La Commissione Europea non ha fatto in tempo ad approvare il piano RePower Eu, che contiene l’opzione di acquisti comuni di gas che Olaf Scholz ha già deciso di fare in autonomia. Muovendosi sì in linea con le strategie di decarbonizzazione ma senza disdegnare un passaggio autonomo sulle strategie di rifornimento. E il pensiero non può non andare a un anno e mezzo fa, agli ultimi mesi del 2020 in cui Berlino anticipò la Commissione europea sugli acquisti dei vaccini bucando la strategia comunitaria della fornitura centralizzata.

Ora, mutatis mutandis, la Germania è di nuovo in una situazione delicata. Allora la Merkel affrontava la recrudscenza della seconda ondata come un “contropiede” dopo una gestione iniziale della pandemia ben più fortunata; oggi Scholz deve far fronte con la necessità di accelerare la transizione dal gas russo partendo da una situazione di notevole dipendenza. Tra fine 2020 e inizio 2021 accelerare sulla campagna vaccinale significava poter difendere economia, crescita e occupazione; oggi, la situazione non è diversa, Berlino teme una crisi sociale in caso di stop alle forniture energetiche russe. E politicamente in tutte e due le vicende la Germania inseriva la sua condotta nel quadro della ricerca di un trattamento ad hoc e preferenziale in sede europea. Ieri per aver garantito con i suoi fondi il debito comune di Next Generation Eu; oggi per soddisfare i suoi interessi prima di dare via libera effettivamente a una tassonomia sulla sostenibilità tenuta in ostaggio proprio dai veti di Berlino.

In questo caso Scholz, sulle tracce di Mario Draghi, si è recato in Africa in cerca di energia. Rompere totalmente una dipendenza da Mosca (53% delle forniture) superiore a quella italiana è difficile, ridimensionarla non impossibile. “Lo shopping energetico di Scholz è iniziato domenica scorsa in Senegal, paese che detiene attualmente la presidenza dell’Unione africana e dispone di vaste riserve di gas naturale, in proprietà congiunta con il governo della Mauritania”, nota Italia Oggi. Scholz non ha voluto pestare i piedi all’Italia che si è mossa tra Algeria, Congo e Angola e punta ad aver dalle riserve del Paese del presidente Macky Sall, invitato al prossimo G7 tedesco, la sostituzione del 7% delle forniture russe grazie al rilancio dell’industria nello Stato africano. La maggiore di queste riserve è “il giacimento Greater Tortue Ahmeyim, stimato pari a 420 miliardi di metri cubi di gas, gestito dalla Bp britannica, che vi ha investito 4,8 miliardi di dollari. La sua produzione “avrà inizio nei primi mesi dell’anno prossimo, con una capacità di export pari a 3,5 miliardi di metri cubi”, paragonabile all’intera produzione italiana. 

La spaccatura con la Russia insegna che la Germania ha bisogno di investire molto più tempo e denaro nella costruzione di una rete globale di alleati se non vuole ricadere in dipendenze problematiche. Non a caso dopo il Senegal per Scholz è stata la volta del Niger, Paese che potrebbe essere attraversato dall’importante gasdotto transafricano Nigal e in cui sono schierate le truppe tedesche, prima di arrivare al Sudafrica. Paese strategico per i legami, paragonabili a quelli tra Senegal e Germania, per un’altra strategica risorsa, l’idrogeno. Scholz ha dichiarato di voler “aiutare l’economia sudafricana a diventare un player nell’idrogeno verde” aprendo a sinergie e alleanze per i due Paesi.

Scholz ha approvato con entusiasmo il via libera a RePower Eu ma in seguito ha iniziato a posizionare la Germania per renderlo sempre meno necessario giocando la partita degli acquisti autonomi. In ritardo rispetto all’Italia ma in sospettoso anticipo rispetto al resto dell’Ue. Dal primo giugno inizieranno i lavori di una task force della Commissione europea per garantire l’approvvigionamento energetico dell’Ue attraverso l’acquisto comune volontario di gas, Gnl e idrogeno. Nulla di vincolante, ma il fatto che la pressione tedesca sia risultata decisiva per questo piano, rivolto ai Paesi più dipendenti da Mosca, va in controtendenza con l’atteggiamento di Scholz che si è mosso per approvvigionare Berlino su altri fronti a pochi giorni dall’inizio del piano stesso.

Viene quasi la tentazione di pensare che Scholz abbia voluto negoziare ad hoc accordi e alleanze energetiche per poter poi evitare di dover dipendere solo ed esclusivamente dagli acquisti europei. O forse per poter sottrarre al resto dell’Europa determinati mercati, tenendoli per sé. Uno dei rischi della corsa alla sostituzione del gas russo è quella di una corsa parallela tra gli acquisti comuni e il piano competitivo dei singoli Stati. Di fronte a risorse scarse e geograficamente ben concentrate, soprattutto in Africa, un problema da non sottovalutare.

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