Dopo che il governo tedesco ha alzato al secondo livello su tre esistenti l’allerta per l’emergenza gas, dichiarando l’oro blu “bene scarso” di fronte al rischio di carenze di scorte invernali, il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani si è affrettato a dichiarare che lo stato dell’Italia non ha ad oggi elementi che giustifichino mosse paragonabili.
Di fatto il riempimento degli stoccaggi di gas in vista dell’inverno è a livelli simili in entrambi i Paesi: 55% in Italia, 56% in Germania, dunque ad oggi leggermente avanti nella corsa alla soglia di sicurezza dell’85-90%. Ma il dato non inganni: strutturalmente, la situazione di maggiore dipendenza della Germania dalla Russia è tale che, immaginando un prolungameno del conflitto in Ucraina a oltre l’estate e il proseguimento del braccio di ferro energetico con Mosca, non si può escludere che Berlino finisca sotto il fuoco degli embarghi imposti dal lato dell’offerta per ragioni politiche.
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Diversi livelli di dipendenza
Sulla strada della diversificazione, infatti, l’Italia è in una posizione privilegiata rispetto alla Germania: recentemente l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi ha dichiarato e nella giornata del 24 giugno il presidente del Consiglio Mario Draghi ha confermato che il peso della Russia nel mix energetico italiano, sul fronte del gas, si è ridotto dal 40% al 25% del totale delle importazioni. Anche la Germania ha operato per ridurre la sua dipendenza, ma la discesa dal 55 al 35% di dipendenza dal gas russo ha posto il Paese davanti alla dipendenza strutturale dai contratti a lungo termine siglati con Gazprom, garanzia di forniture continue e a basso costo, che hanno aumentato notevolmente i costi di transazione per sostituire ulteriori quote.
Il mero dato della diversa quota di dipendenza residua è il primo punto significativo che permette all’Italia di trovarsi in una situazione migliore rispetto a Berlino.
Il dato geografico: Italia favorita sulla Germania
Seconda questione fondamentale è il dato geografico: l’Italia si trova incardinata nel contesto euromediterraneo e questo le garantisce una maggiore disponibilità di fonti alternative ottenibili via gasdotto. L’Algeria e l’Azerbaijan sono l’esempio più classico, in un contesto che vede Roma puntare in prospettiva al gasdotto transafricano Nigal e al rilancio di EastMed/Igi-Poseidon con un occhio alla convergenza energetica con Grecia, Cipro, Egitto e, soprattutto, Israele.
La Germania, in questa fase di contrapposizione con la Russia, paga la fine della strategia geoeconomica di integrazione con Mosca (GeRussia) tenacemente perseguita da Angela Merkel e vede la sua centralità in Europa trasformarsi da asset in punto di debolezza. Berlino riceve energia via gasdotto principalmente dalla Russia tramite i gasdotti Yamal e Nord Stream, e questo ha consentito alla Russia di usare come arma di pressione il taglio alle forniture nelle scorse settimane.
Se la Russia interrompesse completamente le consegne attraverso il Nord Stream 1, le autorità tedesche avrebbero bisogno di almeno ventiquattro ore per rilevare lo strappo, secondo quanto ha affermato il capo dell’Agenzia federale delle reti energetiche, Klaus Müller. La reazione immediata da parte tedesca dipenderebbe dai livelli di consumo al momento dell’interruzione dell’offerta, dunque la capacità di risposta tedesca sarebbe decisamente messa più in difficoltà nei periodi invernali o autunnali.
Gnl: la Germania è vulnerabile
La presenza di colossi come Eni e Snam a fungere da braccia operative della politica energetica nazionale ha aumentato la capacità negoziale del sistema-Paese e gli sforzi per la diversificazione. Questo si vede con forza anche nel campo del gas naturale liquefatto (Gnl) che appare fondamentale per rompere l’assedio energetico russo.
Nonostante un costo superiore, il Gnl è una risorsa su cui molte nazioni si stanno lanciando. E Roma non si sta facendo trovare impreparata, al contrario di Berlino. “Il gas, in Italia, arriva attraverso i gasdotti, ma anche via nave, con le spedizioni di Gnl”, nota Il Messaggero. “Questo grazie ai tre rigassificatori attivi nel nostro Paese (La Spezia, Livorno e Rovigo), più altri due in arrivo” con l‘acquisto di navi gasiere riadattate” da parte di Snam. Mentre la Germania “non ha in servizio al momento alcun rigassificatore, avendo avviato solo quest’anno le procedure per la costruzione dei primi due”. Roma può puntare a acquisire via mare gas da attori come il Qatar sfruttando rotte più corte e trafficate, mentre per Berlino la partita si fa più macchinosa visto il lungo periplo che le navi provenienti dal Medio Oriente o dagli Usa devono affrontare per raggiungere i lidi tedeschi.
Il combinato disposto di dati di partenza, posizione italiana nel Mediterraneo e partita degl Gnl disegna una situazione in cui la dipendenza tedesca dalla Russia è strutturale e acquisita, mentre quella italiana una scelta di decisioni politiche e strategiche che possono mutare nel tempo. Berlino si trova in un contesto di maggiore difficoltà, e dunque ad essere la nazione maggiormente interessata a una risoluzione delle controversie con Mosca. La risoluzione della crisi energetica tedesca e la fine dell’ipotesi di un razionamento di massa autunnale non è però una partita della sola Germania. Riguarda anche l’Italia, che si trova profondamente integrata nella catena del valore commerciale e industriale dell’industria tedesca e patirebbe con durezza un blocco produttivo nel Paese guida d’Europa, premessa inevitabile a quella che potrebbe essere la più dura e problematica recessione degli ultimi decenni.