Il Pentagono non ha mai avuto dubbi. L’Iran non sarebbe stato in grado di abbattere velivoli stealth di ultima generazione come gli F-35, gli F-22 e i bombardiere B-2 se fossero stati inviati in missione dagli Stati Uniti. Questo perché non possiede le difese aeree adeguate e degli armamenti abbastanza sofisticati. L’unica remota possibilità sarebbe stata concessa solo ed esclusivamente dal sistema S-400: l’arma della discordia che Mosca è pronta a vendere al governo di Teheran senza remore ora che l’embargo terminato.
Adesso che gli ayatollah posso ricominciare a rifornire le loro forze armate attraverso l’acquisto di armi convenzionali – dato che l’embargo imposto dalle Nazioni Unite alla Repubblica islamica è scaduto -, Washington torna a preoccuparsi dell’Iran e del genere di armi che potrebbe acquisire dagli unici due potenziali fornitori pronti a fare affari con Teheran, fornendogli missili in grado di colpire i preziosi aerei americani: stiamo parlando di Russia e Cina.
Mentre Teheran celebra quello che considera un successo diplomatico, gli analisti del Pentagono confermano che l’unica arma potenzialmente letale per i loro aerei stealth – i secondi ad essere impiegati in uno strike su di un territorio nemico – sono come sempre i famigerati missili antiaerei S-400. Solo i missili di Mosca, i cosiddetti “F-35 killer“, potrebbero rendere vulnerabili ai caccia inviati dallo Zio Sam nelle aree ostili del Medio Oriente. E se fino a ieri questa possibilità era da considerarsi “remota”, le dichiarazioni dell’ambasciatore russo in Iran sembrano aver cambiato le carte in tavola. Levan Jagarian, ha infatti affermato alla stampa come il suo Paese sia pronto a fornire i sistemi di difesa aerea S-400 a Teheran nonostante le obiezioni degli Stati Uniti; già alterati nei confronti di Mosca per l’affare concluso dalla Turchia, che ha acquisito due batterie di questo tipo di missile. “Non abbiamo paura delle minacce degli Stati Uniti e manterremo i nostri impegni”, ha riferito il diplomatico russo ancor prima che decadessero i termini dell’embargo. Così il problema sembra essere all’ordine del giorno. Ma cosa accadrebbe se Teheran acquisisse davvero gli S-400 nei loro ultimi aggiornamenti?
Come ripetuto più volte nei nostri approfondimenti, il sistema Surface-to-Air S-400 – classificato dalla Nato con il nome in codice “Growler” – è una piattaforma di difesa antiaerea che comprende otto lanciatori con una dotazione di 112 missili; ed è capace di tracciare oltre 36 obiettivi contemporaneamente, vantando un raggio d’azione di oltre 400 km, e raggiungendo una velocità di Mach 2.3/9. Secondo fonti russe, l’S-400 sarebbe da ritenersi efficace anche contro i caccia di quinta generazione F-35 Joint Strike Fighter. Molte delle particolari tecnologie che proteggono l’F-35 dalle contromisure antiaeree sono presenti anche sui caccia da superiorità aerea F-22 “Raptor”, e sebbene sviluppati per un impiego completamente diverso, sui bombardieri strategici supersonici B-2 “Spirit”. I velivoli scelti abitualmente per un “second strike” su obiettivi chiave nel cuore del territorio nemico.
Se questo asset nelle sue versioni più moderne venisse fornito a Teheran, il Pentagono dovrebbe necessariamente rivedere le sue strategie nel caso di una escalation nel Golfo Persico. Le varianti più moderne dell’S-400 impiegano infatti una “nuova generazione di processori digitali, reti di computer e rilevamento della frequenza radar portando alcuni nei media russi ad affermare di essere in grado di distruggere caccia stealth di quinta generazione e bombardieri B-2″. Armi letali come gli S-400, e ovviamente gli S-500, messe nelle mani dei pasdaran – che hanno già dichiarato di aver hackerato e per questo abbattuto dei droni americani di ultima generazione – rappresenterebbero senza dubbio una minaccia non solo per gli Stati Uniti, ma anche per Israele e la sua aeronautica. Un’aviazione regolarmente impegnata nei cieli del Medio Oriente per colpire in Libano, Iraq e Siria le milizie filo-iraniane. Un ennesimo scenario da non sottovalutare: dato che Gerusalemme non lascerebbe impunito l’abbattimento di un proprio caccia, e meno ancora la morte di uno dei suoi piloti.
Ciò che preoccupa davvero l’intelligence di entrambi i paesi del blocco occidentale sarebbe fondamentalmente il raggio d’azione e la velocità di elaborazione del computer integrato nel sistema S-400, che dovrebbe consentire alle batterie di agganciare bersagli che viaggiano a velocità elevata e ad una discreta distanza, nonostante la loro capacità stealth.
Ciò che può tranquillizzare in quel modo i piloti del’Usaf e dell’Iaf è che anche se Mosca ignorasse completamente i moniti di Washington – che potrebbe sempre far valere le proprie ragioni elargendo ulteriori sanzioni economiche con l’appoggio dei suoi partner europei – i contratti stipulati dal Cremlino, soprattutto quando riguardano apparecchiature così “delicate”, non sono mai istantanei. Ci potrebbero volere svariati anni prima che una batteria di missili S-400 possa essere consegnata a Teheran, che tra i numerosi ostacoli posti sullo scacchiere diplomatico, dovrebbe anche trovare i soldi, centinaia di milioni di rubli, per onorare la transazione.