Nei prossimi decenni le energie rinnovabili saranno sempre più al centro delle strategie politiche ed economiche dei governi. L’obiettivo comune dei vari Paesi del mondo è quello di abbattere le emissioni di CO2, raggiungendo quanto prima lo status di carbon neutral. I documenti rilasciati sono innumerevoli: si va dal The National Hydrogen Strategy tedesco alla Portugal National Hydrogen Strategy portoghese, passando per la strategia della Commissione europea per conseguire una Climate-Neutral Europe, per il programma varato dal Department of Energy degli Stati Uniti, il piano italiano, quello cileno e via dicendo.
Il key document del Giappone si chiama Basic Hydrogen Strategy, ed è stato rilasciato nel dicembre 2017, risultando uno dei primi ad esser stati messi sul tavolo, a conferma dell’attenzione che Tokyo ha sempre avuto nei confronti di un tema delicatissimo. Non a caso, proprio in Giappone trova spazio il Fukushima Hydrogen Energy Research Field (FH2R), ovvero il più grande impianto di produzione idrogeno solare mai realizzato al mondo. InsideOver ha partecipato a un briefing curato dal Dipartimento Stampa Internazionale del Ministero degli Affari Esteri del Giappone sulla presentazione del progetto FH2R e sulle potenzialità dell’energia da idrogeno, compresi gli effetti sulla riduzione delle emissioni di CO2.
L’importanza dell’idrogeno
Nel 2019 la fornitura di energia primaria del Giappone era così suddivisa: il 37% proveniva dal petrolio, il 25% dal carbone, il 22% dal gas naturale, il 3% dal nucleare, il 6% dalle energie rinnovabili, il 4% dall’idrogeno e il 3% da altre fonti. Nello stesso periodo è stato calcolato che le attività di trasformazione di energia hanno un peso del 42% sulle emissioni complessive di CO2 del Paese, l’industria vale il 27%,mentre l’industria commerciale, le attività residenziali e i trasporti pesano rispettivamente per il 6%, 5% e 20%. L’obiettivo degli esperti è quello di incrementare l’utilizzo delle energie rinnovabili per affrontare tanto il tema della sicurezza energetica quanto quello del cambiamento climatico.
La chiave per voltare pagina, e allo stesso tempo per ottenere uno sviluppo nazionale sostenibile, si chiama idrogeno. Questo elemento chimico può essere prodotto da varie risorse, immagazzinato, trasportato ed esportato e utilizzato nei settori più svariati. Da questo punto di vista, abilitare un sistema di energia rinnovabile basato sull’idrogeno diffuso su scala nazionale porterebbe verso una decarbonizzazione progressiva e generale, che abbraccerebbe i trasporti, l’industria e persino la vita quotidiana.
La mossa del Giappone
Come detto, il Giappone è stato il primo Paese al mondo a lanciare una strategia nazionale dedicata all’utilizzo dell’idrogeno come mezzo per conseguire una transizione energetica green. Nell’ottobre 2020, il governo giapponese ha dichiarato la sua ambizione di ridurre emissioni di gas serra a zero entro il 2050. Per raggiungere l’obiettivo, è stata formulata un documento capace di tratteggiare una adeguata politica industriale per guidare il Paese verso il proprio obiettivo. Per supportare l’attività di ricerca e sviluppo, è stato istituito il “Fondo per l’innovazione verde, con una potenza di fuoco di circa 19 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni.
Come fare? In campo commerciale, industriale, dei trasporti e della produzione di elettricità, tutto ruota attorno al perseguimento di nuove opzioni come come, appunto, l’impiego di idrogeno, ammoniaca, CCUS / riciclaggio del carbonio, da aggiungere l’ettrificazione con elettricità decarbonizzata, allo sfruttamento delle rinnovabili e del nucleare. Qui entra in gioco FH2R, situata a Namie machi, nella prefettura di Fukushima a 250 chilometri da Tokyo. L’obiettivo della struttura consiste nell’implementare un modello di business per l’utilizzo dell’idrogeno che ottimizzi lo sfruttamento di questo elemento sia come merce commerciale che come fonte di energia per bilanciare la fornitura e domanda della rete elettrica. In altre parole, il Giappone cercherà di creare un sistema energetico a basse emissioni di carbonio. Chissà che Tokyo non riesca a creare un modello imitabile anche da altri Paesi.