800 miliardi di euro fino al 2050 per rivoluzionare il settore energetico nel Mare del Nord. Un’incisiva svolta verso la transizione fondata su parchi eolici offshore e centrali di accumulazione elettrica. L’asse costituitosi a Ostenda tra le nazioni che si affacciano sul Mare del Nord presuppone una rivoluzione in materia di transizione energetica destinata a incidere profondamente la partita in Europa e non solo e a sfidare definitivamente l’egemonia della Russia in settori come il gas naturale.
Il 24 aprile a Ostenda, in Belgio, nove Paesi hanno firmato un accordo per una grande alleanza energetica volta a promuovere l’energia pulita nel Mare del Nord. Il progetto unisce membri comunitari e Paesi esterni al blocco, tutt’altro che secondari. Parliamo infatti della Norvegia, Paese diventato il primo fornitore dell’Unione Europea di gas naturale, e soprattutto del Regno Unito fresco di Brexit. A cui si aggiungono sette Stati dell’Unione Europea: il Belgio padrone di casa e i “fratelli” del Benelux, Olanda e Lussemburgo; la Danimarca in testa nella corsa europea all’eolico; l’Irlanda centrale di attrazione dei capitali extra-europei. E l’asse trainante dell’Europa, quello formato da Germania e Francia.
I leader dei nove Paesi, compresi il presidente francese Emmanuel Macron, il premier britannico Rishi Sunak e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, hanno lanciato con grande sforzo retorico l’iniziativa con una lettera pubblicata su Politico.eu il 23 aprile scorso. I leader hanno ricordato che “il nostro obiettivo per l’eolico offshore nei Mari del Nord è ora di 120 gigawatt entro il 2030 e un minimo di 300 gigawatt entro il 2050, piĂą grande di qualsiasi capacitĂ di generazione esistente nei Paesi co-firmatari a livello nazionale. E per realizzare questa ambizione, ci stiamo impegnando a costruire un intero sistema elettrico nei mari del Nord basato sulle energie rinnovabili sviluppando progetti di cooperazione” a livello pubblico e privato.

Una “grande rivoluzione” energetica che può essere la porta per una ri-definizione degli spazi geoeconomici del Mare del Nord. Oggi importanti sia per il fronte strategico dell’oil&gas, come insegna l’attenzione data dalla Norvegia ai nuovi progetti estrattivi e il varo della Baltic Pipe, sia per la contesa geostrategica tra Russia e Occidente. La proliferazione di navi-spia russe in aree cruciali per le infrastrutture critiche e l’apertura di fronti di potenziale fragilitĂ per cavi sottomarini e reti di vario tipo su fianchi neutrali come quello dell’Irlanda ha aumentato l’attenzione per quello che appariva a tutto campo come un “lago” atlantico.
In quest’ottica, il messaggio lanciato dalle attivitĂ russe nelle zone critiche potrebbe avere una valenza ulteriore letto in relazione all’annuncio di Odessa. In un contesto che vede le catene del valore per l’industria della transizione di frontiera vedere nell’eolico offshore un campo dove i margini di miglioramento sono ottimali, un procedimento di investimento di questo tipo, capace di attrarre capitali, tecnologie e comunione d’intenti tra Paesi in un’area critica per Mosca e l’Occidente può fungere da deterrenza per le mosse di disturbo della Russia. A cavi sottomarini e gasdotti potrebbero unirsi i parchi eolici di massa tra gli obiettivi sensibili? Non è da escludere.
Del resto, ricorda The Conversation, “piĂą di 40 parchi eolici hanno sede nella regione e, con le condizioni ideali per l’energia eolica, le installazioni sono in continua e rapida espansione. Il Mare del Nord è quindi vitale per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili” su cui Mosca ha costruito buona parte della sua influenza sull’Europa. Nella weaponization dell’energia cui assistiamo negli ultimi anni, specie dopo l’invasione dell’Ucraina, anche la partita per la transizione è investita dalle grandi partite geopolitiche. Il progetto annunciato a Ostenda è ancora tutto sulla carta e bisognerĂ valutare la capacitĂ dei nove governi e dell’Ue di dargli attuazione. Ma la sua stessa esistenza è segnaletica. E contribuirĂ a far capire, dal futuro delle manovre russe nell’area, anche il vero obiettivo dei “sondaggi” marittimi di Mosca nell’area.