.