Tarhuna potrebbe inizialmente apparire come una delle tante cittadine che circondano Tripoli, un piccolo centro che sorge lì dove le dune del Sahara iniziano a monopolizzare il paesaggio e dove, al tempo stesso, l’influsso del Mediterraneo non è poi così lontano. Ed invece, il nome di questa cittadina è centrale nella recente storia libica: in primo luogo, Tarhuna è strategica sotto il profilo geografico, visto che poco più a nord ci sono i confini della municipalità della capitale e l’ex aeroporto internazionale (quello distrutto dalle faide del 2014) dista giusto pochi minuti di auto. Ma in questa che nel frattempo, come tanti altri centri nella Libia post Gheddafi, è diventata una città Stato a tutti gli effetti dal 2011 in poi si sono concentrati non pochi interessi. A poca distanza da qui vi è Bani Walid, “green city” con riferimento alle bandiere verdi dell’era gheddafiana ancora sventolate e città di riferimento della numerosa e potente tribù dei Warfalla. E poi a Tarhuna da anni opera la cosiddetta “Settima Brigata“, comandata dai fratelli Al Kani e longa manus del generale Haftar in Tripolitania. Oggi la città, proprio per questo motivo, è entrata nelle mire delle forze vicine al governo di Al Sarraj. 

Le forze del Gna premono verso Tahruna

L’emergenza legata alla pandemia da coronavirus non ha affatto fermato il conflitto in Libia. Anzi, l’intensità raggiunta dalla guerra nelle ultime settimane è la più alta e cruenta degli ultimi anni. Entrambe le principali parti in lotta, ossia il Libyan National Army di Haftar ed il Gna guidato da Al Sarraj, stanno provando a sbloccare una situazione di stallo militare che dura oramai da diversi mesi. Nei giorni scorsi, le milizie vicine al Gna hanno conquistato le cittadine costiere di Sabratha e Sorman, anch’esse molto strategiche ed in mano ad Haftar prima delle offensive ordinate dal governo di Tripoli. Adesso gli occhi sono quindi puntati su quella che, a tutti gli effetti, potrebbe rappresentare la principale roccaforte del leader del Libyan National Army in Tripolitania.

Tahruna infatti, oltre ad essere schierata con Haftar e ad essere sede della Settima Brigata, è anche snodo per accedere nella periferia di Tripoli a nord e nella zona di Bani Walid a sud. Per questo da Tripoli è partito l’ordine di accerchiare la città e provare a prenderla. E così, sul finire della scorsa settimana, mezzi militari e rinforzi inviati dalla capitale hanno fatto partire l’offensiva dalla cittadina costiera di Garabulli, nota in epoca coloniale come Castelverde. Da qui decine di uomini si sono mossi verso Tahruna. Una circostanza quest’ultima confermata sia da Tripoli, tramite la dichiarazione di Omar Haddad, comandante delle forze Gna, rese ad AgenziaNova. Così come, sono arrivati riscontri anche da Bengasi, con il portavoce dell’Lna, Ahmed Al Mismari, che ha fatto sapere dei piani di difesa in questo momento al vaglio dell’esercito per respingere l’attacco su Tahruna.

Il rischio di nuovi spargimenti di sangue

Ma quella verso cui sta andando Tahruna e l’intera Libia, non è una battaglia combattuta da improvvisati miliziani a bordo dei pick up. Di mezzo, c’è l’intervento di mezzi provenienti dall’estero e forniti dai rispettivi sponsor internazionali delle parti in lotta. A partire dalla Turchia, la quale ha messi in campo droni, radar per la contraerea ed armi giunte nei giorni scorsi in barba sia all’embargo e sia all’emergenza legata al coronavirus. In particolare, proprio i droni starebbero fornendo il principale aiuto alle forze del Gna: diversi i bombardamenti posti in essere anche nelle ultime ore su Tarhuna, così come nel territorio circostante. Presi di mira soprattutto gli avamposti militari di Haftar ed i depositi dell’Lna. In campo poi anche le milizie filo turche prelevate nei mesi scorsi dalla provincia siriana di Idlib e trasferite a Tripoli.

Il loro apporto sarebbe stato decisivo per la presa di Sabratha: i gruppi siriani, molti dei quali filo islamisti, hanno maturato negli anni esperienza sul campo di battaglia di Idlib ed è per questo che il contributo dato da queste milizie potrebbe rivelarsi decisivo contro l’esercito di Haftar. Il rischio verso cui sta andando incontro sia Tarhuna che l’intera Libia, è rappresentato da nuovi bagni di sangue. Non solo per via degli effetti della guerra, ma anche per le vendette che potrebbero essere attuate una volta eventualmente espugnata la roccaforte di Haftar. A Sabratha già si è assistito ad episodi di violenza e ad uccisioni mirate nei confronti delle persone, a volte anche civili, sospettate di essere dalla parte del generale. A Tarhuna la vera violenza potrebbe arrivare dopo la fine della battaglia, nel caso di vittoria del Gna.

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