La Norvegia è la grande “vincitrice” della guerra in Ucraina, che col 25% delle forniture nel 2022 l’ha resa la prima venditrice di gas all’Europa, ma il governo di Oslo sottolinea che definirla una profittatrice di guerra è scorretto e assicura che il Paese non si approfitta cinicamente del conflitto.
Lo ha sottolineato il premier norvegese, Jonas Gahr Store ai margini della visita a un impianto di trasformazione dell’oro blu in gas naturale liquefatto vicino a Hammerfest, nell’Artico. L’idea di una Norvegia “sciacallo” di guerra è dal premier rifiutata categoricamente. Store ha tenuto a sottolineare che Oslo “sta ultimando i dettagli di un pacchetto di sostegno pluriennale” destinato ad aiutare l’Ucraina sotto attacco russo e a fornire anche supporto economico finanziario per i Paesi poveri, soprattutto quelli africani, colpiti dagli effetti a tutto campo alimentati dalla guerra.
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Primo fra tutti, ovviamente, il carovita imposto dall’aumento dei prezzi del grano. Store ha detto che Oslo presenterà nei prossimi giorni il piano. E nel frattempo nasconde il Paese agli attacchi mediatici internazionali che, del resto, sono rintuzzati anche dalle notizie sul rendimento del fondo sovrano norvegese nel 2022.
Le perdite del fondo sovrano norvegese
Lo scorso anno, a causa della tempesta finanziaria sui mercati, il fondo sovrano di Oslo ha perso 159 miliardi di dollari di valore, calando di quotazione del 14,1% con la peggiore contrazione dal 2008 a questa parte. “Le società tecnologiche hanno trascinato il fondo verso il basso più di qualsiasi altro settore l’anno scorso”, sottolinea il Financial Times, che segnala come “i peggiori performer di tutti gli investimenti azionari del fondo siano stati Amazon, Meta, Tesla, Alphabet e Apple a seguito delle vendite massicce di quote delle grandi società tecnologiche che hanno guidato il rally borsistico dell’era della pandemia nel 2020-2021”.
Negativo il rendimento delle azioni (-15,3%) e delle obbligazioni (-12,9%), sostanzialmente invariato quello del patrimonio immobiliare (+0,1%), il fondo sovrano di Oslo ha però rimbalzato di oltre il 5% da inizio anno dopo aver interiorizzato la ripresa dei mercati e aver venduto ben 600 milioni di dollari di quote del gruppo indiano Adani, colpito da turbolente crisi di sistema.
Considerato che il Government Pension Fund Global, nome ufficiale del colosso finanziario di Stato, si alimenta delle royalties energetiche il dato è decisamente rilevante. Nel 2022 il governo norvegese ha incassato 139 miliardi di dollari dalle vendite dei prodotti energetici, oltre 100 in più dei 35,76 dell’anno precedente. Contando che il fondo sovrano si alimenta di questi introiti, che il governo norvegese gli trasferisce direttamente, la perdita reale delle azioni e delle obbligazioni del fondo che controlla l’1,3% delle azioni scambiate nel mondo è ancora più alta, vicina ai 300 miliardi di dollari al lordo dell’aumento del dividendo energetico.
Sicuramente la Norvegia ha potuto avere molto di che profittare della crisi energetica dei prezzi, ma guardando a tutto campo la questione è ben più complessa. E il dualismo tra guadagni nell’economia reale e incertezze finanziarie rende difficile per la Norvegia tenere un equilibrio nel suo fondo sovrano. E dunque essere generosa con i suoi stessi alleati atlantici ed europei.