Possedere un’arma atomica non è soltanto un’espressione di potenza, ma una garanzia di essere considerato un interlocutore da non poter sottovalutare nel momento in cui si pretende qualcosa sul tavolo dei negoziati internazionali. Le recenti tensioni fra Corea del Nord e Stati Uniti sono la dimostrazione più eloquente di questa strategia. Lo stesso può dirsi per il programma nucleare iraniano, considerato come una minaccia da Washington e Tel Aviv proprio perché vogliono evitare che l’Iran si doti di un’arma con cui diventare, sostanzialmente, intoccabili. Non deve pertanto sorprendere che anche un Paese come la Turchia, in particolare la Turchia di Recep Erdogan, abbia intenzione di volersi dotare di un proprio arsenale nucleare. Questo è quanto viene rivelato dalla testata britannica Express, che cita il giornalista turco Abdolá Bozkurt. Secondo le informazioni ottenute dal quotidiano britannico e dal giornalista turco, il governo di Ankara avrebbe un piano segreto per dotarsi di testate atomiche indipendenti dall’arsenale Nato. Una mossa che, secondo le fonti, sarebbe da ricollegare agli ultimi incontri di alto livello avuto con i rappresentanti del governo russo e con specialisti giapponesi.

Erdogan ha chiaro da qualche tempo che il futuro della Turchia potrebbe essere totalmente estraneo al blocco occidentale: sia per quanto riguarda l’appartenenza all’Alleanza atlantica, sia per quanto concerne la vicinanza al mondo dell’Unione europea. Il presidente turco non ha mai nascosto che nei suoi progetti la Turchia debba essere un Paese autonomo e in grado di dimostrarsi una potenza militare e politica che possa facilmente confrontarsi con tutti gli attori principali della politica mondiale. E gli ultimi eventi internazionali in ambito nucleare dimostrano che per ottenere un maggiore spazio di manovra e per esprimere una propria libertà di movimento, il possesso di un’arma nucleare è certamente uno strumento in grado di aiutare a raggiungere questo scopo.





Naturalmente il presidente turco sa perfettamente che il suo Paese, almeno al momento, non è in grado da solo di dotarsi di un deterrente nucleare. Mancano gli uomini, i mezzi e le risorse, cui ora non è in grado di sopperire da solo. L’unica alternativa è ricercare all’estero tecnologie, risorse o anche semplicemente venditori in grado di poter fornire ad Ankara il necessario per  raggiungere lo scopo voluto da Erdogan. Il soccorso, in questo senso, potrebbe arrivargli dalla Russia, come accennato poc’anzi, o da Paesi estranei al Patto atlantico e all’Europa. Ma questo, inevitabilmente, comporterebbe conseguenze non di poco conto nello scacchiere politico non solo mediorientale ma anche mondiale. L’avere un arsenale nucleare indipendente pur stando all’interno della Nato è una prerogativa di tre Stati: Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Paesi che non solo siedono nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ma che rappresentano anche le maggiori potenze militari del blocco occidentale.

Il possesso di armi nucleari da parte di questi tre Paesi comporta, inevitabilmente, una leadership all’interno di questo blocco che consente di muoversi liberamente pur facendo parte di un accordo internazionale. Ma permette soprattutto una rendita di posizione che difficilmente vorrebbero condividere con un altro Paese, specialmente con la Turchia. E d’altra parte, anche i Paesi facenti parte della Nato privi di atomica non sarebbero lieti di avere all’interno dell’Alleanza atlantica uno Stato come la Turchia con cui confrontarsi non da pari ma come Stati militarmente inferiori, soprattutto visto il crollo di fiducia nei rapporti bilaterali fra Paesi europei e Turchia dal fallito golpe in poi. Ed oltre ai Paesi Membri della Nato, anche Israele, rivale mediorientale della geopolitica espansiva di Erdogan, non può certo essere contento del fatto che vi sia una seconda potenza militare nella regione ad avere un proprio arsenale atomico, perché rimescolerebbe le carte e consegnerebbe ad Ankara un ruolo di primissimo piano nella risoluzione delle controversie dalla Turchia alla Penisola Arabica.

Non è la prima volta che per la Turchia di Erdogan si parla di possibilità di avere una propria arma nucleare. Già nel 2015 il quotidiano tedesco Die Welt aveva espresso alcune perplessità nelle intelligence europee sulla possibilità che il governo turco stesse progettando di dotarsi di un armamento nucleare. In particolare, a far sorgere i sospetti erano stati i contratti per lo sviluppo di due reattori nucleari, uno con un’azienda russa e uno con un’azienda franco-giapponese, nonché i contatti del governo turco con Abdul Qadeer Khan, considerato il padre dell’atomica pakistana. Ora, con l’evoluzione degli eventi in Corea e Iran, sembra che dalle parti di Ankara il programma nucleare non sia più soltanto un sogno nel cassetto. L’instabilità in Medio Oriente e il costante isolamento di Erdogan rispetto agli alleati occidentali sono elementi chiave per comprendere come il possesso di un’arma nucleare possa essere effettivamente una deriva non troppo remota per la Turchia del prossimo futuro.

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