Se dovessimo indicare un protagonista nel panorama internazionale di questo 2017 appena conclusosi, questo sarebbe sicuramente la Corea del Nord. Anche se rispetto all’anno precedente Pyongyang ha effettuato un solo test atomico, risulta invece aver notevolmente implementato il numero di lanci missilistici ed in particolare ha dimostrato, per la prima volta in modo inequivocabile, di aver raggiunto la capacità di colpire direttamente la totalità del territorio degli Stati Uniti continentali.
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Sono 15 infatti i lanci missilistici nordcoreani effettuati nel corso del 2017 – oltre ad un test di motore per razzi il 23 giugno – comprensivi di quelli falliti. Tra questi ultimi sicuramente il caso più eclatante è quello del 28 aprile, quando un vettore tipo KN-17 lanciato dalle vicinanze di Bukchang nella regione di Pyeongannam-do (provincia di Pyeongan Sud poco a nord della capitale) è esploso pochi secondi dopo il lancio quando aveva raggiunto una quota di appena 70 km. Il missile era un MRBM derivato dallo Scud (No Dong secondo la designazione nordcoreana) ed è definito da Pyongyang come “killer di portaerei” in quanto è ritenuto possibile che abbia una certa capacità di manovra in fase terminale grazie a delle alette stabilizzatrici montate sull’ogiva. Questo insuccesso non deve però trarre in inganno: il potenziale missilistico nordcoreano ha fatto passi da gigante a livello qualitativo. La stessa tipologia di missile era stata testata precedentemente il 5 aprile con pieno successo, e successivamente l’8 giugno, sempre con esito positivo. Tra gli altri fallimenti, decisamente in tono minore, si ricordano quelli del 26 agosto, quando uno dei 3 missili a corto raggio lanciati è esploso durante il volo, e quello del 29 dello stesso mese quando il PBV (Post Boost Vehicle) di un missile Hwasong-12 è andato in pezzi nella fase terminale del volo, comunque effettuato su una distanza di 2700 Km e ad una quota massima di 500.
Hwasong-12 testato per la prima volta con successo a maggio. In quell’occasione l’IRBM ha viaggiato per 787 km andando a impattare nel Mar del Giappone e raggiungendo un apogeo di 2111 km secondo i dato del NORAD. Molto probabilmente si è trattato di un KN-08 Block II (o KN-14) migliorato (più grande) a giudicare dalle foto del lancio rilasciate da Pyongyang.
Questo lancio rappresenta il giro di boa per la missilistica di Pyongyang. Il vettore infatti è stato la base di partenza per ottenere il primo missile intercontinentale nordcoreano, lo Hwasong-14, lanciato per la prima volta il 4 luglio dalla Panghyon Aircraft Factory, sita 8 km a sud est dell’aeroporto di Panghyon. Questo missile però, nonostante possieda una gittata massima che lo mette in grado di colpire gli Stati Uniti continentali, non è in grado di raggiungere obiettivi posti nella totalità del continente nordamericano. Capacità questa ottenuta solo recentemente grazie al missile Hwasong-15 lanciato il 28 novembre scorso. Il nuovo ICBM, tristadio, si ritiene infatti che abbia una gittata massima di 13mila km e quindi è in grado di colpire qualsiasi città degli Stati Uniti – e dell’Europa – da costa a costa. La capacità effettiva di portare una carica atomica sul suolo americano è però ancora legata al peso della testata, e quindi alla tecnologia di miniaturizzazione. Se un missile come il Hwasong-14 vede la sua gittata massima ridotta con un carico bellico massimo stimato di 600 kg, un missile come il Hwasong-15, a parità di carico bellico, sarebbe potenzialmente in grado di colpire con una testata nucleare almeno la metà del territorio americano, se non i 2/3. Inoltre l’effettiva operatività di un missile nucleare è strettamente legata alla capacità del veicolo di rientro (RV) di sopravvivere all’impatto con l’atmosfera terrestre: il fallimento, in questo senso, del lancio del 29 aprile, potrebbe essere un segnale del permanere di difficoltà tecniche che renderebbero parzialmente inefficiente l’arsenale missilistico a lunghissimo raggio di Pyonyang. Un discorso a parte meriterebbe la precisione dei vettori nordcoreani: secondo la propaganda nordcoreana i sistemi di guida – almeno per gli SRBM e MRBM – sarebbero in grado di avere una buona precisione, anche capace di colpire un bersaglio in movimento come una portaerei, verosimilmente però il CEP (Circular Error Probable) di un ICBM non ha ancora un raggio tale da poter dare ai missili di Pyongyang la possibilità di colpire obiettivi puntiformi e induriti come silos di lancio e bunker, rendendolo quindi efficaci solo su obiettivi d’area come città, porti, aeroporti o complessi industriali, ovviamente munito di carica atomica, chimica o batteriologica, tecnologia – quest’ultima – pienamente sviluppata dalla Corea del Nord che possiede un formidabile arsenale chimico.
La capacità atomica è andata parallelamente migliorando nel corso degli ultimi anni, sebbene nel 2017 sia stato effettuato un solo test. Sono due, infatti, i test atomici effettuati nel 2016: il primo di una possibile bomba all’idrogeno effettuato il 6 gennaio ed il secondo, il 9 settembre dello stesso anno, del primo ordigno trasportabile su missile. Quest’anno Pyongyang ha effettuato un unico test il 3 settembre ma che rappresenta il primo con una potenza di tutto rispetto. Dai dati sismici rilevati da diversi enti ed università sparsi per il mondo, l’esplosione termonucleare di settembre avrebbe avuto una potenza compresa tra i 70 ed i 280 kilotoni, con il dato medio statistico rilevato – e quindi più probabile – che si aggira intorno ai 100 kilotoni, circa un terzo della potenza di una testata di uno dei veicoli di rientro di un ICBM americano tipo “Minuteman III”. Nel corso della sua storia la Corea del Nord ha effettuato in totale 6 test atomici, con una potenza che varia dagli 0,7 ed i 280 kiloton a partire dal 9 ottobre del 2006.
Il dato che spicca è che, nonostante la continua e sempre aumentata pressione internazionale sul Paese a nord del 38esimo parallelo, l’avanzamento tecnologico nel campo missilistico e nucleare non è affatto diminuito né da cenni di diminuzione, rendendo quindi inefficaci le sanzioni internazionali e lo stretto embargo commerciale a cui è sottoposta Pyongyang. La Corea del Nord appare sempre più isolata con il suo alleato storico, la Cina, che durante quest’anno è venuta incontro alle richieste degli Stati Uniti di usare “il pugno di ferro” per fermare l’escalation militare, e con la Russia che, in più di una occasione, ha ribadito che ritiene inaccettabile il possesso di armamento atomico da parte di Pyongyang. Dal canto suo Kim Jong-un ha dimostrato che non intende affatto cedere ed ha risposto “colpo su colpo” all’elevazione di nuove sanzioni con test missilistici ed atomici mettendo in pratica quella che è stata definita “la diplomazia dei missili”. Kim sa bene infatti che l’unica garanzia di sopravvivenza del Regime e della stessa Corea del Nord è il possesso di armi di distruzione di massa in grado di colpire gli Stati Uniti con un eventuale attacco di ritorsione in caso Washington decida di porre in atto l’Oplan 5015 e procedere ad una invasione.