Il “termometro” delle dinamiche politiche tedesche, in questa fase, sono i Verdi. Il partito che fino all’ingresso nel governo Scholz si è definito più anti-russo e ostile alle importaizoni energetiche da Mosca è stato proprio quello dei Grunen, che hanno ottenuto una vittoria politica con l’invasione russa dell’Ucraina sbloccando due risultati strategici: l’invio di armi letali tedesche a Kiev e il blocco della certificazione del gasdotto Nord Stream 2, simbolo dell’asse geoeconomico costruito da Angela Merkel e Vladimir Putin.
Ciononostante, sono stati proprio i leader dei Verdi nell’esecutivo “semaforo” a mostrare cautela sulle nuove mosse sanzionatorie contro Mosca: Robert Habeck, vicecancelliere del socialdemocratico Scholz e Ministro dell’Economia, ha dichiarato che si rischia la catastrofe sociale in caso di abbandono immediato dell’import di gas. Annalena Baerbock, ex candidata cancelliera e Ministro degli Esteri, ha dichiarato che il decoupling dal petrolio russo è destinato ad essere un processo graduale e non immediato.
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Ebbene, la Germania sta di fatto fermando con la sua condotta politica ogni avanzamento sanzionatorio nei confronti di Mosca. Accortasi forse di come la mossa delle sanzioni più estreme stesse, di fatto, favorendo gli Usa, alleato geopolitico ma rivale commerciale di Washington, e della complessità del decoupling energetico di Mosca la Germania sta seguendo il più classico degli schemi che ha condizionato la sua azione negli anni scorsi: una profonda divaricazione tra le dichiarazioni politiche e le manovre concrete.
Il doppio standard su cui è costruita l’egemonia tedesca in Europa mostra che su questo fronte Berlino è potenza compiuta e capace di essere centrale: la Germania in passato attaccava i Paesi europei che violavano le regole di bilancio salvo poi sforare ogni regola sul rapporto tra export e Pil; la Commissione europea guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, a inizio 2021, ha acquistato in forma centralizzata i vaccini anti-Covid salvo poi scoprire che il governo di Angela Merkel aveva fatto per conto suo; oggi, la Germania del nuovo governo Spd-Verdi-Liberali si atteggia a paladina della resistenza ucraina e del decoupling energetico ma nei fatti ha come primo obiettivo il sottrarre quote di importazioni da altri mercati a Paesi come l’Italia. I quali si trovano sulla stessa barca della Germania.
Ogni nazione europea in questa fase, ha scritto Federico Fubini sul Corriere della Sera, “cerca rigassificatori galleggianti e nuovi fornitori di energia solo per sé, sempre a costo di sottrarli agli altri: Germania e Italia competono fra loro proprio in questi giorni per gli acquisti di gas liquefatto dal Qatar e di navi di rigassificazione in offerta nel mondo. Non è sorprendente”, nota Fubini, è il peso dell’influenza di Berlino a fare la differenza. In vista del summit europeo di domani e venerdì Berlino sta fermando tutte le misure comunitarie che aprono a una stretta sull’energia russa: Gazprombank e Sberbank, i veicoli finanziari con cui Mosca ottiene i finanziamenti in euro e dollari dal mercato del gas, non saranno sanzionate; nel comunicato dei leader non si prevede alcuna misura ulteriore. “No alla tassa sul greggio” volta a penalizzare il petrolio russo nel mercato europeo, “no al carbone australiano” che potrebbe sostituire le importazioni dalla Russia di questa risorsa oggi di nuovo decisiva, “no anche alla proposta italiana di un tetto al prezzo del gas”: la GeRussia non è ancora tramontata e, nonostante il ritorno al pensiero geopolitico e strategico, Berlino è ancora nazione prettamente economicistica.
Berlino non vuole danneggiare, nel breve periodo, la sua economia guidata dall’export e dare ulteriori scossoni al proprio sistema produttivo, già messo sotto pressione da inflazione e rincari energetici: basti pensare che nel solo 2021 i prezzi dell’elettricità per megawattora sono passati da 52,79 a 220,96 dollari (+219,96%) per poi riscendere ma attestarsi comunque sempre stabilmente tra i 125 e i 150 dollari al megawattora. Dati del Gas Infrastructure Europe, nota il Corriere del Ticino, segnalano che sul fronte della generazione elettrica e delle importazioni di gas un ulteriore problema per Berlino è rappresentato, in questa fase, dal livello degli stoccaggi di oro blu, “le cui scorte sono calcolate a circa il 35% della capacità totale rispetto all’83% di due anni fa”. E data l’importanza del gas nella generazione elettrica per le imprese si capisce la cautela della Germania. Che dunque riscopre il doppio standard e con pochi, ma significativi, alleati di percorso fino a poco tempo fa improbabili (Ungheria in particolare) edifica un asse granitico che frena ulteriori sanzioni in nome delle proprie necessità economiche. Lo scostamento tra parole e fatti è ancora più indicativo perché, al di là della posizione che si può avere sulle sanzioni alla Russia, la Germania di Scholz e dei Verdi si comporta in maniera esattamente divergente rispetto a quanto ha fatto più volte intendere in termini retorici e di dichiarazioni politici. Depotenziando dunque la capacità dell’Ue nel suo complesso di opporre una risposta coesa all’aggressione russa.