È la peggiore strage di civili di queste settimane di sangue. Una strage messa a segno da quei ribelli di Ghouta per cui tutta l’Europa piange e si commuove da qualche mese. Ma è stato proprio un missile lanciato da quei ribelli a trasformare in un mattatoio il mercato di Kashkoul, un quartierone popolare della periferia orientale di Damasco situato a un chilometro in linea d’aria da Ein Tarma il villaggio ancora in mano ai gruppi armati jihadisti. Un mattatoio in cui, mentre scriviamo, si contano almeno 29 cadaveri e un numero imprecisato di feriti. Ma si tratta di un bilancio provvisorio, destinato quasi sicuramente a peggiorare perché – a sentire le voci in arrivo dagli ospedali – alcuni dei ricoverati ben difficilmente supereranno la nottata.

Tutto incomincia verso le 17.30. A quell’ora il mercato, situato lungo il vialone di Shara Tawattor, lo stradone disegnato lungo il percorso dei tralicci dell’alta tensione, è affollato di gente arrivata a far compere per la festa della Mamma del 21 marzo, una celebrazione considerata dai siriani alla stregua di una festa nazionale. Il missile piomba proprio in mezzo alla folla e trasforma la vigilia della festa in un lutto senza precedenti. Le immagini girate con i telefonini sono impressionanti. Tra le bancarelle rovesciate ci sono pozzanghere di sangue, brandelli di carne, corpi tranciati a meta. Tutt’attorno risuonano i pianti strazianti dei feriti, i gemiti degli agonizzanti, le urla di terrore dei sopravvissuti.

Ma l’immagine più sconvolgente è racchiusa in una fotografia che sembra la riproduzione terrestre della Zattera della Medusa. Una foto in cui, come nel dipinto di Gericault, morte e vita, tragedia e sofferenza si mescolano e si confondono. In quella istantanea scattata da un sopravvissuto un mucchio contorto di corpi è avviluppato davanti ad un taxi giallo. In quell’istantanea il confine tra la vita e la morte è dissolto, cancellato, annullato. In quell’immagine tanto brutale quanto efficace nel rendere lo strazio della carneficina i feriti sanguinano e piangono appoggiati ai cadaveri dei loro compagni di sventura.

Chi, invece, è stato risparmiato dalle schegge e riesce ancora a muoversi urla la sua rabbia e tenta di prestar soccorso ai più sfortunati. Il tutto sotto gli occhi sconvolti di una ragazza con il capo velato, di una donna china su quel macello e di un anziano aggrappato in stato di shock alla ruota della sua bicicletta. Ma lo sconcerto e la rabbia per quelle immagini ha cancellato anche l’ultimo residuo di pietà per i ribelli di Ghouta. Ora anche nei quartieri cristiani dove tutti fino ad oggi invitavano sempre a distinguere tra i ribelli definiti “terroristi” e le vittime civili non c’è più spazio per esitazioni e distinzioni. Anche per il più moderato dei cristiani e dei siriani l’unica soluzione è ripulire Ghouta, farla finita per sempre con quell’incubo ad un passo dalla capitale.

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